di Paolo Tanduo
MILANO, martedì, 12 maggio 2009 (ZENIT.org).- In occasione dell’Anno Paolino, il Centro Culturale “Alle Grazie” della comunità domenicana della Basilica di Santa Maria delle Grazie di Milano, il Centro Culturale Cattolico San Benedetto, la Fondazione Vittorino Colombo e il Coordinamento regionale dei Centri Culturali Cattolici della Lombardia hanno organizzato la mostra su San Paolo “Sulla via di Damasco. L’inizio di una vita nuova”.
La mostra è stata esposta dal 26 marzo al 19 aprile tutti i giorni presso la Sagrestia del Bramante della Basilica di santa Maria delle Grazie. Il Centro “Alle Grazie” e il Centro San Benedetto hanno predisposto e garantito migliaia di visite guidate.
Cinquanta volontari coordinati da Luca Tanduo e Paolo Tanduo (www.cccsanbenedetto.it) e padre Venturelli, tra cui studenti di liceo e universitari, si sono preparati partecipando a tre incontri formativi.
In totale hanno visitato la mostra circa 15.000 persone, compresi 50 gruppi tra cui scuole e gruppi parrocchiali. Sono state anche garantite visite guidate in inglese per i molti turisti stranieri di passaggio a Santa Maria Delle Grazie.
La mostra ha avuto il contributo dell’assessorato alla cultura del Comune di Milano, del Consiglio di zona 1, della Provincia, della consigliera regionale Dal Masso e del presidente del Consiglio Comunale Palmeri. I ringraziamenti vanno estesi anche al consigliere Fidanza e ai consiglieri CdZ1 Rognoni e Venturi, al vicepresidente della Provincia Mattioli e a Marcello Menni. della Fondazione Vittorino Colombo.
Oltre alla mostra sono stati organizzati e preparati insieme a monsignor Luciano Baronio tre incontri culturali: nel primo, sul tema “San Paolo, un uomo nuovo” sono intervenuti monsignor Franco Giulio Brambilla, che ha portato un saluto della Diocesi, Eugenio Dal Pane, direttore editoriale di Itaca, e monsignor Antonio Pitta, ordinario di Nuovo Testamento che ha aperto il suo intervento ricordando come S.Paolo distingua fra popolo di Dio, che rimane Israele e sul quale si innesta la fede dei gentili, e il corpo di Cristo, che è l’insieme dei credenti, ebrei e pagani.
Ha poi continuato sottolineando come nella visione dell’Apostolo l’essere uno in Cristo venga prima di ogni molteplicità e distinzione carismatica e ministeriale: ogni credente è parte del corpo di Cristo che è la Chiesa, in cui ogni carisma è importante e l’autorità si fonda sui carismi. S. Paolo non ha inventato il cristianesimo, ma ha approfondito la rivelazione di Cristo.
Una delle novità di San Paolo sta nella giustificazione che non deve però essere interpretata nel senso di predestinazione. Oggi anche tra mondo luterano e cattolico si è giunti ad una comune lettura: prima di tutto c’è la fede in Cristo. La salvezza è iniziativa di Dio e dono della sua misericordia, e non una conquista umana di cui l’uomo possa vantarsi davanti a lui. San Paolo afferma che non è la legge che salva, ma la fede in Gesù.
La morale paolina è l’amore come dono. La dimensione etica della vita cristiana scaturisce dalla persona, divenuta “nuova creatura”. Fondamento della nuova etica è il mistero pasquale. L’Antico Testamento non è abbandonato, ma si rilegge e si capisce a partire da Gesù. Non sono le Scritture che rivelano Cristo, al contrario è Cristo che rivela le Scritture.
Nella seconda iniziativa, padre Paolo Garuti (domenicano, biblista, docente di Scienze bibliche presso la Pontificia Università S. Tommaso di Roma e l’École Biblique di Gerusalemme) e monsignor Luigi Padovese, Vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale della Turchia, hanno affrontato il tema “La legge e la libertà”.
Espressioni come “persona” o “dignità personale” rimarrebbero suoni vuoti se non avessero trovato una prima applicazione in teologia e successivamente nell’antropologia. E’ stato infatti dimostrato che nella storia dello spirito occidentale la concezione del Dio rivelata da Cristo appare come uno dei presupposti essenziali della libertà e dello sviluppo dei diritti umani. Uno sviluppo analogo non si constata nell’ambito culturale di altre religioni.
Cristo ha acceso la lotta per il riconoscimento della dignità e libertà umana proprio a partire dalla “parentela” intrecciata da Dio con l’uomo e rafforzata in Cristo. L’idea di libertà oggi è talmente esposta a fraintendimenti da indurre a credere che la crisi dell’Occidente sia una crisi dell’idea di libertà. E’ vera libertà la mancanza di vincoli? O l’autogestione dell’uomo ridotto alla funzione dell’avere? Una tale idea di libertà è certamente riduttiva, perché non rispetta la struttura comunicativa e relazionale dell’uomo.
E’ la libertà dell’individuo, non della persona. Gesù è l’uomo libero che libera. Questa libertà/liberazione ha trovato particolare sviluppo nella riflessione di Paolo. Nelle sue lettere l’Apostolo ha dato soluzioni concrete, all’interno di un mondo multietnico e multireligioso, a quesiti precisi che richiedevano una netta presa di posizione.
L’impegno di Paolo è stato quello di tradurre in vita concreta le conseguenze della fede in Cristo, dimostrando che l’eu-anghellion non impone prescrizioni, ma propone gratuitamente una libertà da accogliere e da fare propria. Nello spostare il baricentro da una religiosità che pone al centro l’io dell’uomo anziché il ‘tu’ di Dio, Paolo ci mette in guardia dall’abbaglio di fissarsi su un’immagine di Dio mistificata.
Non era lui, Saulo, che nel nome di Dio perseguitava i cristiani pensando così di dar gloria a Dio? E ancora ai nostri giorni non vediamo terroristi che fanno stragi nel nome di Dio? Tutto questo mostra quali implicazioni pratiche si abbiano nel riferirsi a Dio misurandolo con un metro umano. Nell’incontro con Cristo, l’Apostolo ha inteso che l’amore costituisce il primo e più importante principio della fede cristiana, nella persona viva e liberante come Gesù Cristo, capace di orientare in una nuova direzione tutte le proprie energie umane ed anche i propri valori religiosi di origine.
Secondo Paolo, il “devi” è diventato un “voglio”. Paolo mette in luce un doppio aspetto: l’uomo non può liberarsi da solo, ma abbisogna di un redentore e la libertà è un dono e il fine della sua azione salvifica.
Libertà, responsabilità e amore del prossimo sono perciò inseparabili. L’uso della libertà è sempre finalizzato al bene? E’ libertà lasciarsi vincere dall’impulso del momento? E’ sempre utile l’esercizio della libertà? Serve al bene della comunità? La libertà ad ogni costo può essere segno di immaturità e di infantilismo, mentre l’amore è sempre segno di vita adulta e responsabile. Paolo ci ricorda che possiamo essere liberi da e liberi di, se anzitutto siamo liberi in Cristo, cioè liberi innestati nell’amore.
Nella terza serata il tema è stato “Lettera ai Romani: il Vangelo per la metropoli”. Sono intervenuti Maria Grazia Mara, nota biblista, che ha riletto la Lettera ai Romani partendo dalla lettera di Diogneto, e monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni che ha sviluppato la tematica evidenziando come dalle lettere di Paolo traspaia l’importanza della testimonianza del cristiano nella metropoli e nel mondo, e come al centro di questa testimonianza ci sia l’amore per l’altro.