di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 1° dicembre 2009 (ZENIT.org).- In un comunicato diffuso con la massima urgenza questo martedì, il Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, ha rivolto un appello al Presidente della Regione Emilia–Romagna, ai Membri della Giunta regionale e del Consiglio regionale affinché non si proceda alla equiparazione alla famiglia di forme di convivenza di natura diversa.
In qualità di cittadino, di cristiano e di Arcivescovo, il Cardinale Caffarra fa riferimento al Progetto di legge di iniziativa della Giunta Regionale, in cui nel comma 3 dell’art. 42 ai pone sullo stesso piano singoli individui, famiglie e convivenze nell’accesso dei servizi pubblici locali, e spiega che già più volte ha espresso “con pacate e convincenti argomentazioni giuridiche l’inaccettabilità di questa equiparazione”.
L’Arcivescovo ha ripetuto che “chi non riconosce la soggettività incomparabile del matrimonio e della famiglia ha già insidiato il patto di cittadinanza nelle sue clausole fondamentali”.
Secondo l’Arcivescovo l’approvazione e l’introduzione di questa norma giuridica “avrebbe a lungo andare effetti devastanti sul nostro tessuto sociale” perché il matrimonio e la famiglia fondata su di esso è “l’istituto più importante per promuovere il bene comune della nostra regione. Dove sono erosi, la società è maggiormente esposta alle più gravi patologie sociali”.
Il Cardinale Caffarra è particolarmente preoccupato per le giovani generazioni la cui stima nei confronti dell’istituto del matrimonio e della famiglia si ridurrebbe ulteriormente
“Inoltre – ha rilevato l’Arcivescovo -, coll’eventuale approvazione del comma suddetto obbiettivamente voi dareste un contributo alla credenza falsa e socialmente distruttiva che il matrimonio sia una mera ‘convenzione sociale’ che può essere ridefinita ogni volta che così decida una maggioranza parlamentare”.
Dopo aver precisato che il matrimonio è “una realtà oggettiva sussistente in una unione pubblica tra un uomo e una donna, il cui significato intrinseco è dato dalla sua capacità di generare, promuovere e proteggere la vita”, il porporato ha domandato: “Volete assumervi la responsabilità di porre un atto che per sua logica interna muove la nostra Regione verso una cultura che va estinguendo nel cuore delle giovani generazioni il desiderio di creare vere comunità famigliari?”.
L’Arcivescovo ha spiegato che con l’illusione di estendere diritti si penalizza il bene comune e si prefigura “una società di egoismi opposti”, aggiungendo che “vi possono essere leggi gravemente ingiuste, come sarebbe questo comma se venisse approvato, che non meritano di essere rispettate”.
In merito ad un eventuale accusa di “indebita ingerenza clericale” nell’ambito pubblico, il Cardinale Caffarra ha rilevato che “laicità dello Stato significa che tutti, nessuno escluso, possono intervenire nella discussione pubblica in vista di una decisione – che è di vostra esclusiva competenza – riguardante il bene e l’interesse di tutti. La laicità non è un fatto escludente, ma includente”.
Per questi motivi l’Arcivescovo di Bologna chiede una profonda riflessione prima di prendere una decisione che “potrebbe a lungo termine risultare devastante per la nostra Regione”, e conclude affermando: “Dio vi giudicherà, anche chi non crede alla sua esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio stesso”.