LUANDA, lunedì, 23 marzo 2009 (ZENIT.org).- La predicazione di Cristo da parte di chi lo ha scoperto e ha verificato che senza di Lui “la vita è incompleta” è un dovere, ha affermato Benedetto XVI questo sabato nella chiesa di San Paolo a Luanda.
Il Papa ha celebrato l’Eucaristia con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i movimenti ecclesiali e i catechisti dell’Angola e di São Tomé, ai quali nella sua omelia si è rivolto come ai suoi “compagni di giornata nella vigna del Signore”.
“Di questa vi occupate con cura quotidiana preparando il vino della Misericordia divina e versandolo poi sulle ferite del vostro popolo così tribolato”, ha osservato, soffermandosi a ricordare, nell’Anno Paolino, l’incontro dell’Apostolo delle Genti con Gesù sulla via verso Damasco.
“Cristo gli appare come luce abbagliante, gli parla, lo conquista. L’Apostolo ha visto Gesù risorto, ossia l’uomo nella sua statura perfetta – ha affermato -. Quindi si verifica in lui un’inversione di prospettiva, ed egli giunge a vedere ogni cosa a partire da questa statura finale dell’uomo in Gesù: ciò che prima gli sembrava essenziale e fondamentale, adesso per lui non vale più della ‘spazzatura’; non è più ‘guadagno’ ma perdita, perché ora conta soltanto la vita in Cristo”.
“Non si tratta di semplice maturazione dell”io’ di Paolo, ma di morte a se stesso e di risurrezione in Cristo: è morta in lui una forma di esistenza; una forma nuova è nata in lui con Gesù risorto”, ha aggiunto.
“Affrettiamoci a conoscere il Signore risorto!”, ha esortato il Papa, ricordando che “Gesù, uomo perfetto, è anche il nostro vero Dio” e “in Lui, Dio è diventato visibile ai nostri occhi, per farci partecipi della sua vita divina”.
In questo modo, ha sottolineato, “viene inaugurata con Lui una nuova dimensione dell’essere, della vita, nella quale viene integrata anche la materia e mediante la quale sorge un mondo nuovo”.
Benedetto XVI ha ricordato che è attraverso la fede e il Battesimo che questo “salto di qualità della storia universale che Gesù ha compiuto al nostro posto e per noi” raggiunge concretamente l’essere umano, “permeando la sua vita e trascinandola verso l’Alto”.
“Mediante questo nostro essere cristificato per opera e grazia dello Spirito di Dio, pian piano si va completando la gestazione del Corpo di Cristo lungo la storia”, ha proseguito, ricordando che nei secoli scorsi l’Angola costituì il primo regno cristiano sub-sahariano, che vide la coesistenza di due etnie molto diverse, quella banta e quella lusiade (per via della colonizzazione portoghese), che “hanno potuto trovare nella religione cristiana una piattaforma d’intesa, e si sono impegnate poi perché quest’intesa durasse a lungo e le divergenze – ce ne sono state, e di gravi – non separassero i due regni”.
“Oggi spetta a voi, fratelli e sorelle, sulla scia di quegli eroici e santi messaggeri di Dio, offrire Cristo risorto ai vostri concittadini”, ha detto Benedetto XVI ai religiosi presenti.
“Se noi siamo convinti e abbiamo fatto l’esperienza che, senza Cristo, la vita è incompleta, le manca una realtà – anzi la realtà fondamentale -, dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli diamo la possibilità di trovare, in questo modo, anche la sua vera autenticità, la gioia di avere trovato la vita – ha dichiarato -. Anzi, dobbiamo farlo, è un obbligo nostro offrire a tutti questa possibilità di raggiungere la vita eterna”.
“Aiutiamo la miseria umana ad incontrarsi con la Misericordia divina”, ha esortato, sottolineando che Cristo “si affida a noi, ci consegna il suo Corpo nell’Eucaristia, ci affida la sua Chiesa”, e per questo “dobbiamo essere davvero suoi amici, avere un solo sentire con Lui, volere ciò che Egli vuole e non volere ciò che Egli non vuole”.