A Pentecoste il Papa invita a dedicarsi di più alla preghiera

Chiede un “umile e silenzioso” ascolto della Parola di Dio

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 31 maggio 2009 (ZENIT.org).- Perché la Pentecoste non si riduca “ad un semplice rito”, è necessario dedicarsi maggiormente all’ascolto della Parola di Dio, ha affermato Benedetto XVI in questa Domenica di Pentecoste.

Nell’omelia della Messa che ha presieduto nella Basilica vaticana, il Papa ha ricordato che “tra tutte le solennità, la Pentecoste si distingue per importanza, perché in essa si attua quello che Gesù stesso aveva annunciato essere lo scopo di tutta la sua missione sulla terra”: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49).

Queste parole, ha spiegato il Papa, “trovano la loro più evidente realizzazione cinquanta giorni dopo la risurrezione, nella Pentecoste, antica festa ebraica che nella Chiesa è diventata la festa per eccellenza dello Spirito Santo”.

“Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prometeo, secondo il mito greco, ma si è fatto mediatore del ‘dono di Dio’ ottenendolo per noi con il più grande atto d’amore della storia: la sua morte in croce”.

Il Pontefice ha osservato che “Dio vuole continuare a donare questo ‘fuoco’ ad ogni generazione umana, e naturalmente è libero di farlo come e quando vuole”, ma c’è “una ‘via normale’ che Dio stesso ha scelto”, e “questa via è Gesù, il suo Figlio Unigenito incarnato, morto e risorto”.

Gesù Cristo, a sua volta, “ha costituito la Chiesa quale suo Corpo mistico, perché ne prolunghi la missione nella storia”.

Come costruire la comunità

Nella solennità di Pentecoste, ha osservato il Papa, la Scrittura spiega “come dev’essere la comunità, come dobbiamo essere noi per ricevere il dono dello Spirito Santo”.

Oltre a sottolineare che i discepoli “si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”, cioè il Cenacolo, “per così dire la ‘sede’ della Chiesa nascente”, gli Atti degli Apostoli insistono più che altro sull'”atteggiamento interiore dei discepoli”: “Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera” (At 1,14).

La concordia dei discepoli, ha commentato quindi il Pontefice, “è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della concordia è la preghiera”.

Questi suggerimenti, ha proseguito, valgono anche per la Chiesa di oggi.

“Se vogliamo che la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una pur suggestiva commemorazione, ma sia evento attuale di salvezza, dobbiamo predisporci in religiosa attesa del dono di Dio mediante l’umile e silenzioso ascolto della sua Parola”.

“Perché la Pentecoste si rinnovi nel nostro tempo, bisogna forse – senza nulla togliere alla libertà di Dio – che la Chiesa sia meno ‘affannata’ per le attività e più dedita alla preghiera”.

Tempesta, fuoco e coraggio

Perché ci si possa dedicare di più alla preghiera, è fondamentale affidarsi allo Spirito, descritto dagli Atti degli Apostoli come tempesta, fuoco e forza.

“Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale”, ha dichiarato il Papa.

“Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai veleni dell’aria – e per questo l’impegno ecologico rappresenta oggi una priorità -, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito”.

Benedetto XVI ha tuttavia riconosciuto che sembra che “ci si abitui senza difficoltà” “a tanti prodotti inquinanti la mente e il cuore che circolano nelle nostre società – ad esempio immagini che spettacolarizzano il piacere, la violenza o il disprezzo per l’uomo e la donna”.

L’uomo di oggi, ha riconosciuto, “non vuole più essere immagine di Dio, ma di se stesso; si dichiara autonomo, libero, adulto”.

Questo atteggiamento “rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola evangelica che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre”.

Di fronte a questo, è ancor più importante pregare lo Spirito, che “vince la paura”.

“Sappiamo come i discepoli si erano rifugiati nel Cenacolo dopo l’arresto del loro Maestro e vi erano rimasti segregati per timore di subire la sua stessa sorte – ha ricordato il Papa -. Dopo la risurrezione di Gesù questa loro paura non scomparve all’improvviso. Ma ecco che a Pentecoste, quando lo Spirito Santo si posò su di loro, quegli uomini uscirono fuori senza timore e incominciarono ad annunciare a tutti la buona notizia di Cristo crocifisso e risorto. Non avevano alcun timore, perché si sentivano nelle mani del più forte”.

“Lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura; ci fa conoscere e sentire che siamo nelle mani di una Onnipotenza d’amore: qualunque cosa accada, il suo amore infinito non ci abbandona”, ha confessato, adducendo come prove “la testimonianza dei martiri, il coraggio dei confessori della fede, l’intrepido slancio dei missionari, la franchezza dei predicatori, l’esempio di tutti i santi, alcuni persino adolescenti e bambini”.

“Lo dimostra l’esistenza stessa della Chiesa che, malgrado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad attraversare l’oceano della storia, sospinta dal soffio di Dio e animata dal suo fuoco purificatore”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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