di Sara Muzzi*
ROMA, mercoledì, 20 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il cardinale L. E. Duval, arcivescovo di Algeri, rese una volta questa testimonianza verbale a J. Perarnau: “Voi Catalani avete offerto alla Chiesa il solo uomo che ha compreso la maniera di esercitare l’apostolato tra i musulmani, Ramon Llull”.
In effetti, Raimondo Lullo (1232-1316), il Doctor Illuminatus, come lo designa la tradizione, consacrò tutta la sua lunga vita all’ideale di convertire gli infedeli, in primo luogo i musulmani, alla fede di Cristo. Da questo punto di partenza elaborò una dottrina sui metodi di propagazione della fede che ha permesso allo studioso R. Sugranyes de Franch di definirlo Dottore delle missioni.
L’azione missionaria è ciò che dà unità ad una vita movimentata, ad un’attività vulcanica e ad un’opera scritta vastissima. A partire dalla propria conversione, il senescalco del re Giacomo II di Maiorca, seguì letteralmente l’appello evangelico e abbandonò tutto, la moglie, i figli, le ricchezze per seguire Cristo e per conquistare tutti gli uomini all’amore di Cristo.
Per far questo, Lullo cercò incessantemente di convincere i potenti della sua epoca della necessità di costituire degli studia dove i futuri missionari, esperti in teologia e filosofia, potessero apprendere le lingue degli infedeli, imparare a predicare e disputare argomentando per rationes necessaries, a conoscere la propria e le altrui dottrine religiose.
La forma di insegnamento missionario che Lullo suggeriva, partiva dall’idea della necessità di conoscere anche le credenze, i costumi, la filosofia degli appartenenti agli altri credi religiosi. La proposta lulliana, che sembra prefigurare le istituzioni moderne di propaganda apostolica, venne descritta dettagliatamente nelle numerose petizioni di Raimondo Lullo ai re ed ai papi del suo tempo.
Per realizzare completamente il suo proposito, creò anche un sistema teologico e filosofico basato sul simbolismo universale nella linea dell’esemplarismo bonaventuriano, partendo dagli elementi di convergenza esistenti tra i monoteismi.
La fede in un solo Dio onnipotente ed una comune visione del cosmo, eredità del neoplatonismo a tutte e tre le culture religiose, costituivano il presupposto da cui Lullo voleva partire, “la campagna del Beato per convincere del cristianesimo i non cristiani si fonda sempre nell’accettabilità più generale d’idee ereditate da tutt’e tre“, scrive R. D. F. Pring-Mill.
Per rendere la verità cattolica accessibile a tutti gli intelletti umani, il catalano di Maiorca ideò un sistema combinatorio, la sua Arte. Un’arte, un libro ed un metodo per la missione, uno strumento per facilitare il lavoro del pensiero, soprattutto nel dibattito interreligioso dove c’è il rischio di sospettare di ogni parola, dove il dialogo potrebbe essere interrotto bruscamente in ogni momento.
L’utilizzo di una disputa computazionale, che riduce al minimo ogni possibilità di incomprensione e di suscettibilità, può creare un sistema stabile destinato ai popoli di tutte le confessioni che permette di approssimarsi alla verità, in poco tempo nelle intenzioni del suo creatore.
Alcuni potrebbero giungere ad una tale approssimazione attraverso una combinazione di elementi, per altri il medesimo risultato potrebbe essere raggiungibile mediante una combinazione diversa. Nelle intenzioni lulliane, l’affratellamento universale tra popoli di diversa provenienza potrebbe avvenire nel nome di un sapere comune correttamente elaborato e diffuso, conclude Orlando Todisco.
Alla base di questa tecnica c’era un’attenzione al rispetto degli elementi veritativi che possono essere presenti in ogni fede religiosa ed un appello alla libertà delle decisioni personali, in materia di conversioni.
La conversione è un’opera d’amore derivante dall’amore di Cristo per tutti gli uomini. Quest’ultima dovrà essere preparata, accompagnata e realizzata con la conoscenza. Una conoscenza che in Lullo è messa al servizio dell’azione, dell’azione missionaria nel dialogo, secondo A. Llinarès.
Lullo scelse la via della conoscenza attraverso la persuasione, per mezzo della verità e della logica del discorso, convinto che queste fossero le uniche “armi” legittime per una riforma della società e per la conversione degli infedeli.
La fede e la ragione saranno i due strumenti di questo “combattimento”, perché non è possibile esigere l’assenso della volontà senza chiamare in causa l’intelletto: l’immagine che ci offre Lullo è quella di un anziano che si deve appoggiare ad un bastone.
L’utilità, scrive J. Gayà, di ricorrere alla ragione per intendere ed esporre le verità della fede, si converte in obbligo con il precetto evangelico: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua mente” (Mc 12,30); se la volontà conserva il suo proprio oggetto (il bene) quando, con la virtù ricevuta della carità, compie il precetto di amare Dio, in egual modo l’intelligenza conserva il suo proprio oggetto (l’intelliggibile) quando, con la virtù ricevuta della fede, adempie il precetto evangelico.
Con il linguaggio comune della ragione umana, in un clima di tranquillità e di fiducia, Lullo propone un complesso di verità che possono costituire un punto di partenza per la discussione religiosa, essendo accettabili da tutti gli interlocutori.
Una volta assicurata una tale base di discussione Lullo era certo che nessuno degli interlocutori avrebbe rifiutato i fondamenti del suo metodo; l’accettazione previa di tali elementi comuni avrebbe garantito lo sviluppo del dialogo e favorito l’introduzione delle componenti caratteristiche del suo sistema.
“Iniziare nella concordia è più efficace che iniziare nel contrasto, iniziare disputando con gli infedeli e concordando nelle dignità di Dio e nelle ragioni necessarie, è più utile che guerreggiare soltanto contro gli infedeli contrastandoli con la spada, strappando loro la terra che occupano e uccidendoli”, scrive Raimondo Lullo nel Tractatus de modo convertendi infideles (1292).
Il procedimento migliore da seguire nella discussione religiosa è rappresentato idealmente in molti dei testi che Lullo dedica a questo tema, tra cui il Libro del Gentile e dei tre Savi (1274 circa). Si tratta di individuare quale religione possa essere adatta per un gentile, un uomo che non conosce nessuna delle tre religioni rivelate ma esperto in filosofia, partendo da un confronto tra le tre grandi fedi che sia condotto con obbiettività, cortesia, amabilità.
I tre savi – un ebreo, un cristiano ed un musulmano – descrivono le loro rispettive credenze con misura ed imparzialità. Lo fanno con argomentazioni che rispettano delle condizioni precedentemente accettate da ciascuno di loro e partendo dai punti comuni alle tre “leggi” per passare, solo in seguito, alle differenze dottrinarie.
In quest’opera, Lullo mostra l’importanza del conoscere e del comprendere quello in cui crede l’altro. Il dialogo viene presentato come un’azione di intelligenza: sono quattro intelletti che si trovano uno di fronte all’altro.
Nella descrizione dei tre credi religiosi compare la volontà di Lullo di innalzare e non di denigrare l’altro, di mettere in evidenza ciò che c’è di positivo nelle tre religioni, come sottolinea J. Perarnau.
Al termine della discussione, mette in risalto B. Orizio, i tre saggi si impegnano ad incontrarsi ogni giorno per aiutarsi vicendevolmente nella scoperta della verità, invece di punzecchiarsi l’un l’altro come facevano solitamente i professionisti della controversia.
Nell’epilogo il gentile,felice per aver scoperto la verità, non rivela quale fede abbia deciso di abbracciare. Non viene esplicitamente indicato in questo testo da Lullo, ma con le parole di O. Todisco: Il c
ompito della religione cristiana è secondo Lullo di creare il clima nel quale ogni altra religione possa trovare spazio ed ospitalità. (…) La religione cristiana non è solo una tra le religioni, ma la religione con un investitura di armonizzazione e di comprensione nei riguardi delle altre religioni a livello di pensiero ed opere”.
Lullo non si limitò a descrivere solo l’atmosfera ideale in cui dovrebbe svolgersi un dialogo tra le religioni. Il monastero di Miramar fu una realtà storica. Monumento allo spirito missionario lulliano, realizzazione dell’ideale di tutta la sua vita, il monastero di specializzazione missionaria di Miramar, ponte tra la religione cristiana e quella musulmana, venne istituito nel 1276 e divenne il modello alla base di tutte le proposte lulliane.
Durante il Concilio di Vienne del 1311 venne deliberata la costituzione di cattedre di lingua ebraica ed araba e caldea presso la Curia romana e nelle grandi Università della cristianità. Nei suoi viaggi missionari a Tunisi e Bugia, Lullo sperimentò direttamente il suo metodo con gli esperti della religione islamica riuscendo a colpire l’attenzione dei suoi interlocutori, come riportatoci da Lullo stesso nella sua Vita coetanea.
La morte del beato Raimondo Lullo può essere fissata tra il dicembre del 1315 ed il marzo del 1316. La tradizione lo vuole martire a Bugia per mano musulmana: ferito, morirà poco prima di giungere a Maiorca.
Eppure dopo la sua morte, gli eccessi di alcuni gruppi di lullisti valenciani, influenzati dalle idee degli Spirituali francescani, portarono l’inquisitore domenicano della Corona d’Aragona, Nicolau Eimeric, ad iniziare una campagna contro le dottrine di Raimondo Lullo.
Nel 1376 venne pubblicata una lista con cento articoli, in cui l’inquisitore condannava soprattutto il preteso razionalismo lulliano. I cento articoli antilulliani del Directorium Inquisitorum di Nicolau Eimeric fecero scendere sull’intera opera lulliana l’ombra del sospetto di eresia.
Il lavoro condotto da J. Perarnau presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, sul manoscritto latino dell’Ars amativa lulliana, il Vat. Lat. 7199, ha mostrato, attraverso un’analisi comparativa testuale e dottrinale di sei dei cento articoli del Directorium Inquisitorum e dei paragrafi corrispondenti dell’Ars amativa, che si tratta di rielaborazioni dell’inquisitore che aprono una doppia questione, una relativa alla fedeltà testuale dei sei articoli del Directorium Inquisitorum in relazione al testo lulliano ed una relativa alla fedeltà al pensiero dell’autore.
L’autorità che fu riconosciuta al Directorium Inquisitorum in passato e che aveva creato un’atmosfera di sospetto intorno alla dottrina lulliana ha influito anche, con le parole di J. Perarnau, sul riconoscimento ufficiale delle straordinarie ed esemplari qualità di cristiano di Raimondo Lullo, uno dei medievali più contemporanei.
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* La prof.ssa Sara Muzzi è docente presso l’Istituto Teologico di Assisi