“La crisi dei giovani non esiste”

di padre Piero Gheddo*

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ROMA, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il 22 gennaio scorso, nell’auditorium del Centro missionario Pime di Milano (Via Mosè Bianchi, 94) si è svolta un’assemblea di preparazione al “Terzo appuntamento mondiale dei giovani per la Pace” che si svolgerà a Perugia l’estate prossima, organizzato e animato da Ernesto Olivero fondatore del Sermig di Torino. Ecco come ho presentato l’amico Ernesto a circa 750-800 giovani che affollavano l’auditorium.

Saluto fraternamente Ernesto Olivero, che conosco fin dagli anni Sessanta del secolo scorso e voi già sapete come la sua associazione giovanile è cresciuta in quasi cinquant’anni di vita, diventando da un piccolo gruppo una multinazionale della carità, con opere e iniziative in vari paesi, oltre alla nostra Italia.

In questa presentazione di Ernesto voglio ricordare tre date: la prima è il maggio 1964 quando Ernesto, bancario padre di tre figli fonda il Sermig (Servizio missionario giovani), dopo che nel marzo precedente qui al Pime avevamo iniziato Mani Tese.

All’inizio degli anni Sessanta la FAO e Papa Giovanni XXIII avevano lanciato la Campagna contro la fame nel mondo. Erano i tempi del Concilio ecumenico Vaticano II e nella Chiesa c’erano fermenti di novità che esaltavano noi giovani.

Il mondo occidentale scopriva la tragedia di miliardi di uomini e donne che soffrivano la fame. In Italia si verificò un fatto nuovo. Nascevano molti gruppi e associazioni per l’unica guerra possibile, quella contro la fame.

Il Sermig è nato come Mani Tese in ambiente missionario, uno al Pime di Milano, l’altro al Centro missionario di Torino.

Lo spirito era lo stesso per ambedue i gruppi: aiutare i poveri attraverso la rete delle missioni cattoliche e con i volontari e i micro-progetti.

Ma alla base di questo aiuto c’era la fede e la preghiera. Si leggeva la Bibbia, si recitava il Rosario per una nostra educazione di giovani all’impegno per gli altri, a dare la vita per i più poveri come ha fatto Gesù.

Ernesto è rimasto fedele a questa impostazione di fede del movimento giovanile, mentre molti altri nati in quel tempo, quasi tutti, si sono politicizzati e sono finiti per diventare gruppuscoli contestatari della società e dei partiti politici o sono scomparsi.

La seconda data è il 1977 (pag. 22 del volumetto “La crisi dei giovani non esiste”). Il Sermig è ormai un’opera a livello italiano abbastanza conosciuta.

Ernesto e cinque suoi giovani vogliono incontrare Paolo VI. Chiede una lettera di presentazione del card. Pellegrino, viaggiano tutta la notte in treno e al mattino sono al portone di Bronzo del Vaticano, chiedendo di parlare con mons. Monduzzi al quale presentano la lettera di Pellegrino e poco dopo, fra un’udienza di cartello e l’altra, sono ricevuti da Paolo VI in una saletta appartata.

Il Papa chiede cosa vogliono ed Ernesto gli dice: “Santità, a nome dei giovani del Sermig siamo venuti a dirle che vorremmo vedere una Chiesa più semplice, più a contatto con la gente comune. E poi chiederle una benedizione per le nostra opera a Torino che sta cercando la possibilità di redimere il territorio dell’antico Arsenale in centro alla città, dove si producevano armi e bombe”.

Il Papa si dichiara d’accordo con loro, anche lui vorrebbe una Chiesa più popolare, ma non sempre riesce a fare come vorrebbe e non sempre è obbedito. Poi dà una benedizione e aggiunge: “Io spero che da Torino e dal Piemonte, terra di santi, venga una grande rivoluzione dell’amore che cambi la società e il mondo in cui viviamo”.

Finalmente, nel 1983 il Comune di Torino concede al Sermig di lavorare nell’Arsenale, 50.000 metri quadrati di terreno con capannoni industriali per produrre cannoni e armi di ogni genere, trasformandolo in un’opera di Pace. Come infatti è avvenuto e sono nati altri Arsenali della Pace in Brasile e in Libano.

Alla fine degli anni Ottanta, visito l’Arsenale della Pace a Torino. Ernesto mi affida a Riccardo, un giovane della sua compagnia che mi fa visitare le varie opere del Sermig per poveri, barboni, terzomondiali, drogati, handicappati che non hanno una casa, malati di Aids. Molti volontari si prendono cura di loro.

Dove c’erano capannoni che fabbricavano armi, nascono opere di bene e di solidarietà e carità con gli ultimi della società italiana. L’Arsenale è un cantiere di iniziative benefiche, di formazione giovanile, di nuove costruzioni.

Dico a Riccardo: “Sono contento di vedere che avete mantenuto lo scopo iniziale del Sermig, prendersi cura degli ultimi”. Lui mi risponde: “Eh, no, caro padre, per noi che lavoriamo qui all’Arsenale della Pace il primo scopo è incontrare Dio, di convertirci a Dio. I poveri sono una conseguenza, perché in loro vediamo Gesù Cristo sofferente. Ernesto insiste su questo concetto: quanto più noi conosciamo, amiamo e imitiamo Gesù Cristo, tanto più siamo disposti a fare un buon servizio ai poveri”.

Ho capito che Ernesto aveva conservato lo spirito delle origini, quando è nato nel Centro missionario diocesano, che è poi lo spirito dei missionari: la fede e la preghiera sono il motore dell’amore al nostro prossimo.

Terza data febbraio 1994, quando abbiamo fatto un viaggio assieme in Somalia con un aereo dell’aeronautica militare per portare aiuti ai somali attraverso l’esercito italiano che partecipava alla missione di pace dell’Onu (c’erano 2.600 militari italiani).

In quel viaggio gli ho fatto una lunga intervista che poi ho pubblicato nel volumetto “La crisi del giovani non esiste” (Città Nuova editrice 1994, pagg. 96).

In cui Ernesto dice: “I giovani hanno immense possibilità di fare il bene, come giovani non sono in crisi. Siamo in crisi noi adulti che abbiamo prodotto una società come quella attuale che “rovina i giovani perché non propone valori autentici, per i quali vale la pena di spendere la vita”.

E aggiunge: “La Chiesa potrebbe dare una grande speranza ai nostri giovani, se ricomincia dai giovani. Non dagli ultimi, nel senso di povertà economica e di marginalizzazione sociale. Gli ultimi sono i giovani, che ereditano da noi adulti un’Italia così mal combinata, che non trasmette loro il senso della fede, dell’impegno, del sacrificio, insomma non trasmette il significato del perchè si vive” (“La crisi dei giovani non esiste”, pag. 70).

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* Padre Piero Gheddo, già direttore di “Mondo e Missione” e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E’ autore di oltre 70 libri.

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ZENIT Staff

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