di Mirko Testa
ROMA, domenica, 24 maggio 2009 (ZENIT.org).- Ciò che si avverte oggi è la necessità di far fiorire un nuovo umanesimo aperto alla ricerca di Dio e attento agli ultimi e ai più bisognosi: è questo in sintesi il messaggio lanciato da Benedetto XVI da Cassino nella Messa da lui presieduta davanti ad almeno ventimila fedeli.
Una visita di un solo giorno nella terra di San Benedetto, per la sua quattordicesima meta italiana, quella scelta dal Papa che mancava da Montecassino dal febbraio del 2000, quando vi trascorse 5 giorni e che in tutto da Cardinale ha visitato questi luoghi per ben quattro volte.
Dopo 29 anni un Vicario di Cristo ha rimesso piede in questa città martoriata dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, dopo la visita di Giovanni Paolo II, avvenuta il 20 settembre del 1980.
Primo appuntamento, la grande Messa all'aperto in piazza Miranda, a Cassino, che da oggi, per decisione del Consiglio Comunale, prende il nome di piazza Benedetto XVI.
Il palco, allestito per la Messa, era addobbato con oggetti liturgici provenienti dall'Abbazia di Montecassino. In particolare, erano presenti una immagine dell'Assunta, davanti alla quale il Papa si è soffermato per un breve momento in preghiera, e una statua di San Benedetto intagliata in legno di pero e risalente al XIV sec.
Il baldacchino e il trono su cui si è seduto il Pontefice, risalenti al 1700 e realizzati dalle monache di Aversa, erano stati utilizzati anche da Paolo VI durante la solenne celebrazione, del 24 ottobre 1964, in cui consacrò la Basilica di Montecassino proclamando San Benedetto patrono primario dell'Europa.
A fare gli onori di casa ci ha pensato il Sindaco di Cassino, Bruno Scittarelli, che ha offerto in dono al Papa una Croce astile romana d'argento del 1633, ricordando che “questa città martire porta ancora le ferite inferte dalla Seconda Guerra Mondiale”, sebbene i suoi figli “con forte slancio, grande coraggio, determinazione e generosità hanno saputo reagire negli anni e rinascere dalla ceneri”.
Quindi, è stata la volta dell'Abate di Montecassino, dom Pietro Vittorelli, che ha accolto con emozione la visita del Papa in questa “terra che ha fatto della pace il suo orgoglio”.
Dom Vittorelli ha quindi evidenziato il contributo di San Benedetto alla civiltà europea “riassunto nei verbi costruire, fondare, riunificare, in un'epoca di decadenza e di disordine”, capaci di ricreare “realtà comunitarie che vissero valori nuovi e vitali, costruiti sulla parola di Cristo”.
Nella sua omelia, il Papa ha quindi posto l’accento sull’attualità della tradizione monastica benedettina, sottolineando l'importanza dell’appello di San Benedetto a “mantenere il cuore fisso su Cristo”, “a nulla anteporre a Lui”.
“Nella vostra Abbazia – ha ricordato – si tocca con mano il ‘quaerere Deum’, il fatto cioè che la cultura europea è stata la ricerca di Dio e la disponibilità al suo ascolto. E questo vale anche nel nostro tempo”.
Ora et labora et lege, “la preghiera, il lavoro e la cultura”, questo motto, ha spiegato il Pontefice, sintetizza bene il programma evangelico proposto dalla spiritualità benedettina.
Il Papa si è quindi soffermato su questi tre pilastri indicati da San Benedetto, indicando nella preghiera “la più bella eredità lasciata” dal fondatore dell’Ordine benedettino.
“Elevando lo sguardo da ogni paese e contrada della diocesi – ha detto –, potete ammirare quel richiamo costante al cielo che è il monastero di Montecassino, al quale salite ogni anno in processione alla vigilia di Pentecoste”.
“La preghiera, a cui ogni mattina la campana di san Benedetto con i suoi gravi rintocchi invita i monaci, è il sentiero silenzioso che ci conduce direttamente nel cuore di Dio; è il respiro dell’anima che ci ridona pace nelle tempeste della vita”, ha continuato.
In particolare, “alla scuola di San Benedetto, i monaci hanno sempre coltivato un amore speciale per la Parola di Dio nella lectio divina, diventata oggi patrimonio comune di molti”.
Di qui l’invito ai fedeli affinché l’ascolto della Parola di Dio possa renderli “profeti di verità e di amore in un corale impegno di evangelizzazione e di promozione umana”.
Successivamente, il Papa ha sottolineato come questa comunità continui ancora oggi ad essere “erede e depositaria della missione, impregnata dello spirito di san Benedetto, di proclamare che nella nostra vita nessuno e nulla devono togliere a Gesù il primo posto; la missione di costruire, nel nome di Cristo, una nuova umanità all’insegna dell’accoglienza e dell’aiuto ai più deboli”.
Più tardi, al termine della Messa, nel discorso introduttivo alla preghiera del Regina Caeli, il Papa ha ricordato il suo recente viaggio in Terra Santa dove si è fatto “pellegrino di pace” ed ha ribadito che “la pace è in primo luogo dono di Dio e dunque la sua forza sta nella preghiera”.
Tuttavia, ha precisato, è un “dono affidato all’impegno umano”, che attinge la propria linfa dalla preghiera, e pertanto è “fondamentale coltivare un’autentica vita di preghiera per assicurare il progresso sociale nella pace”.
“Ancora una volta – ha aggiunto – la storia del monachesimo ci insegna che una grande crescita di civiltà si prepara nel quotidiano ascolto della Parola di Dio, che spinge i credenti ad un sforzo personale e comunitario di lotta contro ogni forma di egoismo e di ingiustizia”.
Per diventare “autentici costruttori di pace”, ha avvertito infine, bisogna imparare “a combattere e vincere il male dentro di sé e nelle relazioni con gli altri”.