di Roberta Sciamplicotti
ROMA, mercoledì, 11 novembre 2009 (ZENIT.org).- “L’obiettivo ultimo delle Nazioni Unite nel perseguire la comprensione e la cooperazione interreligiosa è saper impegnare gli Stati e tutti i segmenti della società umana a riconoscere, rispettare e promuovere la dignità e i diritti di ogni persona e di ogni comunità nel mondo”.
E’ questo il messaggio che ha lanciato questo martedì a New York l’Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo alla 64ª sessione dell’Assemblea Generale dell’organismo sull’item 49, “Cultura di pace”.
Il presule ha iniziato il suo discorso ricordando che la questione della religione e del contributo delle religioni alla pace e allo sviluppo è diventata negli ultimi anni “urgente e inevitabile”, ottenendo quindi nuova visibilità alle Nazioni Unite.
“Un secolo e mezzo fa, all’inizio della rivoluzione industriale, la religione era descritta come l”oppio dei popoli’ – ha osservato –; oggi, nel contesto della globalizzazione, è sempre più considerata la ‘vitamina dei poveri’”.
Il “contributo unico” delle religioni e il dialogo e la cooperazione tra di loro giacciono “nella loro stessa ragion d’essere”, che è servire la dimensione spirituale e trascendentale della natura umana, ha spiegato.
Allo stesso modo, le religioni tendono a “sollevare lo spirito umano, difendere la vita, rafforzare il debole, tradurre gli ideali in azioni, purificare le istituzioni, contribuire a risolvere disuguaglianze economiche e non economiche, ispirare i leader ad andare al di là della normale chiamata al dovere, permettere alle popolazioni di raggiungere una realizzazione più piena del loro potenziale naturale e superare situazioni di conflitto attraverso la riconciliazione, i processi di peace-building e la guarigione della memoria ferita dall’ingiustizia”.
Monsignor Migliore ha quindi ricordato che è risaputo come nel corso della storia individui e leader abbiano “manipolato la religione” e i movimenti ideologici e nazionalistici abbiano considerato le differenze religiose “un’opportunità per raccogliere un sostegno alla propria causa”.
Di recente, “la manipolazione e l’uso scorretto della religione a scopi politici ha dato vita a dibattiti e delibere delle Nazioni Unite sul tema, ponendolo nel contesto dei diritti umani”.
In questo panorama, il presule ha ricordato quanto sia “profondamente sentito” il bisogno di “una visione coerente e un approccio appropriato” a questo fenomeno.
Per questo, ha voluto offrire alcune considerazioni per contribuire a “un’interazione adeguata ed efficace della religione e delle religioni con gli obiettivi e le attività delle Nazioni Unite”.
Come ha ricordato l’Osservatore Permanente, “il dialogo interreligioso volto a indagare sulle basi teologiche e spirituali di varie religioni in vista di una comprensione e di una cooperazione reciproca sta diventando sempre più un imperativo, una convinzione e un comportamento effettivo tra le varie religioni”.
A tale riguardo, si è detto lieto di ricordare la leadership assunta dalla Chiesa cattolica quarant’anni fa con la promulgazione del documento conciliare Nostra Aetate per aprirsi alle altre tradizioni religiose.
Questo impegno, ha riconosciuto, mira a “promuovere più rispetto, comprensione e cooperazione tra i credenti delle varie denominazioni, incoraggiare lo studio delle religioni e favorire la formazione di persone dedite al dialogo”.
Un dialogo teologico e spirituale di questo tipo, ha aggiunto, deve essere condotto “tra e dai credenti”, adottando “una metodologia adeguata” e offrendo “la premessa e la base indispensabile per quella più ampia cultura del dialogo e della cooperazione che varie istituzioni accademiche, politiche, economiche e internazionali hanno lanciato nei decenni passati”.
In questo contesto, ha concluso, la responsabilità “specifica e primaria” delle Nazioni Unite riguardo alla religione è “dibattere, delucidare e aiutare gli Stati ad assicurare pienamente, a ogni livello, l’implementazione del diritto alla libertà religiosa”, come affermato in molti documenti dell’ONU che includono “il pieno rispetto e la promozione non solo della fondamentale libertà di coscienza, ma anche dell’espressione e della pratica della religione di chiunque, senza restrizioni”.