di padre Angelo del Favero*
ROMA, venerdì, 22 gennaio 2010 (ZENIT.org).-“Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nazaret, dove era cresciuto e, secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 1,1-4; 4,14-21).
“Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza davanti alla porta delle Acque e disse allo scriba Esdra di portare il libro della legge di Mosè che il Signore aveva dato a Israele.(…) Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo perché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: “Amen, amen”, alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I leviti leggevano il libro a brani distinti e spiegavano il senso e così facevano comprendere la lettura. Neemia,..Esdra,..e i leviti dissero a tutto il popolo: “Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non piangete!”. Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.”(Ne 8,1-10).
“Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati, mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito” (1 Cor 12,12-13).
La Parola di Dio possiede una vitalità propria che si può paragonare al dinamismo prodigioso del corpo del concepito nel grembo, con l’infinita differenza che non si tratta del dinamismo di una vita biologica, ma di quello della Vita di Dio, che ha il potere di creare e sviluppare nell’uomo una “novità di vita” (Rm 6,4; 1Pt 1,23).
Infatti la vitalità della Parola è Dio-in-azione: “Sorgente che zampilla” (Gv 4,14), “Spirito e vita” (Gv 6,63), e il suo effetto è irresistibile, comanda perfino alla morte: “Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11,43). La Parola è comunione con il Signore, è tu per tu di amicizia con Gesù: è “Io-ci-sono” (Es 3,14); è “Sono-io-che-parlo-con-te” (Gv 4,26).
Benedetto XVI ha definito perfettamente la Parola con queste folgoranti parole: “La parola di Dio è Cristo in persona” (Recita dell’Angelus, 26 ottobre, 2008).
Comprendiamo bene, perciò, che la Sacra Scrittura non ci è stata data come un codice morale da cui imparare solo ad essere buoni e pazienti per meritarci il Paradiso: essa è il dono della persona di Gesù, il suo vivo Corpo che nutre ed edifica la Chiesa, suo mistico Corpo (1 Cor 12,12-30).
E’ ancora Benedetto XVI ad affermare che se il credente fa suo l’atteggiamento fecondo di Maria (la quale medita nel suo cuore tutte le cose alla luce della Parola accolta nella fede), anch’egli “concepisce” la Parola in se stesso, sperimentandola per quello che è e per quello che fa: Presenza viva, tenerissima, amorosissima e trasformante, come il corpo del bambino che trasforma la madre: “La Scrittura cresce con chi la legge. Solo alla luce delle diverse realtà della nostra vita, solo nel confronto con la realtà di ogni giorno, si scoprono le potenzialità, le ricchezze nascoste della Parola di Dio. Vediamo che nel confronto con la realtà si apre in modo nuovo anche il senso della Parola che ci è donata nelle Sacre Scritture. Così siamo realmente arricchiti. Nessuna meditazione, nessuna riflessione scientifica può da sé tirare fuori da questa parola di Dio tutti i tesori, tutte le potenzialità che si scoprono solo nella storia di ogni vita” (Benedetto XVI, ai padri del Sinodo sulla “Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, 25 ottobre 2008).
Una simile “incarnazione” della Parola altro non è che il prolungamento dell’incarnazione stessa del Verbo, come scrive Ruperto di Deutz con singolare realismo: “Per ogni volta che il Verbo di Dio è stato rivolto a qualche profeta o patriarca, altrettante volte Sion ha partorito il Verbo di Dio, non diverso da quelle che la beata Vergine concepì e partorì dandogli carne…La Scrittura – Legge e Profeti – è stata creata prima ancora che Dio raccogliesse nell’utero della Vergine la totalità della Scrittura, tutto il suo Verbo. Perciò è falso dire che prima di Maria Cristo non esisteva. Infatti, prima che ella partorisse la sua carne, Sion beata partorì, per bocca dei profeti, lo stesso e identico Cristo, lo stesso e identico Verbo” (“In Isaiam” 1.2, c.3). Tutto ciò è messo a fuoco da Paolo “ad personam”: “E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).
In verità, l’ascolto della Parola stabilisce un rapporto tanto radicale e profondo tra Cristo e il credente da potersi paragonare al legame uterino, con la differenza che la Parola è a un tempo “madre” forte che nutre e protegge, e “bambino” debole ed indifeso che cresce nella fragilità della condizione umana. La contraddizione forza-debolezza è solo apparente se si pensa che, come la vita nel grembo, anche la Parola di Dio può essere accolta e rispettata come cosa sacra di valore assoluto (alla quale non è lecito aggiungere o togliere nemmeno una virgola – Ap 22,18-19), oppure trascurata, ignorata, negata e manipolata secondo l’arbitrio e la presunzione di chi se ne serve per affermare se stesso, vanificandone così la vitalità e la fecondità. Solo in umiltà e amore è dato intendere, concepire e far crescere e fruttificare la Parola di un Dio che è Umiltà e Amore.
Al riguardo, è stato detto dai Padri che la Bibbia è una lettera d’amore che Dio ha scritto alla Chiesa sua Sposa, (aggiungo) “come a un solo uomo”. In verità è molto più di una lettera: è un vero e proprio incontro d’amore, tra Colui che parla e colui che legge-ascolta, incontro tanto profondo e fecondo da generare, nel tempo, una creatura nuova, trasfigurata e trasformata.
Cosa significa, infatti, che la Parola “penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12)? Significa che essa, mentre scende lungo le radici dell’essere come “acqua viva”, purifica il sentire umano trasformandolo nel sentire di Cristo (Fil 2,5).
Veramente la Scrittura è “la porta delle Acque” (Ne 8,1), dalla quale fluisce in chi ascolta l’acqua viva dello Spir
ito che l’ha scritta ed è rimasto in ogni sua Parola: “E’ lo Spirito che da’ la vita, la carne non giova a nulla;le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita” (Gv 6,63). Spiega splendidamente Origene che il Verbo di Dio “è coperto dal velo della lettera come è coperto dal velo della carne” (Hom. In Lev. 1,1). Alla luce del mistero dell’Annunciazione del Signore vorrei specificare (con Gv 1,14 e Lc 1,31) che è il velo della carne di un bambino, e non solamente il bambino appena nato, ma il bambino che comincia ad esserci nel momento del concepimento: un velo incredibilmente sottile, che proprio per questo lascia trasparire tutta la gloria del Creatore.
L’apostolo Pietro sembra sottintendere questo riferimento al grembo quando paragona la Parola al latte materno, e scrive: “Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore” (1 Pt 2,2-3).
Ed ecco, in conclusione, il modello e la testimonianza di san Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori della Parola, un innamorato che beveva con tanta avidità alla fonte della Scrittura da passare notti quasi insonni davanti alla “porta delle Acque”, per impararla a memoria: “Domenico si sedeva tranquillamente e, dopo essersi fatto il segno della croce, cominciava a leggere; mentre leggeva si chinava spesso a baciare il suo libro. Dall’atteggiamento sembrava in compagnia di qualcuno, come se discutesse con un compagno non riusciva a trattenere le parole, poi sembrava ascoltare in silenzio. A tratti si animava alternando il sorriso alle lacrime, alzava lo sguardo e lo abbassava, parlava di nuovo sottovoce e si batteva il petto. Poi, in atto di ringraziare un personaggio importante per il bene ricevuto, si alzava e chinava il capo. Così pregava passando dalla lettura all’orazione, dall’orazione alla meditazione, dalla meditazione alla contemplazione” (P. Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, ESD, 1998, p.350).
Per essere efficaci testimoni e servitori della Vita dobbiamo essere i primi a nutrirci di questo “latte”. Allora avremo la forza stessa dello Spirito di Cristo per portare al mondo il lieto annuncio del valore immenso della vita: e saranno liberati i prigionieri della cultura della morte, e sarà restituita la vista ai ciechi che non riconoscono l’uomo nel concepito, e saranno rimessi in libertà di vivere tutti i bimbi nel grembo già condannati a morte dai loro genitori.
———-
* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.