CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- La necessità di promuovere una cultura della pace e il ruolo delle religioni per raggiungere questo obiettivo sono stati al centro dell’incontro annuale tra il Comitato Congiunto per il Dialogo del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e il Comitato Permanente dell’Università al-Azhar per il Dialogo tra le Religioni Monoteistiche del Cairo (Egitto), svoltosi a Roma il 24 e il 25 febbraio.
L’incontro del Comitato Congiunto, istituito nel 1998, è stato presieduto dal Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano, e dal professor Cheikh Ali Abd al-Baqi Shahata, segretario generale dell’Accademia per la Ricerca Islamica di al-Azhar.
La delegazione cattolica era composta anche dall’Arcivescovo Pier Luigi Celata, segretario del Pontificio Consiglio vaticano, da monsignor Khaled Akasheh, responsabile per l’islam del dicastero, e dal dottor Bernard Sabella, professore associato emerito di Sociologia dell’Università di Betlemme.
La delegazione di al-Azhar era invece composta dal prof. Cheikh Ala’ al-Din Muhammad Isma’il al-Ghabashi, imam della moschea di Roma, e dal prof. Cheikh Hamdi Muhammad Dasouqi al-Atrash, imam della moschea di Ostia.
I membri delle due delegazioni hanno ascoltato la presentazione del tema “La promozione di una pedagogia e di una cultura della pace con particolare riferimento al ruolo delle religioni” dal punto di vista dei cattolici, da parte del dottor Bernard Sabella, e degli islamici, da parte di Cheikh Ali Shahata.
La discussione, spiega la Dichiarazione finale dell’incontro, diffusa questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede, si è svolta “in uno spirito di rispetto reciproco, apertura e amicizia”, basandosi sulla “convinzione dell’importanza delle buone relazioni tra cristiani e musulmani e del loro contributo specifico alla pace nel mondo”.
I partecipanti, rende noto il testo, hanno concordato su vari aspetti, iniziando dal fatto che “la pace e la sicurezza sono estremamente necessarie nel nostro mondo attuale, caratterizzato da molti conflitti e da un senso di insicurezza”.
Cristiani e musulmani, inoltre, “considerano la pace un dono di Dio e, allo stesso tempo, il frutto di uno sforzo umano. Nessuna pace vera e duratura può essere raggiunta senza giustizia ed eguaglianza tra le persone e le comunità”.
In questo contesto, “i leader religiosi, soprattutto musulmani e cristiani, hanno il dovere di promuovere una cultura della pace, ciascuno nella propria comunità, principalmente attraverso l’insegnamento e la predicazione”.
Tale cultura, osservano, “dovrebbe permeare tutti gli aspetti della vita: formazione religiosa, istruzione, rapporti interpersonali e le arti nelle loro varie forme”.
A questo scopo, si sottolinea, i libri scolastici dovrebbero essere rivisti per accertare che non contengano “materiale che possa offendere i sentimenti religiosi di altri credenti, a volte attraverso l’errata presentazione di dogmi, morali o storia di altre religioni”.
La Dichiarazione ricorda anche il ruolo e la responsabilità dei media nella promozione di “relazioni positive e rispettose tra i fedeli delle varie religioni”, così come, “riconoscendo lo stretto legame tra pace e diritti umani”, si osserva che nel corso dei colloqui è stata riservata “particolare attenzione alla difesa della dignità della persona umana, soprattutto per quanto riguarda la libertà di coscienza e di religione”.
Allo stesso modo, un’attenzione particolare deve essere riservata ai giovani, “il futuro di tutte le religioni e della stessa umanità”, perché “siano protetti dal fanatismo e dalla violenza, e diventino costruttori di pace per un mondo migliore”.
“Memori delle sofferenze subite dalle popolazioni del Medio Oriente a causa di conflitti irrisolti, i partecipanti, nel rispetto della competenza dei leader politici, chiedono di far uso, mediante il dialogo, delle risorse del diritto internazionale per risolvere i problemi nella verità e nella giustizia”, conclude il testo.
“Grati a Dio Onnipotente per gli abbondanti frutti di questo incontro”, i partecipanti hanno deciso di incontrarsi la prossima volta al Cairo il 23 e il 24 febbraio 2010.
Parlando ai microfoni della “Radio Vaticana”, il Cardinale Jean-Louis Tauran ha spiegato che l’atmosfera dell’incontro “è stata particolarmente cordiale”, sostanzialmente per il numero ristretto di partecipanti, che ha fatto sì che “nascessero conversazioni spontanee in un clima di grande fiducia vicendevole”.
“Noi abbiamo insistito sul fatto che, in quando capi religiosi, è nostro compito educare i giovani all’incontro tra le culture e le persone; abbiamo sottolineato il fatto che i mezzi di comunicazione sociale dovrebbero rendere una visione positiva e rispettosa delle relazioni tra i fedeli delle diverse religioni; abbiamo anche insistito sul legame che esiste tra la pace e i diritti umani, nello specifico la difesa della dignità della persona umana e dei suoi diritti, soprattutto per quanto riguarda la libertà di coscienza e di religione e in particolare ci siamo riferiti alla questione del cambiamento di religione”, ha rivelato il porporato.
“Tutto questo lo abbiamo situato nel quadro della situazione internazionale, in particolare nel Medio Oriente, situazione che è sempre tesa a causa dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese”, ha aggiunto, osservando di aver chiesto ai responsabili politici “di fare il possibile affinché attraverso il dialogo siano esplorate tutte le risorse del diritto internazionale al fine di risolvere questo problema, nella verità, nella giustizia e in maniera pacifica”.
Il porporato si è detto “rattristato” per il fatto che la riunione del novembre scorso non abbia avuto, “da parte della stampa araba, uno spazio soddisfacente nell’informazione”.
“Il problema fondamentale, secondo me, è che il miglioramento delle relazioni, l’atmosfera in cui si svolgono queste conversazioni ad alto livello, non riesce ancora ad avere un impatto sulle masse musulmane: questo, secondo me, è il grande problema”, ha commentato.