Assistenza sanitaria, politici e coscienza cattolica

Un nuovo evento preoccupante nella politica statunitense

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di Carl Anderson*

NEW HAVEN (Stati Uniti), mercoledì, 16 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Per decenni, gli statunitensi hanno ascoltato le argomentazioni di alcuni politici cattolici che, pur “opponendosi personalmente” a politiche ingiuste come l’aborto, non erano disposti però a “imporre” questo punto di vista al resto del Paese.

L’argomentazione era falsa; partiva dal presupposto per cui di fatto, in qualche modo, una coscienza “cattolica” doveva mettersi da parte nello spazio pubblico.

Ora le stesse persone che hanno detto di non poter portare la propria coscienza privata nello spazio pubblico laico si stanno preparando a usare la legge per imporre un particolare punto di vista ai loro compagni cattolici.

Con il lavoro e il voto per includere la copertura degli aborti nella legislazione dell’assistenza sanitaria, vari politici cattolici stanno arrivando a rappresentare i voti decisivi per imporre un punto di vista specifico ai loro compagni, costringendoli a finanziare gli aborti con le loro tasse.

Mentre professano di non poter imporre la propria coscienza a nessuno, questi politici sembrano avere pochi dubbi al momento di imporre un punto di vista politico – al quale inizialmente dicevano di opporsi – alle coscienze dei loro compagni cattolici.

Lungi da Kennedy

I politici cattolici disposti a rinunciare alla propria coscienza e a imporre agli altri un punto di vista direttamente anticattolico hanno percorso un lungo cammino dopo l’eredità dello statista cattolico di più alto profilo della storia statunitense, il Presidente John F. Kennedy, che analizzando la sua funzione come cattolico e candidato alla Presidenza disse: “Se arrivasse il momento (…) in cui la mia carica mi richiedesse di violare la mia coscienza o l’interesse nazionale, allora rinuncerei al mio incarico, e spero che agirebbe così qualsiasi servitore pubblico con coscienza”.

Anche se alcuni potrebbero dire che i politici cattolici si sono discostati dalle raccomandazioni dei loro Vescovi sulle politiche pubbliche in vari settori, la chiave è questa: molte questioni sono prudenziali e aperte a una ragionevole discrepanza, ma il diritto inalienabile alla vita nel contesto dell’aborto non lo è, è fondamentale e non ci può essere alcun compromesso.

Come il Cardinale Joseph Ratzinger – ora Benedetto XVI – ha sottolineato parlando dei politici cattolici nel 2004, “Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell’aborto”.

E ha aggiunto: “Mentre la Chiesa esorta le autorità civili a perseguire la pace, non la guerra, e ad esercitare discrezione e misericordia nell’applicare una pena a criminali, può tuttavia essere consentito prendere le armi per respingere un aggressore, o fare ricorso alla pena capitale. Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all’aborto”.

Legge ingiusta

I politici cattolici devono ora considerare l’effetto della legislazione nazionale che ordina la collaborazione cattolica all’aborto. Nella sua famosa Enciclica pro-vita Evangelium vitae, Giovanni Paolo II ha detto: “L’introduzione di legislazioni ingiuste pone spesso gli uomini moralmente retti di fronte a difficili problemi di coscienza in materia di collaborazione in ragione della doverosa affermazione del proprio diritto a non essere costretti a partecipare ad azioni moralmente cattive”.

“I cristiani, come tutti gli uomini di buona volontà, sono chiamati, per un grave dovere di coscienza, a non prestare la loro collaborazione formale a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio. Infatti, dal punto di vista morale, non è mai lecito cooperare formalmente al male”, aggiungeva.

“Questa cooperazione non può mai essere giustificata né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede: per gli atti che ciascuno personalmente compie esiste, infatti, una responsabilità morale a cui nessuno può mai sottrarsi e sulla quale ciascuno sarà giudicato da Dio stesso”.

E’ una doppia ironia che una legge che costringerebbe milioni di persone a violare la propria coscienza attraverso il pagamento delle tasse e coinvolgerebbe migliaia di medici, infermiere, organizzazioni benefiche e ospedali cattolici sia presa in considerazione proprio in un momento in cui la maggior parte degli statunitensi – in numero crescente – diventa sempre più pro-vita.

I funzionari di Washington possono evitare che si verifichi questa tragedia morale. Non dovrebbero esitare a farlo.

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* Carl Anderson è
Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo

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ZENIT Staff

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