GAZA, lunedì, 18 maggio 2009 (ZENIT.org).- Quando è terminata l’Operazione Piombo Fuso, lanciata da Israele a gennaio contro Gaza, migliaia di famiglie sono rimaste senza cibo, acqua potabile, alloggio e accesso alle cure sanitarie.
Per far fronte a questa grave crisi, Caritas Gerusalemme ha lanciato un appello d’emergenza per raccogliere 1,5 milioni di euro, ricevendone alla fine 1,4 milioni. Il 48,1% del progetto è già stato avviato per aiutare la popolazione.
Caritas Gerusalemme, con il sostegno dei suoi partner, è riuscita a raggiungere quasi 10.000 famiglie, fornendo cibo, kit igienici, coperte di lana e assistenza d’emergenza.
Secondo Amira Hass, giornalista israeliana di “Ha’aretz”, “Israele permette che arrivino nella Striscia di Gaza solo cibo, medicinali e detergenti. Migliaia di oggetti, compresi prodotti fondamentali per la vita quotidiana, sono proibiti”.
“In tutto – ha raccontato – possono entrare nella Striscia solo 30-40 oggetti commerciali, rispetto ai 4.000 che erano già stati approvati prima della chiusura imposta da Israele a Gaza dopo il rapimento di Gilad Shalit”, un soldato franco-israeliano catturato dai palestinesi.
Una protesi per riprendere a vivere
Come parte della risposta d’emergenza, Caritas Gerusalemme, con l’aiuto dell’Artificial Limbs & Polio Centre – un centro pionieristico per le protesi – fornirà protesi a quanti sono rimasti vittime di tiri incrociati e hanno perso uno o più arti. Caritas Gerusalemme aiuterà 100 pazienti che hanno già iniziato il trattamento. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, queste persone dovranno attendere finché le loro ferite saranno guarite, e solo in seguito potranno ricevere le protesi.
Ciascuno di loro ha una storia da raccontare. Ali, 36 anni, ha la gamba destra amputata dal primo giorno della guerra a Gaza. Già gli era stato amputato un braccio, perso a causa di un missile nel 2007. Grazie al sostegno della Caritas, Ali riceverà una nuova protesi.
L’aspetto più straordinario della storia di quest’uomo è dato dalla sua tolleranza e dal suo buonumore, che fanno sì che voglia vivere e cercare di condurre una vita normale. E’ padre di 8 figli ed è pronto a tornare al lavoro per sostenere la sua famiglia.
“Le mie ferite hanno rallentato il mio corpo, ma non hanno intaccato il mio spirito – ha confessato –; anche se perdo tutti miei arti, continuerò a lavorare e cercherò di vivere al massimo la mia vita”.
Hazem Al Shawa, manager dell’Artificial Limb & Polio Centre, ha affermato che quello di Ali “è uno dei casi più rari che io abbia mai visto. Penso che camminerà da subito normalmente con l’arto artificiale”.
“Ali è pronto a tornare a lavoro, anche su una sedia a rotelle. Vuole continuare a sfamare la sua famiglia”, ha affermato Mervat Naber, che guida il Dipartimento Sociale di Caritas Gerusalemme. “E’ riuscito a superare il trauma e cerca di condurre una vita normale”.