Le istituzioni caritative cattoliche rompono la collaborazione con Washington

La Chiesa cattolica “in disgrazia” perché vuole difendere i bambini

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WASHINGTON, mercoledì, 25 novembre 2009 (ZENIT.org).- A causa della determinazione dei legislatori a ridefinire il matrimonio, l’Arcidiocesi di Washington, D.C. (Stati Uniti) ha annunciato di non avere altra scelta che ritirarsi dalla sua collaborazione con il governo della città.

Una norma sull'”uguaglianza del matrimonio civile” richiederebbe che le istituzioni cattoliche assicurassero gli stessi benefici agli impiegati che hanno un’unione omosessuale e a quelli con un matrimonio eterosessuale. Sono in gioco anche gli accreditamenti e/o le licenze delle istituzioni educative e professionali cattoliche.

In un articolo d’opinione sul Washington Post di martedì scorso, l’Arcivescovo Donald Wuerl ha spiegato perché la legge costringe l’Arcidiocesi a cancellare la sua partnership.

La Chiesa, afferma, non ha posto sfide o ultimatum, ma riconosce semplicemente che “i nuovi requisiti posti della città alle organizzazioni religiose perché riconoscano i matrimoni omosessuali nelle loro politiche potrebbero restringere la nostra capacità di fornire il livello di servizi che abbiamo ora”.

“Ciò si deve al fatto che il Distretto richiede alle entità caritative cattoliche di certificare la loro conformità con le leggi della città quando si richiedono contratti e donazioni. Visto che le entità caritative cattoliche non possono rispettare le regole cittadine e promuovere i matrimoni omosessuali, la città dovrà respingere contratti e licenze”, spiega.

Helen Alvaré, esporta di Diritto della Fondazione Culture of Life, ha commentato la situazione.

A suo avviso, il punto fondamentale è che “quanti dovrebbero ridefinire il matrimonio insistono sul fatto che le relazioni potrebbero far sì che i bambini non meritino un particolare riconoscimento e il sostegno della legge e della comunità; la Chiesa cattolica insiste sul fatto che hanno bisogno di questo riconoscimento e sostegno e che dovrebbero averlo”.

I bambini, ha commentato, sono il centro di questa battaglia.

La Alvaré ha osservato che per troppo tempo il diritto di famiglia è cambiato “arrivando a mettere avanti gli interessi degli adulti”.

“Dopo decenni di sperimentazione sulla base di questo modello, i sociologi, gli psicologi e anche alcuni legislatori stanno iniziando a comprendere che né la libertà degli adulti né quella dei bambini hanno progredito sulla traiettoria degli ‘adulti per primi'”.

“Il Distretto di Columbia dovrebbe temere un’ulteriore privazione nei confronti del matrimonio, relativa alla sua associazione con i bambini”, ha affermato la Alvaré, segnalando la quantità di problemi che il Distretto già affronta a causa della “filosofia del sesso e del matrimonio degli ‘adulti per primi'”.

La giurista ha argomentato che se gli assessori del Distretto di Columbia “si permettessero di pensare in modo più integrale al benessere dei bambini e delle loro famiglie, questi stessi consiglieri dovrebbero anche temere di perdere la collaborazione di un organismo così profondamente impegnato nel benessere dei bambini da essere disposto a essere giudicato dal tribunale dell’opinione pubblica perché difende i loro interessi”.

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ZENIT Staff

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