Progetto Gemma: un bene per mamme, bambini e adottanti

Il racconto della responsabile, Erika Vitale

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di Antonio Gaspari

ROMA, domenica, 7 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Dal 1994, grazie all’iniziativa di alcuni volontari del Movimento per la Vita e dei Centri di Aiuto alla Vita è nato il Progetto Gemma. Si tratta di un servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino.

Una mamma in attesa nasconde sempre nel suo grembo una gemma (un bambino) che non andrà perduta se qualcuno fornirà l’aiuto necessario. Attraverso questo servizio e con un contributo minimo mensile di 160 euro, si può adottare per 18 mesi una mamma e aiutare così il suo bambino a nascere.

Intervistata da ZENIT la responsabile del progetto Gemma, Erika Vitale ha raccontato che in 15 anni di vita, sono stati salvati 16mila tra bambini e bambine. Dal 1994 il progetto Gemma è sempre cresciuto, ad eccezione di questo ultimo anno segnato dalla crisi economica che ha fatto alzare il numero delle richieste e diminuire le offerte.

Il progetto prevede l’adozione a distanza di una mamma in gravidanza entro il terzo mese, e garantisce un contributo per 18 mesi fino al compimento di un anno di età del bambino. Erika precisa che si tratta di un atto di vera carità dove la caratteristica è l’“amore gratuito”. Gli adottanti infatti conosceranno solo la data di nascita ed il nome del bambino o bambina che avranno aiutato.

Secondo la responsabile del progetto è un’azione estremamente educativa soprattutto per i giovani.

I donatori sono persone che appartengono a tutti gli strati sociali, dai più ricchi a quelli più poveri. “Pensi – ci ha detto Erika – che anche le mamme che hanno usufruito del Progetto Gemma e che ora sono nelle condizioni di lavorare, sono diventate donatrici”.

Ci sono delle mamme che a qualche punto della gravidanza, quando hanno deciso di portare a termine la gravidanza, risolvono i problemi iniziali che li stava spingendo ad abortire e così passano ad altre il loro aiuto.

Erika ha raccontato di un famiglia di un Centro di Aiuto alla Vita (CAV) che stava in montagna quando hanno visto una giovane ragazza ripiegata su se stessa e disperata che piangeva. Si sono fermati per assisterla, e questa ha raccontato che a causa del fatto che era incinta, i genitori l’avevano cacciata di casa.

I due l’hanno ospitata per un pò di giorni a casa di una volontaria del CAV dopodichè l’hanno portata in una casa protetta tra quelle a disposizione del CAV.

Questo atto di solidarietà e condivisione, ha toccato l’orgoglio dei genitori della ragazza, i quali hanno pensato: “ma come, noi l’abbiamo cacciata e degli estranei l’aiutano?”. Così l’hanno ripresa in casa, è nato il bambino, e quando la volontaria dei CAV è andata a trovarla ha visto la nonna del bambino che ricamava i bavaglini e il nonno che cullava in braccio il bambino per farlo addormentare.

Questo è un segno che dimostra che i CAV lavorano bene e che se si inizia un processo virtuoso di bene questo si diffonde.

“Il Progetto Gemma – ha sottolineato Erika – è il punto di incontro di un bisogno che ci arriva tramite i CAV i quali segnalano mamme che per difficoltà economiche vorrebbero abortire, così dall’altra parte gli attivisti del progetto Gemma raccolgono le offerte delle persone e molto spesso troviamo la soluzione per aiutarle”.

La grande maggioranza degli aiuti arriva dalle persone, ma ci sono state occasioni di avere l’appoggio di 15 differenti Comuni, i quali hanno riconosciuto il valore sociale dei progetti Gemma. Forse nel 2010 ci saranno altri due comuni che aiuteranno il Progetto Gemma.

Si tratta di Comuni preoccupati dalle dimensioni del crollo demografico, ed anche dalle implicazioni negative dal punto di vista sanitario e sociale delle depressioni post aborto.

“In questo senso – ha rilevato Erika – il Progetto Gemma potrebbe essere una opportunità per una politica sociale pubblica che difenda la vita e la famiglia”.

“La buona notizia del 2009 che si è appena concluso – ha continuato – è che nonostante la crisi, il terremoto in Abruzzo, e tante altre brutte storie, grazie al Progetto Gemma nasceranno altri 1000 tra bambini e bambine”.

Queste nascite che “dal punto di vista sociale rappresentano un valore impagabile”, sono un contributo notevole anche allo sviluppo ed al progresso dell’Italia, perchè solo facendo un calcolo di minima, daranno vita ad almeno 50 classi scolastiche, con relativi insegnanti, bidelli, medici ecc.

“Così il bene si diffonde, non solo per le mamme aiutate ma anche per gli adottanti siano essi singole persone o gruppi”, ha commentato Erika.

A questo proposito la responsabile del Progetto Gemma ha raccontato di un gruppo di bambini che frequentava la lezione di catechismo, e che hanno raccolto 5 euro al mese ciascuno per sostenere un Progetto Gemma.

I bambini e le loro famiglie erano ben felici di contribuire alla vita di un fratellino o sorellina e alla loro mamma. Hanno contribuito a salvare almeno due vite che rischiavano di essere spezzate.

Questo mostra che ci sono benefici per le mamme bisognose ma anche per i donatori che così colgono l’occasione per compiere una buona azione e si educano a praticare l’amore gratuito.

Sempre a questo proposito Erika ha raccontato la storia di un liceo che l’anno scorso a Natale ha organizzato un banco, vendendo oggetti e abiti usati, piccoli oggetti di artigianato, palloni e attrezzature sportive. In questo modo i ragazzi sono riusciti a raccogliere denaro per finanziare tre Progetti Gemma.

Sulla base di queste storie Erika ha spiegato che “l’aborto divide, la mamma dal concepito, la donna dall’uomo, mentre ogni Progetto Gemma, ogni bambino o bambina salvati, unisce non solo le famiglie di coloro che ricevono ma anche di quelli che danno”.

“Possiamo dire che – ha concluso – ogni bambino o bambina che nasce riaccende la luce dove sembrava che il buio avesse vinto”.

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ZENIT Staff

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