Pasqua: questo è l’amore di Gesù!

di padre Angelo del Favero*  

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ROMA, venerdì, 15 maggio 2009 (ZENIT.org).- “Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”(Gv 15, 9-12).

Nell’opera “Cammino di perfezione”, santa Teresa di Gesù, fondatrice del Carmelo Teresiano (1515-1582), descrive le caratteristiche dell’amore perfetto, che definisce “una copia di quello che ebbe per noi il vero Amante Gesù (cap.7, n. 1).

Continua Teresa: “E’ bello osservare quanto questo amore sia ardente, quante lacrime faccia versare, quante penitenze, quante preghiere, quante sollecitudini faccia prendere per raccomandare la persona amata a tutti quelli ritenuti graditi a Dio. L’anima che ne è presa desidera che la persona amica progredisca continuamente,  e inconsolabile è il suo dolore quando non la vede avanzare. Se dopo aver in lei constatato un miglioramento, osserva che ritorna un po’ indietro, le pare di non avere più pace. Sia che mangi o che dorma, è in continua angustia per timore che ella si perda e si debbano per sempre separare. La morte temporale non la tocca, perché non sa attaccarsi ad una vita che svanisce al minimo soffio, senza che alcuno valga a trattenerla. Il suo amore, insomma, è superiore ad ogni ombra di interesse: non vuole e non desidera che di vedere la persona amica carica di tesori celesti. Ecco in cosa consiste il vero amore, e non già nelle misere affezioni della terra!”  (cap. 7, n.1).  

La santa di Avila scrive anzitutto per le sorelle del monastero, ma il suo messaggio sull’amore reciproco è rivolto oggi ai credenti di tutto il mondo, essendo stata proclamata “Dottore della Chiesa”, nel 1970.

In questa VI Domenica di Pasqua continua il discorso sul significato e sugli effetti del “rimanere” in Gesù, e se ho pensato a Teresa per commentarlo non è stata Teresa a suggerirmelo. Ho infatti riconosciuto il ritratto del suo “Cammino” nel volto di una giovane mamma, da me ascoltata in confessionale alcuni mesi fa, il cui amore per la figlia mi è sembrato veramente “una copia di quello che ebbe per noi il vero Amante Gesù”.   

In lei si dimostra quello che Pietro oggi annuncia alla casa di Cornelio: “Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (At 10,34-35).

Si tratta del fatto che il cristianesimo non riguarda solo i “puri”, gli eredi giudei della Prima Alleanza, ma è aperto ai pagani come il centurione romano e la sua famiglia, sui quali discende lo Spirito di Dio, con il suo Amore e la sua Vita, prima che Pietro li battezzi. Tradotto alla luce del “rimanere” in Gesù significa che Dio dona il suo amore perfetto non solo ai santi canonizzati, come la grande Teresa, ma anche alle persone comuni, come, ad esempio, una povera mamma affranta da un indicibile dolore, che ho conosciuto qualche settimana fa, dopo il terremoto degli Abruzzi.

Cominciò così il suo racconto: “Mia figlia ha un nome luminoso, anche se ora la sua vita è tenebrosa. Si chiama Chiara. Fin da bambina l’ho educata nella fede. Le parlavo di Gesù mostrandole i fiori del giardino e indicandole gli uccelli del cielo: era Lui che li vestiva e li nutriva, come una mamma fa con i suoi piccoli, come io facevo con lei. Le dicevo che anche la Mamma di Gesù aveva insegnato a lui questa meravigliosa verità, perché Gesù, da piccolo, non sapeva tutto e doveva crescere nella conoscenza della cose, quelle che, come Dio, aveva creato. Mi ascoltava incantata.

Così ho accompagnato Chiara all’incontro con il suo Gesù, la festa della sua prima Comunione. La sua gioia è ancora nei miei occhi, da anni ormai pieni di lacrime.

E’ successo che Chiara, dopo aver incontrato tanto bene per mezzo mio, ha incontrato il male in una compagnia di ragazzi, che a poco a poco l’ha stravolta. Con orrore vedevo offuscarsi la luce dei suoi occhi e intuivo che aveva perduto la sua purezza. Il suo volto radioso e limpido divenne irriconoscibile, come se avesse raddoppiato o triplicato i suoi anni, caricandoli delle più dolorose ed infelici esperienze. Divenne aggressiva anche verso di me, che invano cercavo di aiutarla a ritrovare la serenità di un tempo. Mi rimproverava gridandomi addosso che l’avevo violentata educandola nella ‘mia’ fede. Ora aveva aperto gli occhi ed odiava quel mondo inventato dai preti, falso ed ipocrita come i loro discorsi e come tutti quelli che riescono a convincere.

Ascoltavo ed ogni volta ascolto affranta, come sotto un bombardamento da cui non posso e non voglio fuggire, perché non voglio perderla. Scosse violentissime di terremoto che accumulano macerie e macerie sopra l’anima mia, e non muoio. E non voglio morire.  

Non ho mai perso la speranza di venire un giorno esaudita nelle mia suppliche di mamma angosciata, perchè non ho mai provato risentimento verso mia figlia che ormai ha preso ad insultarmi continuamente, con occhi carichi d’odio.

Anzi, padre, le dico una cosa: più mia figlia dice di odiarmi e più io sento di amarla!”.

Dall’altra parte della grata, udendo queste ultime parole, per lunghi secondi sono rimasto in stupefatto silenzio, pensando: questo è l’amore di Gesù!

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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