Il Papa denuncia il “tragico” muro di separazione in Terra Santa

Esorta israeliani e palestinesi a spezzare “il ciclo delle aggressioni”

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di Roberta Sciamplicotti

BETLEMME, mercoledì, 13 maggio 2009 (ZENIT.org).- “In un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte”, “è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri”. E’ quanto ha affermato Benedetto XVI questo mercoledì pomeriggio visitando l’Aida Refugee Camp, situato poco a nord di Betlemme, che ospita 5.000 rifugiati palestinesi, musulmani e cristiani.

Anche se l’ambiente era assai diverso da quello degli incontri che ha avuto in questi giorni, visto che il Campo si trova a ridosso del muro di separazione eretto dagli israeliani, il Papa ha ricevuto come sempre una calorosa accoglienza. Sui muri spiccavano infatti scritte colorate in arabo e in inglese che davano il benvenuto al Pontefice, mentre da più parti sventolavano bandierine vaticane e palestinesi.

L’incontro si è svolto nel campo di basket di una delle scuole dell’Aida Camp, nato nel 1948 e che ha visto un nuovo afflusso di rifugiati dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, passando da una tendopoli a una vera e propria cittadina, anche se mancano servizi basici come l’ospedale.

In questa situazione drammatica, Benedetto XVI ha voluto compiere un gesto di solidarietà concreta donando ai rifugiati del Campo 50.000 euro, che verranno utilizzati per costruire tre nuove aule per la scuola maschile.

Il Papa è stato accolto con uno spettacolo di una compagnia di danza e canto palestinese. Un gruppo di ragazze e ragazzi ha eseguito musiche e balli tradizionali, avvicinandosi poi per stringere la mano al Pontefice e alle autorità civili presenti accanto a lui sul palco

Il Papa vicino ai profughi

Nel suo discorso, pronunciato alla presenza di autorità civili, militari e religiose, il Papa ha voluto esprimere in primo luogo la propria “solidarietà a tutti i Palestinesi senza casa, che bramano di poter tornare ai luoghi natii, o di vivere permanentemente in una patria propria”.

“Siate certi che tutti i profughi Palestinesi nel mondo, specie quelli che hanno perso casa e persone care durante il recente conflitto di Gaza, sono costantemente ricordati nelle mie preghiere”, ha dichiarato mentre soffiava una brezza leggera, rinfrancante dopo il forte caldo che ha caratterizzato gli incontri della mattinata.

Nei giorni in cui si commemora il 61° anniversario della “nakba”, cioè la “tragedia” palestinese della privazione della propria terra, il Papa ha confessato di comprendere i sentimenti della popolazione.

“Quanto le persone di questo campo, di questi Territori e dell’intera regione anelano alla pace!”, ha esclamato.

“Voi ora vivete in condizioni precarie e difficili, con limitate opportunità di occupazione. È comprensibile che vi sentiate spesso frustrati. Le vostre legittime aspirazioni ad una patria permanente, ad uno Stato Palestinese indipendente, restano incompiute. E voi, al contrario, vi sentite intrappolati, come molti in questa regione e nel mondo, in una spirale di violenza, di attacchi e contrattacchi, di vendette e di distruzioni continue”.

“Tutto il mondo desidera fortemente che sia spezzata questa spirale, anela a che la pace metta fine alle perenni ostilità”, ha affermato.

La tragedia del muro di separazione

Il Papa ha quindi ammesso “la dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere giunti i contatti tra israeliani e palestinesi – il muro”.

Da entrambe le parti, ha dichiarato, “è necessario grande coraggio per superare la paura e la sfiducia, se si vuole contrastare il bisogno di vendetta per perdite o ferimenti. Occorre magnanimità per ricercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati”.

“La soluzione a lungo termine ad un conflitto come questo non può essere che politica”, ha riconosciuto, sottolineando che “nessuno s’attende che i popoli palestinese e israeliano vi arrivino da soli”, per cui “è vitale il sostegno della comunità internazionale”.

Gli sforzi diplomatici, ad ogni modo, “potranno avere successo soltanto se gli stessi palestinesi e israeliani saranno disposti a rompere con il ciclo delle aggressioni”.

“Continuo a pregare perché tutte le parti in conflitto in questa terra abbiano il coraggio e l’immaginazione di perseguire l’esigente ma indispensabile via della riconciliazione”, ha concluso.

La visita del Papa, fonte di speranza

Nel suo saluto al Papa, il responsabile dell’Aida Camp ha ricordato come la Santa Sede abbia sempre sostenuto la causa palestinese, difendendo i diritti della sua popolazione, e ha auspicato che la visita di Benedetto XVI possa favorire una soluzione giusta e duratura al conflitto.

La presenza del Pontefice, ha aggiunto, invita a “rafforzare lo spirito di resistenza” per chiedere la difesa dei propri diritti, di fronte a un muro che “blocca gli orizzonti”.

Il Presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ha ringraziato dal canto suo il Papa per il suo “gesto generoso” di visitare il Campo, denunciando lo “strangolamento” provocato dal muro di separazione e chiedendo che la Santa Sede si adoperi per favorire il rilancio dei negoziati per la pace, soprattutto l’applicazione della Road Map.

Il Pontefice ha poi ricevuto due doni, frutto del lavoro degli artigiani locali: una scatola finemente intarsiata e contenente una stola con decori simbolici, come la stella a ricordare la stella di Betlemme, e una mappa dei Territori palestinesi.

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ZENIT Staff

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