Radiografia dell'insegnamento della religione nelle scuole europee

A Strasburgo una riunione su educazione cattolica e libertà religiosa

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di Patricia Navas

STRASBURGO, mercoledì, 6 maggio 2009 (ZENIT.org).- L’insegnamento della religione nella scuola incontra difficoltà culturali e giuridiche in alcuni Paesi d’Europa, anche se nella maggioranza di essi questo insegnamento viene impartito in qualche forma.

Lo segnala il rapporto “L’Insegnamento della religione: una risorsa per l’Europa”, presentato il 4 maggio nella sede del Consiglio d’Europa di Strasburgo in una riunione sull’educazione cattolica e la libertà religiosa in Europa promossa dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE).

Lo studio indica che in quasi tutti i Paesi europei c’è qualche forma di insegnamento della religione. Fanno eccezione la Bulgaria, la Bielorussia e gran parte della Francia.

In Bulgaria ci sono pochi cattolici e per questo è molto difficile organizzare un corso di religione.

In Bielorussia la Chiesa ortodossa sta studiando, con il Ministro dell’Istruzione, la possibilità di introdurre un corso di educazione ortodossa nella scuola, mentre la Chiesa cattolica ha presentato un programma per corsi volontari di religione.

Nel caso della Francia, lo studio si riferisce all’Alsazia e alla Mosella come le uniche regioni del Paese in cui l’insegnamento della religione nelle scuole non incontra ostacoli rilevanti.

L’educazione religiosa nel resto delle Nazioni segue due formule principali: una basata sul modello della scienza delle religioni, gestita direttamente dallo Stato, l’altra relativa all’insegnamento della religione con contenuto professionale, in cui la Chiesa ha un ruolo attivo.

L’insegnamento della religione con contenuto professionale rappresenta il modello predominante in Europa. In Polonia, ad esempio, l’insegnamento della religione è opzionale e confessionale ed è seguito dal 95,1% degli studenti.

Il Italia, il 91,6% degli alunni studia religione. Il Rapporto segnala nel Paese “attacchi all’educazione religiosa provenienti da aree radicali e laiciste che vogliono la sua soppressione”.

Su questo problema, il responsabile del Servizio per l’insegnamento della religione cattolica della CEI, don Vincenzo Annicchiarico, ha spiegato a Strasburgo che “le Chiese locali constatano che a volte esiste in Europa un clima sfavorevole alla religione, caratterizzato anche dal mettere in discussione la sua presenza legale nei programmi scolastici e, in un contesto più generale, da una cultura che considera la religione come qualcosa di privato”.

Il segretario generale della CEI, monsignor Mariano Crociata, ha segnalato presentando lo studio che “l’insegnamento della religione offre un prezioso contributo alla conoscenza e alla comprensione della tradizione culturale dell’Occidente che, nella sua lunga storia, è stata profondamente caratterizzata dal cristianesimo”.

Studiare religione “porta a confrontarsi con le grandi questioni dell’uomo, il suo rapporto con Dio, con l’ambiente e con il mondo che lo circonda”, ha aggiunto.

Per monsignor Crociata, la Chiesa può contribuire con l’insegnamento della religione nella scuola “alla costruzione della nuova Europa e allo sviluppo di una piena cittadinanza europea”.

Cittadinanza che, secondo monsignor Crociata, si ottiene “con la conoscenza delle tradizioni e dell’identità che ha caratterizzato il nostro continente e che oggi si intreccia sempre di più con altri, nel contesto di un’Europa plurale, multiculturale e multireligiosa”.

Il Rapporto presentato è una radiografia della situazione dell’insegnamento della religione nelle scuole d’Europa.

Raccoglie i risultati di una ricerca svolta tra il 2005 e il 2007 da delegati di 33 Conferenze Episcopali, promossa dal CCEE con la collaborazione della Conferenza Episcopale Italiana.

La riunione del 4 maggio ha incluso una tavola rotonda sulle istituzioni europee e sull’insegnamento della religione, a cui era prevista la partecipazione di rappresentanti ecclesiali e di politici, come il Commissario europeo per l’Educazione e la Cultura, Jan Figel, la direttrice generale per l’Educazione, la Cultura e il Patrimonio, la Gioventù e lo Sport del Consiglio d’Europa, Gabriella Battani Dragoni, e il vicepresidente del Parlamento Europeo, Mario Mauro.

Il dibattito è giunto alla conclusione che l’insegnamento della religione deve essere considerato in Europa un diritto e un servizio prezioso – con garanzie istituzionali e giuridiche stabili – per lo sviluppo di una società più civile e solidale.

Prima di questo dibattito, il presidente del CCEE e primate d’Ungheria, il Cardinale Péter Erdő, ha sottolineato in un discorso l’importanza dell’educazione religiosa nella crisi attuale.

“In un’epoca in cui molti percepiscono i segnali di una crisi, non solo economica o finanziaria, ma soprattutto di valori e del senso della vita, l’educazione religiosa può svolgere un ruolo decisivo”, ha affermato.

“Per questo, la Chiesa ha il dovere di continuare a educare i giovani, facendo tutto il possibile per dare loro un’educazione di alto livello – ha aggiunto -. Se la religione è connaturata alla vita degli uomini, il suo insegnamento deve essere presente lì dove si educa, e quindi nella scuola e in tutti i forum del mondo attuale”.

Nel suo intervento, intitolato “Educazione religiosa e formazione dell’uomo e del cittadino europeo”, il Cardinale ha affermato: “Crediamo che le religioni in generale e il cattolicesimo in particolare diano alla vita una prospettiva nuova e un orizzonte più ampio, e la rendano più umana e capace di generare una società più solidale e piena di speranza”.

L’Arcivescovo di Esztergom-Budapest ha anche chiesto rispetto per la libertà religiosa in Europa e ha denunciato l'”idea laicista che pretende di imporre la sua concezione sulla religione affermando che questa deve rimanere nell’ambito privato”.

In questo senso, ha dichiarato che “l’insegnamento della religione è in primo luogo un diritto dei giovani e delle loro famiglie”, ma anche “un diritto e una responsabilità delle religioni che devono poter proporre e offrire questo servizio”.

Per il porporato, “il diritto alla libertà religiosa comporta il diritto di esprimere liberamente la propria identità e di manifestare la propria fede senza trascurare il rispetto per quanti professano altre religioni o si dichiarano atei”.

Come invitato speciale, l’osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, monsignor Aldo Giordano, ha pronunciato alcune parole all’inizio della riunione.

Una volta terminata, ha dichiarato ai microfoni della “Radio Vaticana” che dopo anni di sfiducia c’è un rinnovato interesse per il fatto religioso.

“Si riscopre che la religione è un fatto politico, che ha un’importanza per la società e per la politica e qui troviamo un’ambiguità – ha spiegato -: da un lato si vede che la religione è usata per difendere atteggiamenti violenti, come hanno dimostrato gli attentati dell’11 settembre 2001, ma allo stesso tempo c’è una coscienza sempre maggiore del valore determinante della religione per la pace, la solidarietà e la convivenza tra le popolazioni”.

Dall’altro lato, monsignor Giordano ha sottolineato l’urgenza crescente, in Europa, di risposte sul senso della vita: “Non dobbiamo dimenticare che, almeno in 15 Paesi europei, il suicidio è la causa principale di morte tra i giovani”, ha avvertito.

L’osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa ha sottolineato tre ragioni che giustificano l’insegnamento della religione nella scuola attualmente: in primo luogo la religione è una scienza, e come tale ha diritto ad essere presente nel curriculum scolastico.

In secondo luogo, si tratta di una materia studiata da un gran numero di scienze, forse come nessun’altra. A questo proposito, monsignor Giordano ha citato ad esempio la Storia delle religioni, la Psicologia delle religioni, la Sociologia delle religioni, la Fenomenologia delle religioni, la Filosofia delle religioni e
la Teologia, tra le altre.

“Per la dimensione fortemente educativa della scuola è importante comprendere il legame tra educazione, formazione e religione”, ha aggiunto.

Allo stesso modo, ha sottolineato la necessità di capire come conciliare l’insegnamento confessionale con il pluralismo religioso dell’Europa attuale.

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ZENIT Staff

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