ROMA, giovedì, 4 settembre 2008 (ZENIT.org).- In occasione del 60° anniversario dalla fondazione (1948-2008), l’Associazione Biblica Italiana (ABI) terrà la XL Settimana Nazionale Biblica sul tema: “Processo esegetico ed ermeneutica credente: una polarità intrinseca alla Bibbia”.

L’incontro si svolgerà a Roma, dall’8 al 12 settembre 2008, nella prestigiosa sede del Pontifico Istituto Biblico.

Innumerevoli i biblisti che parteciperanno al convegno. In apertura anche una tavola rotonda che vedrà un confronto tra monsignor Bruno Forte, ArciVescovo di Chieti-Vasto, e il filosofo Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia.

L’incontro assume un particolare significato anche in prospettiva della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà a Roma dal 5 al 26 ottobre 2008, e che ha per tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

Per avere un'idea più chiara del contenuto e delle questioni che verranno sollevate nella settimana biblica, ZENIT ha intervistato monsignor Ermenegildo Manicardi, coordinatore della Settimana Biblica Nazionale 2008, membro del Consiglio di Presidenza dell'Associazione Biblica Italiana, professore alla Facoltà Teologica dell’Università Gregoriana e Rettore dell’Almo Collegio Capranica di Roma.

Perché avete scelto un tema così complesso per l'incontro?

Mons. Manicardi: Confesso che si tratta di un tema molto ambizioso. Il raffinato sviluppo delle scienze bibliche può portare ad un estraniamento degli studiosi professionisti dal resto della gente. I non addetti ai lavori si possono stancare ascoltando cose tecniche di cui non colgono la rilevanza. Si arriverebbe allora ad una specie di ‘morte per specializzazione’ e i biblisti, invece di far parlare e vivere la Bibbia, la soffocherebbero.

E’ necessario ricordare agli studiosi che, assolutamente senza fare sconti dal punto di vista della serietà scientifica, non devono perdere il rapporto con la comunità credente e con la normalità della gente. E’ vero che anche ad alcuni esegeti andrebbe ripetuto, come insegnava Alonso Shoekel, ‘condividi il risultato non la fatica’.

In questo senso i biblisti non devono dimenticare che se loro sono i responsabili del ‘Processo esegetico’ esiste anche ‘un’ermeneutica credente’ che entra nel processo complessivo della comprensione concreta delle Scritture.

L’ermeneutica credente non è appannaggio di nessuno, anche se il magistero nella Chiesa cattolica ha il compito irrinunciabile di garantire la validità di determinati sviluppi interpretativi.

Più in profondità la settimana vuole ricordare che lo studio del processo esegetico non può raggiungere l’oltre della Parola di Dio, che sta anche al di là del versetto, perché essa per definizione trascende anche il testo ispirato in cui si è incarnata. Fare soltanto esegesi dei versetti significherebbe al massimo preparare, ma non ancora giungere al vero dialogo che il Dio vivente cerca con l’uomo anche di oggi.

E’ un compito molto difficile per gli esegeti. Credo, però, che si debba tentare di dire qualcosa, anzi qualcosa di più di quanto non accada a tutt’oggi. Su questo versante la settimana è aperta sul Sinodo. Se troveremo qualcosa di interessante non mancheremo di dirlo agli italiani presenti al Sinodo perché lo usino per la Chiesa mondiale.

Quali considerazioni può fare l’ABI sulla formazione biblica in Italia?

Mons. Manicardi: La formazione biblica dei credenti è diventata un obiettivo importante, in particolare da quando la liturgia in italiana ha messo i partecipanti alle celebrazioni davanti ad una abbondante scelta di testi dei Vangeli e della Bibbia. Tale ricca possibilità di scelta vuole dire anche incontro con testi difficili, di non comprensione immediata anzi, talvolta scandalosi come le pagine che sembrano presentare un Dio violento e vendicativo. Se si vuole che, senza perdere il senso del mistero e dell’adorazione (elemento per il quale si sta ritornando più sensibili), la liturgia sia anche un nutrimento del cuore e del pensiero, occorre diffondere una competenza di lettura biblica ancora più ricca.

E sul ruolo degli esegeti italiani?

Mons. Manicardi: La loro presenza è molto incisiva soprattutto nella formazione accademica universitaria, ma ha anche grande rilievo nell’aggiornamento del clero più volonteroso. Normalmente è molto sereno il clima del raccordo ecclesiale. Non ci sono fratture di rilievo tra gli esegeti ‘professionisti’ e il resto della comunità credente. Molti Vescovi, gli altri teologi, i fedeli anche semplici amano, apprezzano e cercano le competenze dei Biblisti. Nelle strutture accademiche laiche del nostro paese l’apporto dello specialista biblico è richiesto molto spesso ed è rispettato.

In che modo lo studio della Bibbia potrebbe aiutare il progresso della società italiana?

Mons. Manicardi: Da una parte aiuta a capire meglio il nostro patrimonio culturale e artistico. L’arte italiana nasce anche dal rapporto con la Scrittura, che è stata ‘il grande codice’ in alcuni dei suoi momenti migliori come nel medioevo, nel rinascimento e nel barocco.

Dall’altra parte la Bibbia compresa in profondità affina la qualità di un uomo e lo apre a un’interculturalità importante. Nella Bibbia confluiscono il patrimonio religioso ebraico, la lingua greca raffinata ad Alessandria d’Egitto per tradurre le Scritture ebraiche, i primi tentativi di inculturazione presenti negli scritti del Nuovo Testamento. Chi contatta la Bibbia viene a trovarsi di fronte a grandissimi snodi della cultura umana e impatta avvenimenti storici decisivi.

Un vero lettore della Bibbia non sarà mai un ottuso fondamentalista. Chi crede che Dio ha scelto dei linguaggi umani per incarnare in essi il suo comunicarsi agli uomini, accetta l’importanza delle culture umane per Dio e quindi imparerà a stare molto attento a non escludere ciò che è prezioso anche se straniero per lui. Al tempo stesso imparerà a distinguere, dentro i testi ispirati, la parola di Dio eterna (quindi capace di parlare anche a noi oggi) dal rivestimento umano in cui ci è stata comunicata, che è per definizione limitato e contingente benché portatore dell’eterno.

E’ questa dialettica che è decisiva non solo per l’alta teologia, ma per la formazione credente anche dei non intellettuali. A volte ho l’impressione che il rapporto con la Scrittura, mediato nelle liturgie cristiane, possa diventare la nuova Biblia pauperum, ossia il luogo bello dove anche i nuovi «poveri» possono educare il proprio cuore e raffinare lo spirito.

Quali sono i risultati dell’uso delle Scritture nella nuova inculturazione della fede?

Mons. Manicardi: L’attenzione alla Bibbia dice che c’è ancora del cammino da fare e che va fatto oggi dentro questa cultura. Poiché anche la cultura di oggi ha bisogno di interlocutori autorevoli, la Bibbia può esserlo. Diciamo così: un cattolico ‘dogmatico’ fa più fatica ad entrare e ad essere accettato nella dinamica del fare cultura. Sembra troppo sistematico, definitivo, incapace di essere scalfito.

Il credente che nutre la sua fede entro il racconto biblico sarà non necessariamente più liberale, ma certo risulterà più collocato sul passaggio dalla parola divina eterna, che ci viene incontro nel racconto biblico contingente, alla comprensione dell’orizzonte di Dio sul nostro oggi. La Bibbia non è solo ‘un grande codice’ comune, ma è un grande libro di dialogo tra le interpretazioni bibliche che cercano di portare il comunicarsi di Dio dentro le sfide dell’oggi.

L’ABI conta attualmente 750 soci, tra i quali diversi Vescovi. In media ogni anno aderiscono all’ABI da quindici a venti nuovi soci ordinari. I soci aggregati sono circa 150 e operano nel campo della pastorale biblica. Per la loro formazione bibl ica usufruiscono della rivista ‘Parole di Vita’. Ogni anno in tutta Italia l’ABI organizza corsi e settimane di formazione biblica

L’ABI collabora con la CEI tramite l’Ufficio Catechistico Nazionale, settore apostolato biblico (SAB), di cui fanno parte un membro del Consiglio di Presidenza, altri soci ABI, e attraverso ‘Parole di vita’ e le settimane formative, in particolare quella che svolge a La Verna. Collabora inoltre rappresentando i Vescovi italiani nella Federazione Biblica Mondiale, mediante un socio ABI, scelto dal Consiglio di Presidenza.