Benedetto XVI: alla radice della crisi economica vi è l'egoismo

Durante l’incontro con i parroci e i sacerdoti di Roma

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ROMA, venerdì, 27 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Le ragioni profonde della crisi economica vanno rintracciate nell’egoismo. E’ quanto ha detto Benedetto XVI durante il tradizionale incontro di inizio Quaresima con i parroci e i sacerdoti della diocesi di Roma, svoltosi giovedì mattina 26 febbraio, nell’Aula della Benedizione.

Nell’incontro durato quasi due ore e caratterizzato da un clima familiare, il Papa ha risposto ad otto domande affrontando temi come: la formazione dei presbiteri, l’importanza del primo annuncio, l’emergenza educativa, l’azione caritativa, il ruolo del parroco nella società di oggi, il valore della liturgia nella vita del cristiano, il significato del ministero del Vescovo di Roma, la Parola di Dio e il Concilio Vaticano II.

Dopo il discorso tenuto dal nuovo Cardinale vicario, Agostino Vallini, il Papa – secondo quanto riferito dalla “Radio Vaticana” – ha risposto ad un sacerdote della zona periferica di Tor Bella Monaca, dove si fa particolarmente sentire la crisi economica, accennando alla sua prossima Enciclica sociale e ribadendo che la Chiesa ha il dovere di denunciare i fallimenti del sistema economico-finanziario senza ricorrere a moralismi.

La Chiesa, ha detto il Papa, è chiamata a “denunciare questi errori fondamentali che si sono adesso dimostrati nel crollo delle grandi banche americane – ha detto –: l’avarizia umana è idolatria che va contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro dio – Mammona; dobbiamo denunciare con coraggio ma anche con concretezza, perché i grandi moralismi non aiutano se non sono sostenuti dalla conoscenza della realtà, che aiuta anche a capire che cosa si può in concreto fare!”.

A livello microeconomico, invece, il Pontefice – secondo quanto riferito da “L’Osservatore Romano” – ha ricordato che i grandi progetti di riforma non possono realizzarsi compiutamente senza un cambiamento di rotta individuale. Se non ci sono i giusti – ha ammonito – non ci può essere neanche la giustizia.

Da qui l’invito a intensificare il lavoro umile e quotidiano della conversione dei cuori: un lavoro – ha evidenziato il Papa –  che coinvolge soprattutto le parrocchie. La cui attività, alla fine, non è limitata solo alla comunità locale ma si apre all’intera umanità.

Il Papa ha quindi esortato il clero romano a unire gli studi di teologia con l’esperienza concreta per tradurre la Parola di Dio all’uomo di oggi. Non dobbiamo perdere la semplicità della Verità, ha detto ancora, che non può essere assimilata ad una filosofia.

Benedetto XVI ha poi posto l’accento sul ruolo del parroco che, ha affermato, come nessun altro conosce l’uomo nella sua profondità, al di là dei ruoli che ricopre nella società.

“Per l’annuncio abbiamo bisogno dei due elementi: testimonianza e parola – ha detto –. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale, ma è necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia”.

“E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede”.

 Il Pontefice ha quindi affrontato il tema dell’emergenza educativa, sottolineato il compito dei sacerdoti fin dall’oratorio di offrire ai giovani una formazione umana integrale.

Successivamente, ha ribadito che oggi viviamo in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico. Per questo, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede. Aprirsi dunque alla cultura del nostro tempo, ma indicando criteri di discernimento.

Nell’incontro non sono mancati momenti simpatici come quando un parroco del quartiere della Casilina ha declamato un sonetto in romanesco per celebrare la prossima visita di Benedetto XVI in Campidoglio.

“Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia – ha detto il Papa –. E’ molto bello sentire un po’ di romanesco e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali …”.

Nel colloquio con il clero romano, il Papa ha anche parlato della liturgia ribadendo che imparare a celebrare significa conoscere Gesù Cristo, entrare in contatto con Lui. La Liturgia, è stata la sua riflessione, deve sempre più essere il cuore del nostro essere cristiani.

Il Pontefice ha quindi indicato la peculiarità della Chiesa di Roma, chiamata a presiedere nella Carità. Un dono, ha affermato, che riguarda tutti i fedeli di Roma. Il ministero petrino, ha poi aggiunto, deve garantire l’unità e la ricchezza della Chiesa, prevenendo ogni assolutizzazione ed escludendo ogni particolarismo.

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ZENIT Staff

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