Precisazioni sulla storicità della data del Natale

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di Michele Loconsole

ROMA, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Due recenti articoli, pubblicati dall’agenzia ZENIT dal titolo La storia conferma la data di nascita di Gesù il 25 dicembre e La festa del Natale precede quella pagana del Sole Invitto, hanno suscitato tra alcuni lettori dubbi, domande e richieste di precisazioni, che mi sembra doveroso chiarire, ringraziandoli di cuore per avere sollevato interessanti questioni.

Alla domanda: “Come mai l’autore parla delle feste di Natale e della Nascita di Giovanni Battista nel I secolo? Per quanto mi abbiano insegnato durante i miei studi di teologia, le uniche feste della Chiesa del I secolo erano la domenica e la Pasqua e solo nel IV sec. si comincia a celebrare Natale”, risponderei così: lei pensa per davvero che le molte comunità cristiane dei primi tre secoli, sia d’Oriente che d’Occidente, non celebravano altre feste liturgiche che le due citate?

Potevano, semmai esserci differenti memorie nei relativi calendari liturgici delle molte forse troppe chiese antiche, ma non un’assenza di celebrazioni, soprattutto del Natale del Signore. Tuttavia, preciso che per esempio la festività dell’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Zaccaria è una festa presente nella Chiesa primitiva giudeo-cristiana fin dalle origini, e che la sua memoria al 23 settembre faceva ricavare conseguentemente la nascita di Gesù all’incirca 15 mesi dopo, cioè al 25 dicembre.

La Chiesa giudeo-cristiana siro-palestinese è stato il primo e fedele anello che ha dato avvio alla lunga e articolata catena delle maggiori festività cristiane, semplicemente perchè i suoi componenti erano venuti a diretto contatto col clan familiare, gli apostoli e i discepoli di Gesù. Non si dimentichi che tutti i vescovi di Gerusalemme, almeno fino al III secolo, erano di matrice giudeo-cristiana. E che la Chiesa d’Oriente, soprattutto nella variante bizantina, ha più delle altre ereditato tale veneranda tradizione. Ippolito, inoltre, riferisce che a Roma già nel 204 si celebrava il Natale del Signore al 25 dicembre, riecheggiando Giustino († tra il 162 e i 168) mentre soltanto nel 274 Aureliano introduce al 25 dicembre la festa del dio sole.

La contraddizione, semmai è da ricercare in casa pagana, perché ancora sotto il regno di Licinio (308-324) il Sol Invictus era celebrato al 19 dicembre, e non sono poche le fonti che collocano tale festa soprattutto nel periodo compreso tra il 19 e il 22 ottobre. Per ulteriori fonti basta rileggersi l’articolo del 21 dicembre 2009.

Una seconda questione è invece posta da chi ha scritto che in base al Libro dei Giubilei, un testo dei II secolo a.C., rinvenuto grazie alla scoperta dei Rotoli di Qumran, non si evince che la classe di Abia, cui apparteneva Zaccaria, entrava nel Tempio nell’ultima settimana del nostro settembre, da cui ricavare la data di nascita di Gesù al 25 dicembre, visti i 19 mesi di differenza tra l’annunciazione di Giovanni Battista e la nascita di Gesù.

Rispondo: nel 1953 la grande specialista francese Annie Jaubert, nell’articolo Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques, in “Vetus Testamentum, Suppl.” 3 (1953) pp. 250-264, aveva studiato il calendario del Libro dei Giubilei.

Numerosi frammenti di testo di tale calendario dimostrano non solo che esso era stato fatto proprio dagli esseni, ma che essi lo avevano usato almeno fino al I secolo d.C. Detto calendario è solare, e non dà nomi ai mesi, ma li chiamava con il numero di successione.

La studiosa aveva pubblicato poi su questo diversi altri articoli importanti (vedi anche la sua voce Calendario di Qumran, in “Enciclopedia della Bibbia” 2 (1969) pp. 35- 38) e in una celebre monografia, La date de la Cène, Calendrier biblique et liturgie chrétienne, Etudes Bibliques, Paris 1957, aveva anche ricostruito la successione degli eventi della settimana santa, individuando in modo convincente (salvo dissensi di qualcuno) al martedì, e non al giovedì, la data della cena del Signore.

Da parte sua, anche lo specialista Shemarjahu Talmon, dell’Università Ebraica di Gerusalemme, aveva lavorato sui documenti di Qumran e sul calendario dei Giubilei, ed era riuscito a precisare lo svolgersi settimanale dell’ordine dei 24 turni sacerdotali nel tempio, allora ancora in funzione.

I suoi risultati erano consegnati nell’articolo The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls, in “Scripta Hierosolymitana”, vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199; si tratta di uno studio accurato e importante, ma, si deve dire, passato pressoché inosservato dal grande circuito, ma non ad Annie Jaubert.

Ora, la lista che il professor Talmon ricostruisce indica che il turno di Abia (Ab-Jah), prescritto per due volte l’anno, ricorreva così: 1) la prima volta, dall’8 al 14 del terzo mese del calendario, e 2) la seconda volta dal 24 al 30 dell’ottavo mese del calendario. Ora, secondo il calendario solare (non lunare, come è l’attuale calendario ebraico), questa seconda volta corrisponde circa all’ultima decade di settembre.

Come annota anche Antonio Ammassari, Alle origini del calendario natalizio, in “Euntes Docete” 45 (1992) pp. 11-16, Luca, con l’indicazione sul “turno di Abia”, risale a una preziosa tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, che da narratore accurato di storia (Lc 1,1-4) ha rintracciato, e offre la possibilità di ricostruire alcune date storiche.

Così il rito bizantino al 23 settembre fa memoria dell’annuncio a Zaccaria, e conserva una data storica certa, e pressoché precisa.

Una terza ed ultima domanda si riferisce al fatto che a Betlemme – posta a 800 metri d’altezza – non potevano esserci pastori e greggi in pieno inverno, di notte e in campagna, pertanto Gesù sarebbe nato o in primavera o in estate.

Rispondo a questa obiezione dicendo che l’esistenza di greggi all’aperto, anche d’inverno, è regolata nell’ebraismo dal Talmud, come ho scritto citando la fonte nell’articolo del 6 gennaio 2010; quanto al fatto che i pastori, stando al testo lucano, non facevano i turni di guardia, rispondo che nel testo greco di Luca (che è la versione più antica a noi giunta, e probabilmente l’originale) l’uso del participio presente agraulountes kai phylassontes, in italiano “che pernottavano e facevano la guardia”, indica proprio una turnazione dei pastori, vista la lunghezza della notte invernale, che comincia al tramonto del primo pomeriggio e termina alle prime ore dell’alba, ben oltre le 5 del mattino.

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* Il prof. Michele Loconsole è dottore in Sacra Teologia ecumenica, Presidente dell’associazione internazionale ENEC (L’EUROPE – NEAR EAST CENTRE) e Vicepresidente della Fondazione Nikolaos e dell’Associazione Puglia d’Oriente. Ha pubblicato recentemente il volume “Il simbolo della croce. Storia e liturgia” (Bari 2009).

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ZENIT Staff

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