di Gilberto Hernández
SIVIGLIA, giovedì, 28 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Nel contesto del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, sul tema “Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola”, il Cardinale Carlos Amigo Vallejo, OFM, Arcivescovo emerito di Siviglia, ha parlato con ZENIT dei mezzi di comunicazione, in particolare del giornalismo cattolico e della sua importanza per la Chiesa.
Nel settore della comunicazione, ha spiegato, la Chiesa si trova “davanti a due estremi”: “da un lato, la vita e l’attività della Chiesa non si conoscono, sono emarginate e si passa sopra con indifferenza a tutto ciò che odora di religione”, “dall’altro, sorprende che quei media che si dichiarano apertamente difensori della scomparsa dell’aspetto religioso dalla vita pubblica e sociale siano quelli che dedicano più spazio alle notizie riferite alla Chiesa, sempre, com’è da aspettarsi, con una versione negativa”.
Per il porporato, il trattamento che questi media riservano, ad esempio, agli interventi del Papa è “caratterizzato dal pregiudizio e dalla voglia di squalificare Benedetto XVI”.
“Si estrapolano le parole dal contesto, e sicuramente non è stato neanche letto il testo originale pronunciato dal Santo Padre, né si è avuta alcuna cura nell’analizzarlo a dovere”.
“Bisogna dire che il Papa sbaglia, offrendo inoltre una specie di magistero parallelo, che non accetta alcuna opinione diversa dall’ideologia che è dietro questo mezzo di comunicazione”, ha denunciato.
In questo contesto, la battaglia dei mezzi di comunicazione cattolici per portare il Vangelo, la voce del Papa e dei pastori e la visione cristiana delle cose a un mondo che si chiude sempre più di fronte a tutto ciò che è religioso è “non solo adeguata, ma anche necessaria e perfino imprescindibile”.
“Il giornalismo cattolico può essere una vera coscienza critica, il che è molto positivo e aiuta a conoscere e a cercare la verità oggettiva – ha commentato –. Non aspettiamoci che un atteggiameno così nobile passi inosservato. Gli ostacoli, la ridicolizzazione e l’interesse a mettere a tacere la voce della Chiesa e dei suoi media seguiranno subito”.
Interpellato sulle caratteristiche che deve avere il giornalismo cattolico, il porporato ha detto che, “come diceva quel famoso comunicatore che è stato il Cardinale Herrera Oria, un quotidiano cattolico deve essere in primo luogo un buon quotidiano, cioè un mezzo di comunicazione ben fatto dal punto di vista tecnico”.
Allo stesso modo, bisogna essere “obiettivi nel contenuto e fedeli alla dottrina sociale della Chiesa nel commento”.
Quanto alle caratteristiche dell’azione del cattolico nei mezzi di comunicazione, devono essere quelle espresse dal magistero della Chiesa: “vera informazione, rispetto delle leggi morali, tener conto del fatto che la persona e la comunità umana sono il fine e la misura dell’uso dei mezzi di comunicazione sociale”.
“Se il giornalista si professa cattolico – ha aggiunto –, questa condizione non solo non deve limitare la libertà d’espressione e il diritto all’informazione, ma deve essere una garanzia di professionalità”.
“C’è bisogno di professionisti cristiani, e anche di mezzi di comunicazione per poter dire la nostra in una società democratica, aperta e pluralista”.
“Non sempre esiste un autentico interesse per svolgere questa missione – ha riconosciuto –. Non si trova neanche il sostegno necessario per realizzare quest’opera apostolica. I fedeli contribuiscono generosamente a mantenere le opere caritative e assistenziali della Chiesa, ma non c’è ancora la consapevolezza che la Chiesa deve anche predicare il Vangelo attraverso i vari mezzi di comunicazione”.
[Traduzione dallo spagnolo e adattamento di Roberta Sciamplicotti]