NEW YORK, domenica, 20 aprile 2008 (ZENIT.org).- Parlando questo sabato ai giovani Benedetto XVI ha spiegato che la libertà deve sempre fondarsi sulla verità per non ripetere la tragica esperienza del nazismo, da lui vissuta in gioventù.

I ragazzi, riuniti nel campo sportivo del seminario di Saint Joseph a New York, ricordando il compleanno del Pontefice festeggiato il 16 aprile, hanno intonato il canto tradizionale del “Tanti auguri” nella sua lingua madre.

“Grazie per questo gesto commovente – ha detto il Papa –; do a tutti voi un 'A plus' (= “Trenta e lode”) per la vostra pronuncia tedesca!”.

Il Vescovo di Roma ha quindi ricordato gli anni della sua giovinezza, “rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era”.

“Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono – ha continuato nel suo discorso pronunciato in inglese e spagnolo –. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore”.

Il Papa ha quindi reso grazie a Dio, “perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani”.

“Ringraziamo Dio – ha proseguito – per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto”.

“Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani”.

Il Pontefice ha quindi rivolto questa domanda ai giovani: “Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana?”.

“C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata”.

“E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza”.

“È ciò che chiamiamo relativismo”, ha affermato, affrontando uno dei temi centrali del suo pontificato.

Tuttavia, si è domandato poi, “che scopo ha una 'libertà' che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio?”.

“La verità non è un’imposizione – ha detto poi – . Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo”.

“È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di 'disimpegno da' - ha concluso -. È una scelta di 'impegno per'; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ 'essere per gli altri' di Cristo”.

Infine, parlando in spagnolo, il Papa ha invitato i presenti a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a Sydney (Australia), dal 15 al 20 luglio prossimo.