ROMA, venerdì, 18 dicembre 2009 (ZENIT.org).- I sacerdoti sono chiamati a modellare il loro agire su Maria, modello di dono gratuito e gioioso. Lo ha detto questo venerdì mattina padre Raniero Cantalamessa nella terza e ultima predica di Avvento, alla presenza del Papa e della Famiglia pontificia, nella Cappella “Redemptoris Mater” in Vaticano.
Riflettendo sul legame speciale che unisce Maria e i sacerdoti, il predicatore della Casa pontifica ha sottolineato che “l’apporto personale, comune a Maria e al sacerdote, si riassume nella fede. Maria, scrive Agostino, ‘per fede concepì e per fede partorì’ (fide concepit, fide peperit); anche il sacerdote per fede porta Cristo nel suo cuore e mediante la fede lo comunica agli altri”.
Padre Cantalamessa si è poi soffermato sul “sì” di Maria a Dio: “Maria viene a trovarsi in una solitudine assoluta. A chi può dire quello che lei sa? Quello che è avvenuto? Non ha che Dio di cui fidarsi”.
“E Maria – ha continuato –, come ogni ragazza adolescente in Israele che si avvicinava al matrimonio, sapeva bene quello che era scritto nella legge di Mosé, nel Deuteronomio al cap. 22, e cioè che la ragazza che il giorno delle nozze non era trovata vergine doveva essere portata sull’uscio della casa paterna e lapidata dalla gente del villaggio”.
“Dio non strappa mai alle creature dei consensi, nascondendo loro le conseguenze”, ha rilevato padre Cantalamessa ricordando che Simeone ben presto dirà a Maria che una spada le avrebbe trapassato l’anima.
Ecco allora che Maria diventa simbolo di dono gioioso: “Maria disse amen a Dio, un amen totale, con tutto il significato che questa parola ha nella Bibbia, al punto che Gesù diventa l’amen: ‘Io, Padre, perché così è piaciuto a te’”.
“Maria ha detto veramente un pieno ‘sì’ a Dio, talmente da poter abbracciare la volontà di tutta l’umanità – ha continuato padre Cantalamessa –. In quel momento rappresentava tutti noi. Dunque, la fede di Maria, venerabili padri e fratelli, è un atto di amore, di docilità e libero, perché Dio vuole solo atti liberi, anche se suscitato dalla grazia di Dio”.
Allo stesso modo, ha continuato il frate cappuccino, “ciò che i fedeli colgono immediatamente in un sacerdote e in un pastore, è se ci crede, se crede in ciò che dice e in ciò che celebra”.
“Chi dal sacerdote cerca anzitutto Dio – ha sottolineato –, se ne accorge subito; chi non cerca da lui Dio, può essere facilmente tratto in inganno e indurre in inganno lo stesso sacerdote, facendolo sentire importante, brillante, al passo coi tempi, mentre, in realtà, è un ‘bronzo che tintinna e un cembalo squillante’”.
Il predicatore della Casa pontificia ha quindi rammentato che ci sono due parole che Maria pronunciò al momento dell’Annunciazione e che vengono ripetute dal sacerdote al momento della sua ordinazione: “Eccomi” e “Amen”.
E proprio da questo “sì”, da questo “Amen” deve sempre ripartire il sacerdote.“Il rinnovamento spirituale del sacerdozio cattolico, auspicato dal Santo Padre – ha sottolineato il religioso –, sarà proporzionato allo slancio con cui ognuno di noi, sacerdoti o vescovi della Chiesa, saremo capaci di pronunciare di nuovo un gioioso: ‘Eccomi!’ e ‘Sì, lo voglio!’, facendo rivivere l’unzione ricevuta nell’ordinazione. Gesù entrò nel mondo dicendo: ‘Ecco, io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà!’ (Eb 10,7)”.
“Noi lo accogliamo, in questo Natale, con le stesse parole: ‘Ecco, io vengo, Signore Gesù, a fare la tua volontà!'”, ha quindi concluso.