Card. Bagnasco: tra il Papa e l'Italia, un affetto padre-figlio

In occasione della presentazione a Roma de “I viaggi di Benedetto XVI in Italia”

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ROMA, giovedì, 21 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Quello tra Benedetto XVI e l’Italia è un legame di affetto reciproco, molto simile quello tra un padre e un figlio. Lo ha detto questo giovedì il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) intervenendo a Roma, nella sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, alla presentazione dell’opera “I viaggi di Benedetto XVI in Italia”.

Il volume documentario, edito dalla Libreria Editrice Vaticana in collaborazione con l’Ambasciata stessa e a cura del prof. Pierluca Azzaro, ripercorre i viaggi compiuti dal Pontefice in Italia fino al settembre dello scorso anno.

Nel suo intervento il Cardinale Bagnasco ha sottolineato la “particolare vicinanza e l’affetto del Vicario di Cristo per la nostra Nazione e per la Chiesa che vive in Italia”.

“I viaggi in Italia di Papa Benedetto XVI – ha detto il Presidente della CEI – vanno, dunque, inquadrati nel più ampio contesto delle molteplici attenzioni che egli ha per quella che è diventata da quasi trent’anni, e ancor più dalla sua elezione al Supremo Pontificato, la sua terra d’adozione”.

“Egli l’ama con affetto di Padre e l’Italia lo ricambia con affetto filiale”.

“Esprimendo la sollecitudine di Cristo – ha aggiunto –, si fa pellegrino e raggiunge le situazioni più diverse, ne prende conoscenza attraverso i Pastori e le Istituzioni civili, le tocca personalmente nella inevitabile brevità dei tempi, ma nella lungimiranza della fede e nell’intensità del cuore”.

Il porporato ha quindi evidenziato la “nota dominante” che lega i suoi pellegrinaggi pastorali, quel “’cantus firmus’ che costituisce il cuore della sua altissima missione di Successore di Pietro. Egli conferma la fede: ‘io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli’ (Lc 22.32)”.

“Ogni incontro con il Papa non suscita forse questa profonda percezione? Di essere confermati nella fede in Cristo, di essere più convinti e più forti, di assaporarne maggiormente la bellezza e la gioia?”, si è chiesto.

Quello petrino, ha spiegato poi, è un carisma “che ha la virtù di sciogliere possibili barriere e diffidenze; capace di creare ponti perché disarmato e disarmante: è un carisma, infatti, che viene dall’Alto, dal Dio della pace e dell’amore”.

Un carisma, ha poseguito, che non suscita “una festosità passeggera e di folklore” ma che “sprigiona sentimenti ed energie che a volte – nel panorama generale – sembrano spenti e che commuovono lo spettatore curioso”, e che “riaccende la speranza nel vedere un uomo mite che invita a guardare lontano per poter vedere vicino”.

Una speranza, ha detto ancora, “che ci parla di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo; che ricorda l’esigenze alte e affascinanti della vita cristiana; che manifesta la bellezza della Chiesa e indica al mondo la via del Cielo”.

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ZENIT Staff

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