di fr. Mauro Persici, O.P.
BOLOGNA, mercoledì, 13 maggio 2009 (ZENIT.org).- Papa Giovanni Paolo II parlava di “silenziosa apostasia”. Il Card. George Pell, Arcivescovo di Sidney, ha denunciato senza mezzi termini “l’intimidazione e l’emarginazione nei confronti dei cristiani”. Padre Bernardo Cervellera ha evidenziato “un abbandono tout court della fede cattolica”.
E’ tutto vero. Drammaticamente vero. Ma non solo nei luoghi, ove per la propria fede, si perde la vita. Anche nell’Occidente “democratico”, aperto a tutto, fuorché al senso religioso. Ed ancor meno alla testimonianza cattolica, bollata come nuova forma di “integralismo” e di “reazione”.
Tutto questo è emerso con chiarezza nel corso del convegno sul tema “Rosario e martirio oggi” promosso dal Movimento Domenicano del Rosario e svoltosi il 25 aprile presso il Santuario di San Luca, a Bologna.
Particolarmente rilevante è stato il messaggio di saluto, giunto dal Vicepresidente del Parlamento Europeo, on. Mario Mauro, che è, tra l’altro, anche rappresentante personale della presidenza dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) per la promozione della tolleranza e la lotta al razzismo e alla xenofobia, con particolare riferimento alla discriminazione dei cristiani.
L’europarlamentare ha scritto che la “discriminazione, non è una mera ipotesi, ma è già purtroppo una triste realtà”, presente in “diverse forme”, o “intenzionali, quando motivata da un’effettiva avversione ai cristiani” o “non intenzionali, quando leggi nazionali apparentemente neutrali diano vita a trattamenti ineguali verso i cristiani”. Da qui l’invito ad una chiara denuncia di tali atti, ovunque essi avvengano.
A chiarire cosa siano i “laogai” ha provveduto Antonello Brandi, Presidente della Laogai Foundation Italia, saggista ed attivista per i diritti umani in Cina e Tibet.
Pochi sanno individuarli come l’equivalente cinese dei gulag comunisti e dei lager nazisti. Torture e pena di morte comprese. Con una sola differenza: che gulag e lager sono stati chiusi da tempo, mentre i laogai -circa 1.400- sono in funzione tutt’oggi e sono anzi in continuo aumento, vi si recludono “gli oppositori politici” -senza disdegnare metodi quali “lavaggio del cervello”, “autocritica” e “indottrinamento”, così da poter contare su di “un’enorme forza lavoro a costo zero”, anche 18 ore al giorno pro capite.
A vantaggio di chi? “Unicamente – ha dichiarato Brandi – del Partito Comunista Cinese e di interessi speculativi presenti in Occidente”, che riescono così ad abbattere i costi e a vincere la concorrenza sui mercati. Nel silenzio generale da parte della comunità e della stampa internazionali.
Sconosciuto il numero dei detenuti: è segreto di Stato… Tranne uno, uno di loro è noto: si tratta di Harry Wu, arrestato nel 1960, quand’era solo uno studente universitario di Geologia. Fu rilasciato nel 1979, riuscì a trovare scampo negli Stati Uniti nel 1985 e da là a condurre una battaglia per i diritti umani e civili a favore dei propri compatrioti. Il Partito Comunista ha incarcerato tutti i suoi parenti. Tranne sua madre, che ha preferito suicidarsi.
Duro, preciso e documentato l’atto di accusa mosso dal Presidente Brandi al convegno di Bologna: “Decine di migliaia le esecuzioni capitali ogni anno, vendite di organi e di cadaveri plastinati, aborti forzati, distruzione di massa delle chiese”.
Il Partito Comunista Cinese dal 1947 perseguita la Chiesa Cattolica, nel 1956 ha creato l’Ufficio degli Affari Religiosi, nel 1957 ha fondato la “Chiesa Patriottica Nazionale”, da sempre sotto il suo stretto controllo con un unico obiettivo: strappare fedeli a Roma, disobbedire al Papa – considerato alla stregua di un “invasore” straniero –, azzerare una presenza missionaria di secoli.
Ecco i Cardinali, i Vescovi, i religiosi ed i laici incarcerati per interi decenni nei laogai, ecco le migliaia di martiri cristiani, eppure l’annuncio del Vangelo resiste, mai la voce della Chiesa si è spenta: “Ad oggi sarebbero 11 milioni i cattolici ufficiali”, ha spiegato Brandi, definendoli meritatamente “veri cattolici”. Ma almeno altri dieci milioni sfuggono ai conteggi di Stato.
Giacomo De Antonellis, giornalista Rai, storico, scrittore e saggista, dopo aver ricordato i 120 martiri cinesi santificati da Papa Giovanni Paolo II, ha abbozzato un excursus storico della Cina, dove oggi dovrebbe sussistere una politica religiosa tollerante nei confronti di tutte le fedi, purché siano poste “sotto la guida del Partito Comunista Cinese”
Ma la realtà è ben diversa dalle apparenze, come dimostrano il trattamento riservato ai cattolici o ad esponenti di movimenti quali quello del Falun Gong.
Nella sessione pomeridiana del convegno, è stato ricordato il recente rapporto sulla libertà religiosa che l’associazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che Soffre” annualmente stila, rapporto in cui si evidenzia quanti pericoli la Chiesa Cattolica corra nel mondo non solo nei Paesi dominati dal comunismo, bensì anche in quelli sotto l’egida islamica.
Per questo, il moderatore del convegno, il giornalista Mauro Faverzani, ha letto e lasciato alla personale riflessione alcune recenti dichiarazioni fatte pubblicamente da autorevoli esponenti musulmani quale quella dell’europarlamentare tedesco di origine turca Vural Öger, secondo cui: “Ciò che Solimano ha iniziato con l’assedio di Vienna nel 1683, noi lo porteremo a termine con i nostri abitanti, con il potere dei nostri uomini e donne”.
Ed ancora, l’ex-Presidente turco Erbakan, che disse ad un giornalista tedesco: “Lei pensa che noi turchi musulmani veniamo qui solo per lavoro e per raccogliere le briciole del vostro denaro. No, veniamo per assumere il controllo del vostro Paese e per mettervi radici e in seguito costruire ciò che riteniamo appropriato, e tutto questo con il vostro consenso e secondo le vostre leggi”.
Per non dimenticare quanto riportato da mons. Giuseppe Germano Bernardini, che, nel corso di un incontro sul dialogo islamo-cristiano, sentì con le proprie orecchie un autorevole personaggio musulmano rivolgersi così ai partecipanti cristiani: “Grazie alle vostre leggi democratiche, vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose, vi domineremo”.
Non meno problematica ormai la presenza cristiana in Occidente, come ha ricordato De Antonellis, citando le parole dell’Arcivescovo Dominique Mamberti, che per primo parlò esplicitamente di “cristianofobia”, cioè di avversione verso chi si proclami cristiano: “Esiste una violenza perniciosa, sottile – ha affermato De Antonellis – che gli Stati laici, massoni ed anticlericali esercitano, anche a livello inconscio, tuttavia pervicace.
“Quanto si dice contro i cristiani viene ritenuto ‘libera opinione’; quanto viceversa si dice contro le altre religioni è considerato un’offesa alla sensibilità altrui”. Due pesi due misure, insomma. Per le vignette contro Maometto, tutti indignati. Contro Papa Ratzinger pare che, invece, tutto sia permesso.
“La Corte di Cassazione ha definito le bestemmie un’espressione di libera scelta – ha proseguito De Antonellis – la dissacrazione dilaga nelle scuole, dove par sacrilegio ricordare le festività religiose”.
I casi “da antologia” non mancano: “I sette ragazzi, che bruciano il Crocifisso, forse avranno un cinque in condotta”. Per non parlare del remake dell’Ultima Cena leonardiana in un’orgia omosessuale, di Alfred Hrdlicka, esposta al Museum di Bolzano, o della rana crocefissa con un boccale in mano.
Inoltre: “I cristiani in Sudan stanno per essere eliminati etnicamente da una minoranza – ha affermato De Antonellis –, in Iraq stanno fuggendo, in Libano da maggioranza stanno diventando sempre meno, in Nigeria ed in Turchia c’è il r
ischio del riprsitono della legge islamica”.
“Dobbiamo mobilitarci – ha sottolineato Brandi –, poiché la Chiesa è sempre aumentata e cresciuta sotto le persecuzioni. Perciò – paradossalmente – questo è il tempo opportuno…”
A smuovere definitivamente gli incerti hanno provveduto le parole di Tatiana Ivanovskaia, nipote un sacerdote ortodosso, bruciato vivo nella sua chiesa di S. Pietroburgo ai tempi della rivoluzione comunista in Russia.
La moglie e i due figli fecero in tempo ad allontanarsi, grazie all’aiuto dato loro dai cristiani, ma per sfuggire alla terribile persecuzione, le loro strade dovettero dividersi, ciò che fu motivo di grande sofferenza. La donna non resse alla crudele morte del marito ed al precipitare degli eventi: decedette poco dopo.
I fratelli crebbero invece lontani l’uno dall’altro, senza aver notizie. Uno di loro, mutato il cognome di famiglia nell’attuale, Ivanovskaia, per evitare che qualcuno potesse scoprire le sue origini, divenne prima militare, poi ambasciatore. Ma Stalin riuscì comunque a sapere ch’era figlio del sacerdote ucciso e decise di farlo fucilare, mentre si trovava ricoverato in ospedale.
Provvidenzialmente, avvisato della cosa, riuscì a fuggire ferito ed a far nuovamente perdere le proprie tracce, rifugiandosi in Kazakistan, dove trovò un posto come operaio. Il suo maggior timore era che i suoi figli perdessero la fede in una nazione laica, passata sotto comunismo ed islam estremista, senza più missionari – espulsi – e con i cristiani perseguitati ed esclusi dal mondo del lavoro.
Tutt’altro. Il primo motivo, per cui Tatiana desiderò lasciare al più presto quel Paese, fu proprio quello di non potervi esprimere apertamente il proprio senso religioso.
Per questo decise di raggiungere l’Italia. Dove si rese ben presto conto che non erano tutte rose e fiori, anzi. A suo avviso, la nostra identità culturale e cristiana, oggi “tiepida” e minacciata, versa in una situazione di “grande pericolo”.
“Per questo – ha dichiarato la signora Ivanovskaia – ogni battezzato deve farsi apostolo, senza timori, senza vergogne, e convertire”.
“Noi abbiamo avuto una grave malattia: il Sessantotto”, ha commentato a questo punto Brandi. “Per questo ora dobbiamo lavorare sui giovani, se vogliamo guarire la nostra civiltà”. Trovando nelle armi della fede la migliore medicina. Ciò, che ha convinto, incoraggiato e motivato i tanti presenti al Convegno di Bologna.