di Mariaelena Finessi
ROMA, mercoledì, 25 novembre 2009 (ZENIT.org).- Un Centro sui Luoghi Santi di Gerusalemme. È l’innovativa proposta dello studioso italiano Enrico Molinaro, presentata al termine di una ricerca decennale svolta in Terra Santa e pubblicata in questi giorni (“The Holy Places of Jerusalem in Middle East Peace Agreements. The Conflict between Global and State Identities”, Sussex Academic Press).
A discuterne ambasciatori, esperti israeliani e palestinesi in una conferenza internazionale tenutasi a Roma il 19 novembre, presieduta dal Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Achille Silvestrini, e promossa dall’associazione Prospettive Mediterranee in collaborazione con il ministero Affari Esteri, il Centro italiano per la conciliazione internazionale (Cisci) e la Friedrich Ebert Stiftung.
Un tema, quello dei Luoghi Santi, particolarmente sentito tra i cristiani, ebrei e musulmani oltre che uno degli ostacoli più delicati e controversi nel processo di pace in Medio Oriente al punto da aver bloccato nel 2000 i negoziati a Camp David tra Arafat, Barak e Clinton.
«I Luoghi Santi non sono musei – spiega monsignor Alberto Ortega Martin, in rappresentanza della segreteria di Stato della Santa Sede – né monumenti per turisti, ma posti in cui i credenti vivono con la loro cultura e le loro istituzioni e che per questo devono essere salvaguardati tenendo presente, tuttavia, che ciò che si vuole salvaguardare non è solo l’eredità del passato ma anche le persone che vivono là, oggi, e quelle che vi vivranno nel futuro».
Si cadrebbe in errore, aggiunge Nazmi Al Jubeh, co-direttore Riwaq-Center for architectural conservation di Ramallah, a voler credere infatti che il conflitto su Gerusalemme sia solo religioso. «Esso, invece, è soprattutto territoriale ed è per questo – insiste – che la soluzione al problema non può essere più rimandata».
Dal suo canto, Mark Heller dell’Institute for Strategic national Security Studies di Tel Aviv riflette sul ruolo delle emozioni e delle passioni in questa annosa controversia: «Elementi – spiega – che dovrebbero essere riservati ai rapporti umani», e non certo a quelli tra autorità nazionali.
Un approccio libero da pregiudizi e ideologie, e quindi esclusivamente tecnico-giuridico è ciò che auspica Victor Magiar, assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (UCEI): «Occorre separare la soluzione politica da quella religiosa. Per impedire che la politica usi la religione per scopi politici o che la religione usi la politica per scopi religiosi».
Un approccio super partes, dunque, come quello ravvisabile nella proposta di Molinaro il quale, attento alla terminologia, chiarisce il ruolo di questa nuova entità: «Non vogliamo imporre niente a nessuno, né alle parti nazionali né alle comunità religiose. Siamo invece a loro servizio e, in questo senso, abbiamo preferito il termine “Centro” invece che “Osservatorio”, come proposto originariamente. Di fatto ci prefiggiamo non di controllare o di osservare quanto piuttosto di rispondere a richieste di approfondimento e redazione di principi che siano comuni o di un comune glossario, e tutto ciò a vantaggio delle popolazioni locali».
Allo stesso modo, per circoscrivere le attività del nascente Centro, Molinaro – docente presso gli atenei romani “La Sapienza” e Luiss – si sofferma sul significato dell’espressione “Luoghi Santi”: «Abbiamo preso in considerazione quelli cui si applica lo Status Quo del 1757, cui si riferisce la Santa Sede nell’Accordo fondamentale siglato con Israele nel 1993 e in quello siglato con l’Olp nel 2000.
Dunque la tomba della Vergine, la Natività di Betlemme e il Santo Sepolcro con tutti i suoi edifici annessi, il Deir al Sultan e il Santuario dell’Ascensione, ai quali, oggi, possiamo però aggiungere, stando al memorandum di Cust del 1929, un funzionario del Mandato britannico, pure il Muro del Pianto e alla Tomba di Rachele, anche se per descrivere la situazione attuale dei Luoghi Santi ebraici ed islamici sarebbe preferibile evitare di usare l’espressione “Status Quo”, per sostituirla con un sinonimo, come “Modus Vivendi”».
Il Centro, inizialmente con sede a Roma, si dedicherà allo studio e alla ricerca, nonché alla promozione e facilitazione delle relazioni tra le comunità. L’attività di ricerca sarà rivolta sia alla salvaguardia del rispetto della libertà di culto e di accesso ai Luoghi Santi per tutti, in conformità con le pratiche delle comunità religiose (lo Status Quo/Modus Vivendi) e del patrimonio culturale, sia al mantenimento e alla sicurezza degli stessi Luoghi Santi di Gerusalemme e di Betlemme.
Il costituendo Centro promuoverà inoltre la conciliazione, il dialogo interreligioso ed interculturale attraverso attività di consulenza amministrativa, economica, fiscale, commerciale e di sicurezza sull’area dei Luoghi Santi, nel più ampio contesto euro-mediterraneo.
«In coordinamento con i membri del quartetto per il Medio Oriente, quali Unione Europea, Usa, Russia e Onu, si potrebbe – conclude Molinaro – organizzare inoltre una serie di incontri informali su alcuni aspetti della complessa questione, e nella fase finale di tali incontri l’opinione pubblica delle parti interessate potrebbe essere sensibilizzata e resa partecipe dei dettagli specifici del lavoro tecnico».
In altri termini, il Centro si rivolge a governi e comunità locali, autorità culturali e religiose dalle quali ricevere un feedback sul lavoro svolto per poi correggere il tiro «tenendo in debita considerazione queste osservazioni provenienti ”dal basso”», come ama chiamarle ad esempio Mario Scialoja, rappresentante in Italia del Centro culturale islamico, che anzi ravvede in quest’ultimo aspetto la novità più interessante e certamente inedita del progetto.