Benedetto XVI: “Dio lo si conosce se lo si ama”

Udienza generale dedicata a Guglielmo di Saint-Thierry, teologo monastico del XII sec.

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 2 dicembre 2009 (ZENIT.org).- L’amore illumina l’intelligenza e permette di conoscere meglio Dio. Lo ha ricordato Benedetto XVI all’Udienza generale di questo mercoledì, in piazza San Pietro, parlando di Guglielmo di Saint-Thierry, amico e biografo di san Bernardo di Chiaravalle, nonché grande teologo del XII sec.

Originario di Liegi, Guglielmo di Saint-Thierry visse in Francia tra il 1080 circa e il 1148. Fu dapprima benedettino ma scelse alla fine di indossare l’abito bianco per unirsi ai cistercensi di Signy, dedicandosi così alla contemplazione orante dei misteri di Dio e alla composizione di scritti di letteratura spirituale.

Questo monaco, ha detto il Papa, era convinto che “la natura umana, nella sua essenza più profonda, consiste nell’amare” e che “un solo compito è affidato a ogni essere umano: imparare a voler bene, ad amare, sinceramente, autenticamente, gratuitamente”.

“Ma solo alla scuola di Dio – ha continuato – questo compito viene assolto e l’uomo può raggiungere il fine per cui è stato creato”. Un compito che richiede in realtà un “lungo e articolato cammino” che si snoda nelle varie fasi della vita umana, in cui “la persona deve imporsi un’ascesi efficace, un forte controllo di sé per eliminare ogni affetto disordinato, ogni cedimento all’egoismo, e unificare la propria vita in Dio”.

Un itinerario ascetico al termine del quale “si sperimenta una grande serenità e dolcezza”.

Guglielmo di Saint-Thierry scriveva che “l’arte delle arti è l’arte dell’amore”, e aggiungeva “che l’oggetto di questo amore è l’Amore con la ‘A’ maiuscola, cioè Dio”.

Tuttavia, ha osservato Benedetto XVI, “colpisce che nel parlare dell’amore a Dio”, il monaco “attribuisca una notevole importanza alla dimensione affettiva”.

“In fondo, cari amici, il nostro cuore è fatto di carne, e quando amiamo Dio, che è l’Amore stesso, come non esprimere in questa relazione con il Signore anche i nostri umanissimi sentimenti, come la tenerezza, la sensibilità, la delicatezza?”, ha domandato.

Nell’ascesi verso Dio, ha spiegato il Papa, la sola intelligenza “riduce ma non elimina la distanza tra soggetto e l’oggetto dell’amore”.

“L’amore invece produce attrazione e comunione, fino al punto che vi è una trasformazione e un’assimilazione tra il soggetto che ama e l’oggetto amato”.

“Questa reciprocità di affetto e di simpatia permette allora una conoscenza molto più profonda di quella operata dalla sola ragione”, ha osservato.

“Cari amici, ci domandiamo: non è proprio così nella nostra vita? Non è forse vero che noi conosciamo realmente solo chi e ciò che amiamo?”.

“Senza una certa simpatia non si conosce nessuno e niente! Dio lo si conosce se lo si ama!”, ha esclamato.

“Amare Dio e, per amore suo, amare il nostro prossimo; solo così potremo incontrare la vera gioia, anticipo della beatitudine eterna”, ha poi concluso.

Dopo le catechesi nelle altre lingue, il Papa ha rivolto alcuni saluti particolari ai rappresentanti dell’Associazione Marinai d’Italia e a quelli della Federazione Italiana Panificatori e Pasticcieri, che all’approssimarsi del Natale hanno donato al Papa mille panettoni che saranno ora portati ai poveri assistiti nella Casa Dono di Maria in Vaticano e dalla Caritas romana.

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ZENIT Staff

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