MILANO, giovedì, 26 marzo 2009 (ZENIT.org).- Si è svolto a Milano il 25 febbraio scorso l’incontro organizzato dal Centro culturale San Benedetto (www.cccsanbenedetto.it) sul tema “La persona al centro della crisi economica”.
Introducendo la prof.ssa Simona Beretta, Ordinario all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Paolo Tanduo, del Gruppo Giovani del Movimento per la Vita Ambrosiano, ha domandato se in questo periodo di crisi finanziaria è davvero il capitalismo ad essere responsabile dei nostri problemi odierni.
“Se con ‘capitalismo’ si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta alla domanda iniziale è certamente negativa”, ha spiegato la Beretta.
“Infatti – ha aggiunto – non si può scindere l’economia dall’etica e dalla libertà dell’uomo come ha detto anche in un intervista al Corriere della Sera il presidente della Banca Popolare di Milano Roberto Mazzotta”.
Ha scritto Mazzotta: “Non esiste un’economia libera senza un’etica. Quando l’etica non c’è, l’economia cessa di essere libera e probabilmente cessa pure d’essere un’economia….Se nella ricerca delle cause ci fermiamo ai dettagli tecnici dimentichiamo la cosa più importante: l’economia è nelle mani dell’uomo e della sua autonomia”.
Simona Beretta ha illustrato come la finanza funzioni come un contratto e che “nel mondo della finanza si possono anche prendere scorciatoie, prestando e prendendo a prestito dentro relazioni anonime, ‘di mercato’, appiattite sul presente, con controparti che si intende abbandonare velocemente quando il vento cambia direzione”.
“La tentazione della scorciatoia – ha aggiunto – è forte perché sembra permettere di fare i propri affari in tutta libertà, senza creare legami stabili con nessuno: una finanza ‘liquida’ per una società liquida’”.
Al contrario, ha ricordato la Beretta citando il recente discorso del Papa al Collège des Bernardins, durante il suo viaggio apostolico in Francia, “sarebbe fatale, se la cultura di oggi potesse comprendere la libertà ormai solo come la mancanza totale di legami”.
“Almeno nel mercato finanziario – è la sua tesi – abbiamo la prova provata che la ‘libertà’ di comprare e vendere rischi finanziari su un mercato anonimo che non chiede l’impegno dei legami, alla lunga, si è davvero rivelata fatale”.
I facili guadagni, che l’anarchia del mercato apre a tutti, allettano moltissimi allo scambio e alla vendita, con la promessa e con l’ansia di fare guadagni pronti e con minima fatica, la sfrenata speculazione fanno salire e abbassare i prezzi secondo il capriccio e l’avidità, con tanta frequenza, che mandano fallite tutte le sagge previsioni dei produttori.
Ossia, ha precisato la Beretta: “quando si offusca negli operatori la consapevolezza della natura e del significato del fare finanza, la finanza smette di perseguire il suo scopo, essere il ponte fra risparmi e investimenti, e si autocondanna al fallimento nel medio e lungo periodo”.
Il rischio, ha sottolineato la docente della Cattolica, è “una scienza economica separata dalla legge morale; e per conseguenza alle passioni umane si lasciò libero il freno. Quindi avvenne che in molto maggior numero di prima furono quelli che non si diedero più pensiero di altro che di accrescere a ogni costo la loro fortuna”.
A conclusione del suo intervento, dopo aver sottolineato anche le conseguenze dell’attuale crisi economica e delle precedenti speculazioni sui prezzi delle materie prime (generi alimentari e petrolio in particolare) sui paesi in via di sviluppo, Beretta ha posto la domanda: “Cosa può voler dire nell’attuale crisi finanziaria, che è certamente la crisi di un sistema di potere economico, politico e culturale, la centralità dell’integrale sviluppo della persona, del lavoro umano nel suo pieno significato?”.
La sua risposta è stata quella di rimandare al lavoro di chi fa intermediazione finanziaria, nella sua forma più semplice richiamandone cosi il vero significato e le potenzialità e cioè: raccoglie risparmi che devono essere prontamente disponibili ai depositanti che li ritirino, da un lato; dall’altro, individua impieghi del risparmio stesso “scommettendo” sulla capacità dell’imprenditore di realizzare la sua opera, crescere, restituire.
Quando si “scommette” ciascuno confida nell’abilità dell’altro. Questa è una finanza “generativa”: sostiene imprese, opere, occasioni di lavoro; fa anche profitti, forse non mirabolanti, ma non virtuali.
Paolo Pugni, Amministratore delegato di Adwice (Società di consulenza direzionale) e autore dei libri “Lavoro&responsabilità” e “Leader con l’anima”, ha precisato che “Sempre più di frequente le aziende parlano di etica, di codice di condotta, di valori. Perché ne hanno bisogno: da un lato per riconquistare la fiducia di mercati ed investitori, dopo gli scandali di inizio millennio, dall’altro perché si sono rese conto che la dimensione che oggi conta per fare affari è quella relazionale, umana, diretta”.
Pugni ha spiegato che una delle prime regole del marketing è “non dare mai ad un prodotto un nome che possa apparire ripugnante ai clienti”.
Ora, ci sono stati anni recenti dove profumi di marca si chiamavano “Egoiste” e “Arrogance”.
“Evidentemente perché egoismo e arroganza erano percepiti come valori – ha aggiunto –. Oggi vedo comparire, nei principi e nei valori di molte aziende, la parola umiltà: un bel cambiamento, no?”.
L’autore di “Leader con l’anima” ha sottolineato come la centralità della persona, la risorsa umana quale valore determinante è una recente riscoperta del mondo economico.
“Essere veramente buoni rende – ha sostenuto -, aumenta la fiducia necessaria al buon andamento dell’economia. L’esigenza è di ripartire dalla persona. Infatti, se non so chi è l’uomo, tutto l’impegno etico della nuova economia è come privo di fondamenta”.
Per Pugni insomma, “investire sulla persona, sulle sue capacità, sulla sua creatività e rimettere al centro l’etica, è la via per rispondere alla crisi”.