ROMA, mercoledì, 20 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa è stata “una lezione di realismo”. E’ quanto afferma il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, in un editoriale apparso sul settimanale Tempi.
Il Papa, spiega il porporato, “ha rischiato in prima persona, senza calcoli mondani di successo o insuccesso”.
“Il suo viaggio era a-priori ‘politicamente scorretto’”, perché è “la pretesa universale di Cristo che conduce la fede cristiana al paragone con ogni religione, con ogni visione del reale”.
In Terra Santa, Benedetto XVI come “pellegrino dall’umile, intelligente coraggio […] ha voluto essere il protagonista petrino della Chiesa tutta”.
Allo Yad Vashem, sottolinea, “ha coinvolto da subito, nel suo dolore, la ‘Chiesa cattolica, vincolata agli insegnamenti di Gesù e protesa ad imitarne l’amore per ogni persona’ che ‘prova profonda compassione per le vittime qui ricordate’”.
“La forza del suo silenzio in quella voragine di dolore e la sua struggente invocazione perché il nome di nessuna vittima dell’abominevole sterminio nazista vada perduto non ha voluto essere solo quella di Josef Ratzinger – continua – , ma ben più potentemente quella di tutti i cristiani chiamati, al di là dei loro limiti, alla fraterna solidarietà con il popolo eletto”.
Il Papa, aggiunge il porporato, è riuscito a trattare il delicato tema della sicurezza, che sta molto a cuore ad Israele, partendo dalla prospettiva delle Sacre Scritture.
Nel discorso pronunciato nel giardino interno del Palazzo presidenziale di Gerusalemme per la visita di cortesia al Presidente Shimon Peres, il Papa ha infatti ricordato che “secondo il linguaggio ebraico, sicurezza – batah – deriva da fiducia e non si riferisce soltanto all’assenza di minaccia ma anche al sentimento di calma e di confidenza”.
Il Patriarca di Venezia indica poi i due capisaldi con cui il Papa ha affrontato la bruciante questione del dialogo interreligioso.
“Tornando sul rapporto tra ragione e religione, Benedetto XVI ha fortemente rimarcato la necessità per ognuna di farsi purificare dall’altra”, afferma.
“La religione – spiega il Patriarca – deve lasciarsi interrogare dalla ragione, per non cadere nella superstizione o nella strumentalizzazione da parte del potere politico, ma anche la ragione deve sapersi aprire alla dimensione dell’Assoluto”.
In secondo luogo, prosegue, “Benedetto XVI ha ribadito che il contributo particolare delle religioni ‘nella ricerca di pace si fonda primariamente sulla ricerca appassionata e concorde di Dio. Nostro è il compito di proclamare e testimoniare che l’Onnipotente è presente e conoscibile anche quando sembra nascosto alla nostra vista’”.
Il Cardinale evidenzia poi il messaggio di speranza affidato da Benedetto XVI agli abitanti della Terra Santa, specialmente durante la Messa celebrata a Betlemme, quando ha detto: “Avete le risorse umane per edificare la cultura della pace e del rispetto reciproco che potranno garantire un futuro migliore per i vostri figli. Questa nobile impresa vi attende. Non abbiate paura!”.
“Il volto delicato ed intenso con cui il Papa, in ginocchio davanti alla fenditura in cui fu conficcata la croce di Gesù, più che chiudere questo pellegrinaggio, apre per tutti gli uomini di buona volontà una strada efficace per sciogliere il nodo mediorientale”, scrive poi.
“I semplici la sapranno certo trovare. I potenti di questo mondo vorranno imparare dalla mite energia costruttiva di Benedetto XVI?”, si chiede infine il Cardinale Scola.