Appello dei cristiani iracheni al mondo: “Non abbandonateci”

Monsignor Warduni: “C’è un disegno che vuole colpirci”

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ROMA, giovedì, 17 dicembre 2009 (ZENIT.org).- “A tutti i cristiani del mondo diciamo: Non abbandonateci”, ha confessato monsignor Shlemon Warduni, Vescovo Ausiliare Caldeo di Baghdad, dopo gli ultimi attentati che hanno colpito i cristiani e le loro chiese in Iraq.

In un’intervista all’agenzia Fides, il presule ha affermato che la situazione irachena “desta preoccupazione e dolore”. La guerra e l’occupazione militare hanno portato instabilità politica e ingovernabilità, generando “miseria e distruzione” e portando un terzo della comunità cristiana del Paese a emigrare.

“E’ una tragedia di vaste dimensioni, che va sottoposta agli occhi del mondo”, ha dichiarato.

La mancanza di pianificazione politica, constata, “ha generato il proliferare del terrorismo, che oggi ha la sua agenda e destabilizza il Paese”.

“Gli attentati contro le chiese e gli attacchi contro i cristiani proseguono – ha aggiunto (cfr. ZENIT, 16 dicembre 2009) –: nelle ultime due settimane si sono verificate esplosioni in tre chiese a Mosul, per non parlare di Baghdad, dove tre mesi fa un’autobomba davanti a una chiesa ha ucciso due giovani, ne ha feriti 30, causando tanta distruzione materiale. La tranquillità è un piccola pausa fra due attentati”.

Monsignor Warduni ha confessato che questi episodi “incidono molto negativamente sui cristiani”. “Seminano paura e ci privano della speranza”.

“C’è un disegno che vuole colpirci. Collocare dieci ordigni contro le chiese nello stesso giorno ha un preciso significato di intimidazione”.

Il presule ha anche respinto la proposta di riunire tutti i cristiani iracheni nel territorio della Piana di Ninive, definendola “un progetto assurdo e insensato”.

“Significherebbe ridurre i cristiani in un ghetto, metterli in gabbia, schiacciarli nel conflitto fra arabi e curdi. Cristo ci ha detto di annunziare la Buona Novella a tutto il mondo: noi siamo chiamati a essere sale, luce e lievito per la Nazione. Non possono confinarci in un unico territorio sulla base dell’appartenenza religiosa”.

“Non chiediamo alcun trattamento di favore, ma solo il rispetto della dignità, delle nostre libertà e dei diritti fondamentali: vivere in pace, annunziare il Vangelo e contribuire a costruire la nostra Nazione”.

Perché ciò sia possibile, monsignor Warduni sostiene che sia necessario da parte della comunità internazionale “un appoggio più forte e deciso”.

“I Governi che promuovono la democrazia e i diritti umani, pronti a tutelare i loro interessi economici in Iraq, dovrebbero impegnarsi per sradicare il terrorismo e promuovere pace e legalità in Iraq”.

Allo stesso modo, i cristiani iracheni chiedono al Papa e a tutti i cristiani nel mondo “di sostenerci, di non abbandonarci a noi stessi”.

Lo stesso monsignor Warduni ha affermato a Baghdadhope che i cristiani iracheni tendono a fuggire dal Paese perché “non ben protetti” dal Governo e dagli occupanti.

“Tutti sono sempre pronti a dichiarare solidarietà e vicinanza alla comunità cristiana ma in realtà i cristiani non sono così amati”, ha sottolineato. “Siamo presi di mira anche politicamente perchè ogni parte politica vuole attirarci nella sua orbita per i propri fini. Ci hanno sempre fatto molte promesse ma vogliamo i fatti. Non abbiamo mai fatto del male, mai agito con violenza, abbiamo sempre auspicato la pace per tutto l’Iraq”.

“A parole tutti ci ricordano quanto la comunità cristiana sia stata, sia e sarà importante per la rinascita dell’Iraq ma con i fatti nessuno agisce per arginare il fiume della fuga. Troppe promesse non sono state mantenute”.

Dal canto suo, monsignor Louis Sako, Arcivescovo di Kirkuk, ha dichiarato ad AsiaNews che a Mosul è in atto una “pulizia etnica e religiosa” che si è acuita “nell’imminenza del Natale”.

“La situazione è molto tesa”, ha segnalato. “La settimana scorsa sono stati uccisi due fratelli cristiani, altri due sono stati rapiti. Dov’è il governo locale? Dov’è il Governo centrale? Dove sono le rappresentanze dei partiti al potere?”.

Secondo il presule, servono un “potere forte” capace di respingere le violenze e “una dichiarazione forte a nome delle chiese e dei partiti cristiani, per dire che siamo saldi, che siamo per l’Iraq, per la pace e la convivenza fra le etnie e le religioni”.

“Distruggere questo mosaico – ha concluso – è come distruggere tutto l’Iraq”.

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ZENIT Staff

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