Benedetto XVI ai Vescovi delle Antille: siate “messaggeri di speranza”

Udienza al termine della visita “ad Limina Apostolorum”

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di Roberta Sciamplicotti

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 7 aprile 2008 (ZENIT.org).- Essere “messaggeri di speranza” è il compito che Benedetto XVI ha lasciato questo lunedì ai Vescovi della Conferenza Episcopale delle Antille, in occasione della loro visita “ad Limina Apostolorum” al Papa e alla Curia romana.

Nell’incontro, il Papa ha richiamato “l’essenza della speranza che ci definisce cristiani”: “Gesù, che ci indica la via al di là della morte” ed è “l’unico che mostra come vincere le difficoltà e la paura”, “il vero maestro di vita”.

Pieni della luce di Cristo, ha osservato, “anche noi illuminiamo la via che dissipa tutto il male, scaccia l’odio, ci porta la pace e umilia l’orgoglio terreno”.

“L’anima religiosa delle genti della vostra regione è senz’altro capace di grandi cose”, ha detto Benedetto XVI ai Vescovi delle Antille, osservando che “la generosità di cuore e l’apertura della mente testimoniano uno spirito che vuole essere modellato dalla verità e dall’amore di nostro Signore”.

Nonostante questo, ha denunciato, “ci sono molti fattori che cercano di spegnere lo stoppino che brucia debolmente”, e per questo ha auspicato che l’immagine della luce pasquale esorti i presuli nell’affrontare le sfide che hanno espresso nei rapporti presentati al Papa in questi giorni.

“A vari gradi, le vostre coste sono state battute dagli aspetti negativi dell’industria dell’intrattenimento, dal turismo di sfruttamento e dal flagello del traffico di armi e droghe – ha riconosciuto –; influenze che non solo minano la vita familiare e scalzano le basi dei valori culturali tradizionali, ma tendono a influenzare negativamente le politiche locali”.

“Ergetevi come messaggeri di speranza!”, ha esortato il Papa di fronte a queste difficoltà.

“Siate coraggiosi testimoni della luce di Cristo, che dà alle famiglie direzione e scopi, e siate audaci predicatori del potere del Vangelo, che deve permeare il loro modo di pensare, i loro standard di giudizio e le norme di comportamento”, ha aggiunto.

“La vostra testimonianza vivente dello straordinario ‘sì’ di Dio all’umanità incoraggerà i vostri popoli a rifiutare i trend sociali distruttivi e a cercare ‘la fede nell’azione’, abbracciando tutto ciò che genera la nuova vita di Pentecoste”.

Il Santo Padre ha quindi sottolineato il rinnovamento pastorale come compito indispensabile per ciascuna delle Diocesi delle Antille.

“Deve includere sacerdoti, religiosi e laici”, ha commentato, spiegando che di fondamentale importanza è anche “l’instancabile promozione delle vocazioni, insieme alla guida e alla formazione continua dei presbiteri”.

Di fronte al declino delle vocazioni, il Papa ha fatto appello alle comunità religiose, incoraggiandole a “riaffermare la loro chiamata con fiducia e, guidate dallo Spirito Santo, a proporre di nuovo ai giovani l’ideale della consacrazione e della missione”.

Parlando ai Vescovi francofoni, il Papa ha poi esortato a “sostenere il matrimonio e la vita familiare, prima fonte di coesione all’interno delle comunità”.

A tal riguardo, ha ricordato che può avere un ruolo di rilievo l’ampia rete di scuole cattoliche, che aiuterà i giovani a capire che “spetta a loro contribuire allo sviluppo economico e sociale della regione, perché si tratta di una dimensione fondamentale della loro testimonianza cristiana”.

“I buoni giovani cristiani diventano buoni cittadini”, ha rilevato.

“Offro queste riflessioni per sostenervi nel vostro desiderio di intensificare la chiamata alla testimonianza e all’evangelizzazione che deriva dall’incontro con Cristo”, ha concluso il Pontefice rivolgendosi ai Vescovi delle Antille. “Andate avanti nella speranza!”.

Nel suo saluto al Pontefice, il Presidente della Conferenza Episcopale delle Antille, monsignor Lawrence A. Burke, Arcivescovo di Kingston (Giamaica), ha sottolineato che quello della regione è “un popolo dalla fede salda, che sempre loda e rende grazie a Dio, anche quando vive nel bisogno e nella estrema povertà. È paziente, amorevole e caritatevole pur sperando oltre ogni speranza”.

Nonostante questo, monsignor Burke ha spiegato che “la memoria collettiva e la psiche” del popolo “sono molto segnate”.

“La colonizzazione della regione iniziò con lo sterminio di quasi tutta l’originaria popolazione indigena”, e “la stragrande maggioranza del nostro popolo possiede antenati che furono brutalmente costretti a lasciare le proprie famiglie in Africa, soffrirono i trattamenti indegni e le umiliazioni legati al passaggio intermedio e furono deportati come schiavi nelle piantagioni della regione”.

Tutto ciò “ha avuto effetti profondamente negativi sull’idea e sull’accettazione di sé con conseguenze devastanti sulla vita familiare e sulle vocazioni”, situazione peggiorata oggi “da tutta la dilagante cultura di promiscuità e piacere senza limiti”.

“È in una società come questa, immersa nel secolarismo, nel materialismo, nel consumismo e nell’individualismo, che noi Vescovi continuiamo a promuovere con fiducia i valori del Vangelo di Gesù Cristo quale fonte autentica di verità, vita, speranza, gioia e libertà per il nostro popolo”.

A questo scopo, ha detto, i presuli hanno deciso, tra le varie iniziative, di introdurre un programma triennale per evidenziare la sequela e la missione quale parte integrale della vocazione cristiana e hanno approvato la pubblicazione di una lettera pastorale, “On the gift of life”, in cui “proclamiamo, celebriamo e serviamo il dono di vita e affermiamo l’insegnamento della Chiesa a proposito della dignità intrinseca di ogni essere umano”.

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ZENIT Staff

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