Cardinale Sarr: contro l'Aids in Africa serve educazione

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 24 marzo 2009 (ZENIT.org).- Per combattere l’Aids in Africa è necessaria soprattutto l’educazione, ha dichiarato il Cardinale senegalese Théodore-Adrien Sarr alla “Radio Vaticana”.

Il porporato, Arcivescovo di Dakar, ha ricordato come dal 1995 in Senegal, su richiesta dell’allora Presidente Abdou Diouf, le comunità religiose cristiana e musulmana si siano impegnate nella lotta contro l’Aids.

“Abbiamo detto che avremmo potuto predicare, esortare in favore dell’astinenza e della fedeltà e l’abbiamo fatto, sia i cristiani che i musulmani. E se oggi il tasso di contagio dell’Aids rimane basso in Senegal, penso che sia grazie alle comunità religiose che hanno insistito sulla morale e sui comportamenti morali”, ha spiegato.

“Siccome non credo che il profilattico possa debellare l’Aids, penso che rimanga veramente valido il nostro appello all’astinenza e alla fedeltà e quindi ai valori morali e all’osservanza dei costumi sessuali”.

Anche se ha riconosciuto che in alcuni Paesi del continente africano potrebbero esserci delle difficoltà “perché ci sono usanze diverse”, il porporato sostiene che “in ogni caso è necessario sapere che l’Africa è variegata e che ci sono delle società africane che conoscono molto bene il concetto dell’astinenza, della fedeltà e che lo coltivano” e che “è necessario aiutarle a continuare a coltivarlo”.

Quanto al Senegal, ha confessato di temere che “se si iniziassero a distribuire dosi massicce di profilattici ai nostri giovani questo non li aiuterebbe e sarebbe più difficile controllarsi e rimanere fedeli fino al matrimonio”.

“Penso che aiutare la gente attraverso l’educazione, ad imparare lo sforzo di controllarsi, rimanga un contributo valido per la prevenzione dell’Aids”, ha commentato.

Secondo il Cardinale Sarr è “un peccato che, invece di riflettere su come il Papa è stato accolto e su tutto quello che ha vissuto con le popolazioni del Camerun e dell’Angola, alcuni media abbiano messo l’accento quasi esclusivamente sulla questione del profilattico e dell’aborto”.

“In questo viaggio ci sono state cose belle che è necessario trasmettere e invece alcuni non hanno trovato niente di meglio da fare che alimentare polemiche”, che peraltro “sono state gonfiate, sovradimensionate rispetto al resto del contenuto” della visita papale.

A questo proposito, il Cardinale ha dichiarato che “diventa sempre più necessario che l’Occidente e gli occidentali smettano di pensare che soltanto loro siano depositari della verità, che soltanto quello che loro concepiscono come modo di vedere e di fare, sia valido”.

Quanto a lui, il porporato ha detto che ciò che rimarrà nella sua mente del viaggio papale è che “se il Papa ha sollevato questi due problemi dell’aborto e dei profilattici, forse è stato per ricordare sia a noi africani e in special modo a noi Vescovi d’Africa che pensare con la nostra testa e per noi stessi è meglio; vivere il Vangelo ed i valori del Vangelo per promuoverli da noi stessi, quei valori che ci sembrano sempre nostri”.

“In ogni caso, io mi sono impegnato a lavorare perché noi possiamo esprimerci e dimostrare che abbiamo modi di vedere e di agire che sono validi, anche se sono diversi da quelli che alcuni propongono”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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