Cattolici e musulmani sostengono la concordia tra fede e ragione

VI Colloquium a Roma tra un dicastero vaticano e un’organizzazione islamica

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di Roberta Sciamplicotti

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 30 aprile 2008 (ZENIT.org).- Il rapporto tra fede e ragione è stato al centro del sesto Colloquium tra il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e il Centro per il Dialogo Interreligioso dell’Organizzazione per i Rapporti e la Cultura Islamica di Teheran (Iran), celebrato a Roma dal 28 al 30 aprile.

L’incontro si è svolto sotto la presidenza congiunta del Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano, e del dottor Mahdi Mostafavi, presidente dell’Organizzazione islamica.

Hanno integrato la delegazione del Pontificio Consiglio l’Arcivescovo Pier Luigi Celata, l’Arcivescovo Ramzi Garmou, monsignor Khaled Akasheh, monsignor Piero Coda, p. Michel Fédou, S.J., il professor Vittorio Possenti e la dottoressa Ilaria Morali.

La delegazione dell’Organizzazione islamica ha visto invece come membri il dottor Mohammad Jafar Elmi, il dott. Mohammad Masjedjamei, il dott. Abdolrahim Gavahi, il dott. Seyyed Mahdi Khamoushi, il dott. Hamid Parsania, il dott. Rasoul Rasoulipour e Mohsen Daneshmand.

Con l’aiuto di sei documenti presentati da tre esperti per ogni parte, i partecipanti all’incontro hanno esaminato il tema “Fede e Ragione nel Cristianesimo e nell’Islam”, sviluppato attraverso tre sottotemi dal punto di vista cattolico e sciita: “Fede e ragione: quale rapporto?”, “Teologia/Kalam come indagine sulla razionalità della fede” e “Fede e ragione di fronte al fenomeno della violenza”.

Al termine del Colloquium, sottolinea un comunicato congiunto diffuso dalla Santa Sede, i partecipanti si sono trovati d’accordo su alcuni fattori, primo fra i quali il fatto che “fede e ragione sono entrambe doni di Dio all’umanità”.

Allo stesso modo, hanno concordato sull’idea che “non si contraddicono, ma la fede può in alcuni casi essere al di sopra della ragione, e comunque mai contro di essa”.

Le due realtà, aggiungono, “sono intrinsecamente non violente”, anche se “purtroppo a volte si è abusato di entrambe per perpetrare la violenza”. “In ogni caso – dichiarano -, questi eventi non possono mettere in discussione la ragione o la fede”.

Entrambe le parti hanno poi stabilito di “cooperare ulteriormente per promuovere la vera religiosità, in particolare la spiritualità, di incoraggiare il rispetto per i simboli considerati sacri e di promuovere i valori morali”.

I cristiani e i musulmani, hanno osservato i partecipanti all’incontro, “dovrebbero andare al di là della tolleranza accettando le differenze, rimanendo allo stesso tempo consapevoli degli aspetti in comune e ringraziando Dio per questi”.

I credenti delle due religioni sono infatti chiamati al “rispetto reciproco”, condannando la derisione delle credenze religiose.

Parlando di religioni, si riconosce, bisognerebbe inoltre evitare ogni tipo di generalizzazione, senza trascurare “le differenze confessionali tra cristianesimo e islam e la diversità dei contesti storici”.

I partecipanti concordano infine sul fatto che le tradizioni religiose non possano essere giudicate “sulla base di un singolo versetto o brano presente nei loro rispettivi Libri sacri”. Per questo motivo, sostengono “una visione olistica e un adeguato metodo ermeneutico” perché ci sia una loro giusta comprensione.

Cristiani e musulmani, conclude il testo, hanno anche espresso la propria soddisfazione per il livello delle presentazioni e dei dibattiti, così come per l’atmosfera aperta e amichevole che ha caratterizzato il Colloquium.

Al termine dell’udienza generale di questo mercoledì, i partecipanti all’incontro sono stati ricevuti da Benedetto XVI, che si è detto particolarmente soddisfatto della scelta del tema e della sede dell’evento.

Il prossimo Colloquium avrà luogo a Teheran entro due anni, preceduto da un incontro preparatorio.

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ZENIT Staff

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