BRUXELLES, lunedì, 28 aprile 2008 (ZENIT.org).- Perché la Chiesa comunichi il suo messaggio, deve tener conto di come questo è percepito dagli altri e di come viene presentato dai media, ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali.
L’Arcivescovo Claudio Maria Celli lo ha osservato giovedì intervenendo a Bruxelles allo European Communication Summit. L’incontro di due giorni (24 e 25 aprile) ha riunito professionisti della comunicazione di molti campi ed è stato promosso dall’Associazione Europea dei Responsabili di Comunicazione e dalla rivista Communication Director.
L’Arcivescovo Celli ha iniziato la sua prolusione affermando di essere colpito dall’“idea negativa che la religione venga associata al conflitto” riflessa nel tema del quale gli era stato chiesto di parlare. Il titolo del suo intervento era infatti “Il ritorno delle religioni: comunicare la fede nel 21° secolo”, con tre sottotemi sui conflitti religiosi, la ricerca di significato e come comunicano i leader religiosi.
“E’ importante per tutti noi che siamo coinvolti nell’opera di comunicazione avere una chiara comprensione di ciò che vogliamo dire sulle organizzazioni e dei valori che rappresentiamo”, ha detto.
“E’ altrettanto importante, ad ogni modo, il fatto di avere un’adeguata comprensione di come le nostre organizzazioni o i nostri valori sono visti dagli altri e come vengono presentati dai media”.
Molto spesso, ha osservato, “i nostri sforzi di comunicare non saranno efficaci se non affrontiamo anche i fraintendimenti e le percezioni presenti nella mentalità di coloro ai quali vogliamo rivolgerci”.
Conflitto
L’Arcivescovo ha indicato che uno di questi fraintendimenti è l’associazione della religione con il conflitto.
“Per correttezza, è chiaro che i commentatori più bilanciati indirizzeranno spesso l’attenzione del loro pubblico sul fatto che quelli che sono presentati come ‘conflitti religiosi’ sono in realtà conflitti che possono anche avere dimensioni etniche e politiche”, ha riconosciuto.
Citando le parole di Benedetto XVI, il presule ha affermato che “nonostante le differenze che caratterizzano i vari itinerari religiosi, il riconoscimento dell’esistenza di Dio, a cui gli esseri umani possono arrivare solo partendo dall’esperienza della creazione, deve disporre i credenti a guardare agli altri esseri umani come a fratelli e sorelle”.
“Non è quindi legittimo per nessuno abbracciare la differenza religiosa come presupposto o pretesto per un atteggiamento aggressivo nei confronti di altri esseri umani. […] Quando il senso religioso raggiunge la maturità dà vita a una percezione nel credente per cui la fede in Dio, Creatore dell’universo e Padre di tutti, deve incoraggiare le relazioni di fratellanza universale tra gli esseri umani”.
Tendenze politiche
L’Arcivescovo Celli ha notato anche un altro aspetto: la tendenza a presentare la religione in termini politici.
“Si ha l’impressione che i leader religiosi stiano cercando di imporre i loro punti di vista circa la struttura e l’ordine della società con poca o nessuna tolleranza dei punti di vista differenti”, ha commentato.
Citando la “Deus caritas est”, il presule ha notato come il Papa affermi che la dottrina sociale cattolica “non vuole conferire alla Chiesa un potere sullo Stato. Neppure vuole imporre a coloro che non condividono la fede prospettive e modi di comportamento che appartengono a questa”.
“Ciò non vuol dire che la religione o i credenti non possono contribuire al mondo della politica, ma ricorda ai credenti che devono avere rispetto per la legittima autonomia della politica e del discorso politico”, ha continuato l’Arcivescovo.
“In molti settori, i credenti sono accusati di essere dei ‘fondamentalisti’ e ciò implica che la religione non può avere un posto in una società che cerca di essere pluralista, tollerante e inclusiva”.
“Se l’insegnamento cattolico è rapido nel rifiutare il fondamentalismo, è altrettanto attento ai pericoli del relativismo morale: è il punto di vista per cui non c’è verità per quanto riguarda i valori e che tutti i punti di vista morali sono egualmente accettabili”.
Ricerca della verità
L’officiale vaticano si è quindi concentrato sugli sforzi della Chiesa per comunicare il suo messaggio.
In primo luogo ha richiamato alcune sfide fondamentali per la comunicazione istituzionale.
“E’ fondamentale avere un’idea e un’articolazione chiare dell’identità e della natura dell’istituzione, della sua missione e dei suoi obiettivi”, ha detto l’Arcivescovo. “Spesso è necessario rivedere questi punti di vista fondamentali e rinnovare e rafforzare la loro comprensione e la loro applicazione”.
“In secondo luogo, è ancora più importante essere consapevoli dei rapidi cambiamenti su come i vari pubblici vedono o interpretano l’istituzione e la sua missione. Se noi possiamo capire come siamo, può non essere chiaro ai vari pubblici a cui ci rivolgiamo, anche a quanti sembrano già membri o simpatizzanti dell’istituzione”.
Il presule ha aggiunto che il “gap tra autocomprensione e come siamo percepiti ha bisogno di essere costantemente affrontato per evitare fraintendimenti” e ha riconosciuto che la Chiesa a volte lotta con questa sfida: “Posso dire che a volte nella Chiesa cattolica comunichiamo in ‘analogico’ mentre il mondo si è spostato al ‘digitale’ – quindi ci chiediamo costantemente come colmare questo vuoto e trovare un linguaggio comune per la comunicazione”.
“A volte è importante ricordare che come comunichiamo dice molto su noi stessi”, ha aggiunto riferendosi al successo comunicativo di Papa Giovanni Paolo II, affermando che ha trasmesso la sua immagine anche quando la malattia lo aveva privato della possibilità di parlare.
L’Arcivescovo ha infine sottolineato che “la nostra preoccupazione generale nella comunicazione non è dare una particolare angolazione, ma scoprire e comunicare la verità. Un brano del Vangelo di Giovanni descrive questa comprensione – ‘Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi’ – e offre un aiuto e una guida per affrontare la sfida odierna del lavoro nelle comunicazioni e nei media, una ricerca della verità anche come modo per giungere alla comunione tra individui e popoli”.