di Carl Anderson*
NEW HAVEN (Stati Uniti), martedì, 19 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Negli ultimi giorni, tutti noi siamo rimasti sconvolti dalle scene di morte e distruzione ad Haiti. Milioni di noi hanno cercato un modo per alleviare la sofferenza delle popolazioni. Non c’è dubbio che nei prossimi giorni verranno pronunciate migliaia di omelie per aiutarci a comprendere come un Dio d’amore possa permettere una sofferenza simile.
Una delle “spiegazioni” più controverse negli Stati Uniti è venuta da un evangelizzatore protestante che ha dichiarato che Haiti è stata “maledetta” da quando i suoi fondatori hanno “siglato un patto con il demonio” per raggiungere l’indipendenza della Nazione dalla Francia. I suoi commenti, come si può intuire, hanno suscitato un’enorme controversia.
Nell’Antico Testamento ci sono molte descrizioni di nazioni che vengono punite da Dio per la loro idolatria e ingiustizia, e alcuni cristiani continuano a guardare a quelle storie per spiegare gli eventi mondiali.
I cattolici di oggi, però, guardano in una direzione diversa per comprendere come Dio affronti il peccato umano, e non hanno bisogno di altro che il crocifisso sull’altare della loro chiesa. Dio si è unito liberamente e amorevolmente alla sofferenza umana nel sacrificio di suo Figlio sulla croce.
Gli evangelizzatori che citano spesso Gv 3:16 nelle loro prediche dovrebbero anche ricordare cosa si dice nel versetto successivo: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
La tragedia di Haiti avrà probabilmente effetti a lungo termine, non solo per le persone che hanno perso i propri cari, ma per un’intera generazione che ha testimoniato la distruzione, ed è importante avere la giusta comprensione di ciò che è accaduto.
Molti resoconti paragonano Haiti alla recente devastazione dell’uragano Katrina negli Stati Uniti, o al terremoto di Città del Messico del 1985, ma la tragedia haitiana avrà con ogni probabilità un impatto psicologico a lungo termine più simile a quello del terremoto di Lisbona nel 1755. Quel sisma fu seguito da uno tsunami e da un incendio che distrusse quasi tutta la città e uccise un milione di persone.
La catastrofe di Lisbona ha cambiato il modo di vedere di molti dei principali intellettuali del XVIII secolo, come Voltaire, Kant e Cartesio. Il sisma avvenne nella festa di Tutti i Santi in un Paese a maggioranza cattolica, e questo fece sì che molti cristiani europei mettessero in discussione la propria fede in Dio.
Nei prossimi giorni vedremo qualcosa di simile, e quindi Haiti è oggi un test della nostra fede in Dio e del nostro impegno nei confronti degli uomini.
Pensando questa settimana ad Haiti, non ho potuto fare a meno di pensare all’opera di padre Damiano di Molokai, “l’apostolo dei lebbrosi” recentemente canonizzato da Benedetto XVI. Molti anni fa ho avuto l’opportunità di recarmi a Molokai, nelle isole Hawaii, e mentre visitavo la parrocchia ho visto una fotografia di una donna anziana scattata negli anni Trenta del secolo scorso. Aveva perso le orecchie, il naso, le punte dei piedi e le dita a causa della lebbra. Era anche cieca. Ogni giorno, mi venne detto, recitava il rosario tenendolo tra i denti.
Non molto tempo dopo, parlavo con un sacerdote missionario che aveva aperto una casa per i malati di lebbra. Ogni giorno, mentre celebra la Messa, un anziano, anche lui cieco per la malattia, dice durante la preghiera dei fedeli: “Dio Padre, ti ringrazio per tutte le cose buone che mi hai dato”.
I filosofi e i teologi continueranno a cercare spiegazioni nella speranza di rispondere alle nostre domande sul problema della sofferenza nel mondo. La risposta migliore, però, viene forse da coloro la cui sofferenza va oltre ciò che riusciamo a immaginare. Questi credenti sperimentano la realtà che Dio si è unito a loro nella sofferenza.
Nell’omelia che ha pronunciato nella Messa di canonizzazione di padre Damiano, il Papa ha detto che “Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest’invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto”.
“La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo”, ha aggiunto.
E’ questa la chiave per capire gli eventi di Molokai e Haiti. E sarà questa la misura della nostra risposta come cristiani.
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*Carl Anderson è Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo.
[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]