di Giovanni Tridente
ROMA, mercoledì, 17 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La “santità della Chiesa” è un argomento quanto mai attuale, non soltanto per alcune notizie, come gli scandali che hanno affrontato Benedetto XVI e i vescovi irlandesi questo martedì, ma perché è stato anche ripreso da recenti documenti e atti pontifici.
L’argomento è presentato nel volume Concittadini dei santi e familiari di Dio. Studio storico-teologico sulla santità della Chiesa, scritto dal sacerdote portoghese Miguel De Salis, docente della Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce.
Abbiamo intervistato l’autore per cercare di capire quanto sta succedendo attualmente.
Nella prefazione al suo libro del cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, si parla della santità come «dono di Dio» e «risposta dell’uomo a Dio». Manca questo dono nella Chiesa del XXI secolo?
De Salis: Penso di no. Non manca il dono né la risposta. Basta pensare alla scia di santità lasciata da persone come Madre Teresa, Padre Pio, Massimiliano Kolbe, Piergiorgio Frassati, Giovanni Paolo II e tanti altri, per fare menzione di alcuni dei personaggi importanti che hanno segnato la storia recente.
Resta possibile vedere la santità dietro alcune notizie recentemente pubblicate?
De Salis: È possibile, ma a volte è difficile trovarla. Alcune notizie mostrano una ferita e quando uno è ferito è più difficile capire che altre parti del corpo sono sane, che non tutto è perduto. Inoltre, sappiamo che tutti i cristiani qui sulla terra dobbiamo convertirci ogni giorno, e occorre una purificazione per poter vedere la santità. Il Concilio Vaticano II ricordava in Lumen Gentium (8) che “la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento”.
Ma questo giustifica il peccato?
De Salis: In nessun modo. Ogni peccato è un’azione contro Dio e contro la sua Chiesa. Senz’altro, anche se ci fosse soltanto un caso accertato di abusi si tratterebbe comunque di un fatto gravissimo in totale contrasto con il Vangelo, una violenza tremenda contro un figlio di Dio. Non bisogna avere paura della verità. La nostra fede si fonda in Cristo, non negli uomini né nel fatto di avere una vita in cui il peccato altrui non si fa sentire tanto.
Allora, come comprendere alcune delle accuse rivolte ai pastori della Chiesa che non sono intervenuti in tempo su alcuni abusi?
De Salis: Il Catechismo della Chiesa (827) ricorda che “tutti i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri, devono riconoscersi peccatori. In tutti, sino alla fine dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano del Vangelo. La Chiesa raduna dunque peccatori raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione”. È possibile, come ha dimostrato la storia, che quelli che formano la Chiesa agiscano in modo contrario al Vangelo, ma ci sono moltissimi pastori (la Chiesa ha più di 5.000 vescovi) che servono i fedeli con una abnegazione e generosità uniche. Basta pensare ai vescovi incarcerati in Cina, in Vietnam e in altri posti del mondo. Più che fare la somma di tutto ciò, lasciamola fare a Dio, penso che questo ci invita a non scoraggiarci.
Davanti all’esperienza contrastante della santità e del peccato nella Chiesa, occorre percorrere le esperienze somiglianti già vissute nella storia della Chiesa e capirle prima di inventare una nuova risposta. Questo è guardare indietro e attorno a noi. Si scorge, forse con sorpresa, che Dio continua ad abitare in mezzo a noi malgrado tutto. E questo ha due conseguenze fondamentali.
Quali?
De Salis: In primo luogo la nostra speranza non è ingenua né inconsapevole, ma radicata sulla certezza dell’aiuto di Dio. La seconda conseguenza è la responsabilità di tutti i fedeli nella Chiesa, fondata nella chiamata di Dio a collaborare nella missione. In altre parole, davanti al peccato altrui bisogna rispondere con santità e non con altro peccato. E non è detto che la risposta santa deve essere sempre passiva. C’è spazio per la creatività umana: i santi erano dei creativi.
La Chiesa è veramente santa?
De Salis: Tradizionalmente si spiega la santità della Chiesa distinguendo due aspetti. Il primo è ciò che è oggettivamente santo in essa: i sacramenti, la Parola di Dio, la presenza di Cristo e dello Spirito Santo, la legge morale e tutti gli altri doni che Dio ha fatto ad essa affinché svolga la missione che Le ha affidato.
Il secondo include i frutti della santità causata dai doni divini offerti, cioè, i santi e l’abituale vita in grazia di Dio, vissuta qui sulla terra. Ma questo modo di dividere la santità della Chiesa non riesce a spiegare bene l’influsso del peccato nella Chiesa e, quindi, nella sua santità vissuta.
Allora, come spiega lei questi due elementi nei tempi attuali?
De Salis: Ci sarà sempre un po’ di disordine nella vita della Chiesa e ci saranno sempre sfide che aspettano una risposta creativa che richiede lavoro, ingegno e tempo. La vita cristiana è così qui in terra: esiste sempre la Croce ed essa è porta d’ingresso per il Cielo e la terra nuova. Faccio un esempio: il venerabile Newman diceva, dopo aver studiato la storia della Chiesa antica, che dopo ogni Concilio c’è stata sempre una grande confusione. Anche oggi c’è confusione, forse diffusa ancora di più attraverso i mass media.
Le sembra adeguato il comportamento dei sacerdoti in tanti paesi?
De Salis: Guardi, il numero di sacerdoti che in tutto il mondo servono i fedeli è di circa 400.000. Celebrano la Messa, fanno la catechesi, si occupano dei malati, aiutano le famiglie… Il bene non fa rumore né compare nei giornali; il male invece si. Basta guardare al numero di sacerdoti morti in questi ultimi anni per l’impegno verso i più poveri, o al numero di sacerdoti che soffrono persecuzione a causa della fede e della difesa dei diritti umani.
Inoltre, bisogna capire che spesso le notizie vengono presentate in modo tale da richiamare la nostra attenzione, la quale è già troppo provocata da altri richiami. E in tempi dove la secolarizzazione è cosi forte, come adesso, la proporzione di comportamenti sbagliati tra i sacerdoti sono agli stessi livelli, se non minori, della proporzione tra i cittadini che compongono le società occidentali. Questo non toglie che ci siano alcuni casi gravi che forse non si sono affrontati nel modo giusto, e per questo la gerarchia ha preso atto e cerca di risolvere i problemi, chiedendo scusa se fosse necessario.
Ma non le sembra che ci sia dietro un comportamento contraddittorio?
De Salis: Senz’altro. Quando sperimentiamo il contrasto tra ciò che un fedele cristiano fa e ciò che dice di pretendere, troviamo la contraddizione. In tali casi è tanto contraddittorio un fedele laico come un membro della gerarchia o un religioso. Il dono della libertà umana può indirizzarsi verso il bene o verso il male, anche da parte da quanti formiamo la Chiesa, siamo o meno sacerdoti. Ciò non deve stupire, se uno ha la fede in Dio e non nel comportamento degli uomini di Dio. Allo stesso tempo, non dobbiamo rassegnarci né abituarci di fronte all’incitamento al peccato, perché Dio ha chiesto a tutti di trasmettere con la nostra vita l’amore che Lui ha per tutti. In sostanza, davanti a un comportamento contraddittorio o che ci sollecita al peccato non dobbiamo peccare di disperazione, né di apatia, né di giudizio temerario, né di ira. Piuttosto, seguendo l’atteggiamento di Cristo, siamo invitati a rispondere con la santità e la conversione alla quale Dio ci aiuta con la sua grazia.