Discorso di Benedetto XVI ai membri dell'episcopato italiano

ROMA, giovedì, 28 maggio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza i membri dell’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana.

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Cari Fratelli Vescovi italiani,

sono lieto di incontrarvi ancora una volta tutti insieme, in occasione di questo significativo appuntamento annuale che vi vede riuniti in assemblea per condividere le ansie e le gioie del vostro ministero nelle Diocesi della diletta Nazione italiana. La vostra assemblea, infatti, esprime visibilmente e promuove quella comunione di cui la Chiesa vive, e che si attua anche nella concordia delle iniziative e dell’azione pastorale. Con la mia presenza vengo a confermare quella comunione ecclesiale che ho visto costantemente accrescersi e rinsaldarsi. In particolare, ringrazio il Cardinale Presidente che, a nome di tutti, ha confermato la fraterna adesione e la cordiale comunione con il magistero e il servizio pastorale del Successore di Pietro, riaffermando così la singolare unità che lega la Chiesa in Italia alla Sede Apostolica. Ho ricevuto in questi mesi veramente tante commoventi testimonianze di questa adesione. Vi posso solo dire con tutto il cuore: grazie! In questo clima di comunione si può nutrire proficuamente della Parola di Dio e della grazia dei sacramenti il popolo cristiano, che sperimenta il profondo inserimento nel territorio, il vivo senso della fede e la sincera appartenenza alla comunità ecclesiale: tutto ciò grazie alla vostra guida pastorale, al servizio generoso di tanti presbiteri e diaconi, di religiosi e fedeli laici che, con assidua dedizione, sostengono il tessuto ecclesiale e la vita quotidiana delle numerose parrocchie disseminate in ogni angolo del Paese. Non ci nascondiamo le difficoltà che esse incontrano nel condurre i propri membri ad una piena adesione alla fede cristiana nel nostro tempo. Non a caso si invoca da varie parti un loro rinnovamento nel segno di una crescente collaborazione dei laici, e di una loro corresponsabilità missionaria.

Per queste ragioni avete voluto opportunamente approfondire nell’azione pastorale l’impegno missionario, che ha caratterizzato il cammino della Chiesa in Italia dopo il Concilio, mettendo al centro della riflessione della vostra assemblea il compito fondamentale dell’educazione. Come ho avuto modo a più riprese di ribadire, si tratta di una esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa, che oggi tende ad assumere i tratti dell’urgenza e, perfino, dell’emergenza. Avete avuto modo, in questi giorni, di ascoltare, riflettere e discutere sulla necessità di porre mano ad una sorta di progetto educativo che nasca da una coerente e completa visione dell’uomo quale può scaturire unicamente dalla perfetta immagine e realizzazione che ne abbiamo in Cristo Gesù. È Lui il Maestro alla cui scuola riscoprire il compito educativo come un’altissima vocazione alla quale ogni fedele, con diverse modalità, è chiamato. In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita, e la legittimità stessa dell’educazione è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimoniare la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare. Essa non è frutto di un ingenuo ottimismo, ma ci proviene da quella «speranza affidabile» (Spe salvi, 1) che ci è donata mediante la fede nella redenzione operata da Gesù Cristo. In riferimento a questo fondato atto d’amore per l’uomo può sorgere una alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed ecclesiale.

La conclusione, domenica prossima, del triennio dell’Agorà dei giovani italiani, che ha visto impegnata la vostra Conferenza in un percorso articolato di animazione della pastorale giovanile, costituisce un invito a verificare il cammino educativo in atto e a intraprendere nuovi progetti per una fascia di destinatari, quella delle nuove generazioni, estremamente ampia e significativa per le responsabilità educative delle nostre comunità ecclesiali e della società tutta. L’opera formativa, infine, si allarga anche all’età adulta, che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione permanente. Nessuno è escluso dal compito di prendersi a cura la crescita propria e altrui verso la «misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).

La difficoltà di formare autentici cristiani si intreccia fino a confondersi con la difficoltà di far crescere uomini e donne responsabili e maturi, in cui coscienza della verità e del bene e libera adesione ad essi siano al centro del progetto educativo, capace di dare forma ad un percorso di crescita globale debitamente predisposto e accompagnato. Per questo, insieme ad un adeguato progetto che indichi il fine dell’educazione alla luce del modello compiuto da perseguire, c’è bisogno di educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia. In questo Anno paolino, che abbiamo vissuto nell’approfondimento della parola e dell’esempio del grande Apostolo delle genti, e che avete in vari modi celebrato nelle vostre Diocesi e proprio ieri tutti insieme nella Basilica di San Paolo fuori le mura, risuona con singolare efficacia il suo invito: «Fatevi miei imitatori» (1Cor 11,1). Una parola coraggiosa, ma un vero educatore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esemplarità nel compito di educare coloro che gli sono affidati. Ne siamo consapevoli noi stessi, posti come guide in mezzo al popolo di Dio, ai quali l’apostolo Pietro rivolge, a sua volta, l’invito a pascere il gregge di Dio facendoci «modelli del gregge» (1Pt 5,3). Anche questa è una parola sulla quale meditare.

Risulta pertanto singolarmente felice la circostanza che ci vede pronti a celebrare, dopo l’anno dedicato all’Apostolo delle genti, un Anno sacerdotale. Siamo chiamati, insieme ai nostri sacerdoti, a riscoprire la grazia e il compito del ministero presbiterale. Questo ministero è un servizio alla Chiesa e al popolo cristiano che esige una profonda spiritualità. In risposta alla vocazione divina, tale spiritualità deve si nutrirsi della preghiera e di una intensa unione personale con il Signore per poterlo servire nei fratelli attraverso la predicazione, i sacramenti, una ordinata vita di comunità e l’aiuto ai poveri. In tutto il ministero sacerdotale risalta, in tal modo, l’importanza dell’impegno educativo, perché crescano persone libere, veramente libere, e cioè responsabili, cristiani maturi e consapevoli.

Non c’è dubbio che dallo spirito cristiano attinga vitalità sempre rinnovata quel senso di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore degli italiani e trova modo di esprimersi con particolare intensità in alcune circostanze drammatiche della vita del Paese, ultima delle quali è stato il devastante terremoto che ha colpito talune aree dell’Abruzzo. Come già detto dal vostro presidente, ho avuto modo, nella mia visita a quella terra tragicamente ferita, di rendermi conto di persona dei lutti, del dolore e dei disastri prodotti dal terribile sisma, ma anche, questo è stato per me realmente molto impressionante, della fortezza d’animo di quelle popolazioni insieme al movimento di solidarietà che si è prontamente avviato veramente da tutte le parti d’Italia. Le nostre comunità hanno risposto con grande generosità alla richiesta di aiuto che saliva da quella regione sostenendo le iniziative promosse dalla Conferenza Episcopale tramite le Caritas. Desidero rinnovare ai Vescovi abruzzesi e, attraverso di loro, alle comunità locali l’assicurazione della mia costante preghiera e della perdurante affettuosa vicinanza.

Da mesi stiamo constatando gli effetti di una crisi finanziaria ed economica che ha colpito duramente lo scenario globale e raggiunto in varia misura tutti i Paesi. Nonostante le misure intraprese a vari livelli, gli effetti sociali della crisi non mancano di farsi tuttora sentire, e anche duramente, in modo particolare sulle fasce più deboli della società e sulle famiglie. Desidero pertanto esprim
ere il mio apprezzamento e incoraggiamento per l’iniziativa del fondo di solidarietà denominato “Prestito della speranza”, che avrà proprio domenica prossima un momento di partecipazione corale nella colletta nazionale, che costituisce la base del fondo stesso. Questa rinnovata richiesta di generosità, che si aggiunge alle tante iniziative indette da numerose Diocesi, evocando il gesto della colletta promossa dall’apostolo Paolo a favore della Chiesa di Gerusalemme, è una eloquente testimonianza della condivisione dei pesi gli uni degli altri. In un momento di difficoltà, che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavoro, ciò diventa un vero atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore dei credenti. È un annuncio eloquente della conversione interiore generata dal Vangelo e una manifestazione toccante della comunione ecclesiale.

Una forma essenziale di carità su cui le Chiese in Italia sono vivamente impegnate è anche quella intellettuale. Ne è un esempio significativo l’impegno per la promozione di una diffusa mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momento, con un’attenzione particolare a quella segnata da condizioni di grande fragilità e precarietà. Tale impegno è ben testimoniato dal manifesto “Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine”, che vede il laicato cattolico italiano concorde nell’operare affinché non manchi nel Paese la coscienza della piena verità sull’uomo e la promozione dell’autentico bene delle persone e della società. I “sì” e i “no” che vi si trovano espressi disegnano i contorni di una vera azione educativa e sono espressione di un amore forte e concreto per ogni persona. Il pensiero torna dunque al tema centrale della vostra assemblea – il compito urgente dell’educazione – che esige il radicamento nella Parola di Dio e il discernimento spirituale, la progettualità culturale e sociale, la testimonianza dell’unità e della gratuità.

Carissimi Confratelli, pochi giorni appena ci separano dalla solennità di Pentecoste, in cui celebreremo il dono dello Spirito che abbatte le frontiere e apre alla comprensione della verità tutta intera. Invochiamo il Consolatore che non abbandona chi a Lui si rivolge, affidandoGli il cammino della Chiesa in Italia e ogni persona che vive in questo amatissimo Paese. Venga su tutti noi lo Spirito di vita e accenda i nostri cuori col fuoco del suo infinito amore.

Di cuore benedico voi e le vostre comunità!

[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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