ROMA, domenica, 6 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Per la rubrica di Bioetica, riportiamo le risposte di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), ad alcune domande poste dai lettori di ZENIT.
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Se il feto fosse malformato non sarebbe meglio, per il bene stesso del nascituro, scegliere di abortire piuttosto che condannarlo ad una vita di sofferenze ed emarginazione?
Carlo Casini: È difficile immaginare che il bene di un malato sia la sua uccisione. Perché non ragioniamo così riguardo ai già nati? Piuttosto bisogna impegnarsi perché la società accolga e curi i malati sempre più amorevolmente e efficacemente. Siamo al solito punto: il nascituro è un bambino o non è un bambino?
Perché così tanta ostilità verso la pillola abortiva RU 486? La possibilità della RU 486 di “abortire a casa” non offre uno strumento per alleviare le sofferenze psicologiche della donna già così tanto provata, evitandole il ricovero in ospedale? Non sarebbe un modo per affrontare questa tragica scelta in un ambito più intimo e tranquillo quale quello di casa propria?
Carlo Casini: La RU 486 è un preparato chimico che produce l’aborto se assunta per bocca nei primi 50 giorni di gestazione. Produce un avvelenamento che, a sua volta, dopo due o tre giorni determina l’espulsione del feto.
Sulle sue modalità di azione e sui danni che produce alla donna (la mortalità della madre è 10 volte più elevata che nel caso dell’aborto chirurgico), hanno compiuto indagini accurate Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella, ai cui lavori rimando (tra essi si veda: “La favola dell’aborto facile”, Franco Angeli, Milano 2006).
I propugnatori di tale pillola sostengono che, una volta legalizzato l’aborto, è preferibile scegliere il metodo meno penoso per la donna. In realtà ci sono effetti alquanto negativi per la stessa madre. Ovviamente, come sempre nell’aborto, il danno maggiore riguarda il figlio.
Per la madre, ai rischi di carattere somatico si aggiungono quelli psicologici – dicono gli esperti -, perché la donna vede il figlio uscire dal suo corpo, vede il sanguinamento nei giorni precedenti, ne attende la morte, per un paio di giorni, mentre scompare la possibilità di tornare indietro.
Vi è poi una riflessione più vasta da svolgere. La produzione della RU 486 ha richiesto lunghi anni di studi, di sperimentazioni. Sono stati impiegati rilevanti mezzi economici e molte energie intellettuali. Se pensiamo a quante donne abortiscono per povertà, e a quanto sarebbe necessario offrire come alternativa all’aborto, è avvertibile tutta l’iniquità della vicenda.
In secondo luogo, lo scopo vero della RU486 non è affatto quello di rendere meno dolorosa l’I.V.G., ma quello di tendere alla soluzione finale: la privatizzazione dell’aborto, per renderlo facile, incontrollabile, saltando tutti i pur tenui filtri previsti dalle leggi legalizzatici, banalizzandolo culturalmente, perché è banale inghiottire una pillola bevendo un bicchier d’acqua.
Ancora la situazione non è questa, ma la tendenza e lo scopo perseguito sono questi. Al fondo vi sono due idee perverse: l’aborto non deve essere confinato a casi estremi e gravi, ma deve essere trattato come soluzione generalizzata, deve essere sostanzialmente equiparato a un contraccettivo.
Inoltre, la pillola con la forza emotiva dei fatti, pretende di cancellare definitivamente la presenza di un essere umano: se basta bere un bicchier d’acqua ed inghiottire una pillola come un’ aspirina o un analgesico, è facile autoconvincersi che non c’è di mezzo un bambino la cui vita è in pericolo.
Non sappiamo cosa avverrà nel prossimo futuro in Italia. Una cosa è certa: quanto più l’aborto diventa un fatto privato, tanto più bisognerà rafforzare nella mente e nel cuore delle madri, della famiglia e della società la capacità di vedere il figlio e il coraggio di accoglierlo. Perciò un formale legislativo riconoscimento del diritto alla vita dal concepimento è l’antidoto più efficace.
Che cos’è la pillola del giorno dopo? E’ una pillola anticoncezionale o abortiva?
Carlo Casini: Basta leggere il foglietto illustrativo del preparato denominato “Norlevo” venduto nelle farmacie. Esso viene presentato come “contragestativo”, va assunto per bocca entro i primi tre giorni dopo un rapporto sessuale “non protetto” e, a seconda del momento in cui è intervenuta l’ovulazione della donna, può impedire la fecondazione oppure “l’annidamento nell’utero dell’ovulo fecondato”.
Il foglietto chiama il nuovo essere umano “ovulo fecondato” e chiama “contragestativo” l’effetto distruttivo dell’embrione, cioè l’effetto abortivo, ma le parole non cambiano la sostanza. In definitiva si tratta di un prodotto eventualmente abortivo. La donna che lo prende non può sapere se c’è stato o no un aborto, perché non sa se il rapporto sessuale è stato o no fecondante, ma ella inghiottisce le pillole proprio con l’intenzione che se un embrione si è formato, esso venga eliminato.
Per superare l’obiezione morale, i sostenitori della “pillola del giorno dopo” dicono che la gravidanza inizia con la fissazione dell’embrione nella mucosa uterina (che comincia 5-6 giorni dopo che esso, formatosi in una delle due tube – i condotti che vanno dalle ovaie all’utero – avvia “il viaggio” verso l’endometrio).
La gravidanza inizia con la nidazione – essi dicono -, prima di quel momento non può esserci interruzione di gravidanza. Ma da che mondo è mondo la gravidanza inizia con la fecondazione (concepimento), e comunque l’evento rilevante è l’uccisione del figlio appena generato.
Il meccanismo d’azione della “pillola” è ancora abbastanza oscuro, cosicché coloro che la difendono sostengono talora che essa altera lo stato delle tube ed impedisce l’incontro dello spermatozoo con l’ovocita. Ma altri – più numerosi – ritengono che ne venga alterata la mucosa uterina in modo da rendere impossibile l’impianto dell’embrione.
Nel Comitato Nazionale di Bioetica si è svolta una approfondita discussione su queste due tesi. Si trattava di valutare se il personale medico possa o no proporre obiezione di coscienza riguardo alla prescrizione e somministrazione della pillola.
La conclusione è stata affermativa: sì, è legittima l’obiezione di coscienza, perché anche nei casi dubbi vale il principio di precauzione. Nessuno può essere costretto a compiere gesti che possano uccidere un essere umano. Insomma: la pillola del giorno dopo è un preparato “eventualmente abortivo”.
Per saperne di più, fare riferimento al libro di Carlo Casini “A trent’ anni dalla legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza” (Cantagalli – Siena).
[I lettori sono invitati a porre domande sui differenti temi di bioetica scrivendo all’indirizzo: bioetica@zenit.org. I diversi esperti che collaborano con ZENIT provvederanno a rispondere ai temi che verranno sollevati. Si prega di indicare il nome, le iniziali del cognome e la città di provenienza]