“Giustizia” e “misericordia”, bussola per i credenti nell'unico Dio

Visita di Benedetto XVI alla “Cupola della Roccia”

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di Mirko Testa

GERUSALEMME, martedì, 12 maggio (ZENIT.org).- I fedeli delle tre grandi religioni monoteistiche hanno il compito di spendersi per l’edificazione di un modo di pace, guidati dalla giustizia e dalla misericordia che discendono dall’unico Dio.

E’ quanto ha detto, questo martedì mattina, Benedetto XVI nell’incontrarsi con importanti esponenti della comunità musulmana nell’edificio “al-Kubbah al-Nahawiyya”, che si trova sulla Spianata delle Moschee.

Anche Giovanni Paolo II visitò il 26 marzo 2000 la Spianata delle Moschee, però rispetto al suo predecessore Benedetto XVI ha avuto l’opportunità questa volta di varcare la soglia della “Cupola della Roccia” (detta anche Moschea di Omar), accompagnato dal Gran Mufti di Gerusalemme Muhammad Ahmad Husayn, sunnita, considerato la suprema autorità giuridica islamica a Gerusalemme e del popolo arabo-musulmano in Palestina.La “Cupola della Roccia”, costruita fra il 687 e il 691, è il più antico monumento islamico in Terra Santa. E’ stato stato eretto dove, secondo la tradizione, sorgeva il tempio di Salomone, distrutto nel 70 d.C. sotto l’impero di Tito.

In questo luogo, ha detto il Papa, “le vie delle tre grandi religioni monoteiste mondiali si incontrano, ricordandoci quello che esse hanno in comune. Ciascuna crede in un solo Dio, creatore e regolatore di tutto”.

L’area infatti “al-Haram al-Sharif” (Nobile Santuario), su cui sorge la Moschea di Omar è un suolo sacro per le tre religioni monoteistiche abramitiche.

I musulmani ritengono che la “roccia” al centro della moschea sia il punto da cui Maometto sarebbe asceso al cielo (la stessa su cui Abramo avrebbe offerto Ismaele in sacrificio a Dio). Per gli ebrei è terra sacra in quanto sede del Tempio di Salomone. Per i cristiani ricorda le numerose visite di Gesù al Tempio e le sue dispute con i sacerdoti e altri episodi della sua vita pubblica.

“In un mondo tristemente lacerato da divisioni – ha aggiunto –, questo sacro luogo serve da stimolo e costituisce inoltre una sfida per uomini e donne di buona volontà ad impegnarsi per superare incomprensioni e conflitti del passato e a porsi sulla via di un dialogo sincero finalizzato alla costruzione di un mondo di giustizia e di pace per le generazioni che verranno”.

Il punto di partenza, ha indicato, deve essere la fede nell’Unico Dio, “infinita sorgente della giustizia e della misericordia”.

“Coloro che confessano il suo nome – ha detto – hanno il compito di impegnarsi decisamente per la rettitudine pur imitando la sua clemenza, poiché ambedue gli atteggiamenti sono intrinsecamente orientati alla pacifica ed armoniosa coesistenza della famiglia umana”.

Da qui, ha incoraggiato il Santo Padre, discende il pressante appello a lavorare per “l’unità dell’intera famiglia umana”.

“L’indiviso amore per l’Unico Dio e la carità verso il nostro prossimo diventano così il fulcro attorno al quale ruota tutto il resto”, ha continuato.

“Questa è la ragione perché operiamo instancabilmente per salvaguardare i cuori umani dall’odio, dalla rabbia o dalla vendetta”, ha aggiunto il Papa.

“Impegniamoci a vivere in spirito di armonia e di cooperazione, dando testimonianza all’Unico Dio mediante il servizio che generosamente ci rendiamo l’un l’altro”, ha infine concluso.

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ZENIT Staff

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