Educare la gioventù peruviana per frenare l'emigrazione

Intervista al Provinciale degli Oblati di San Giuseppe in questo Paese

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Di Antonio Gaspari

LIMA, lunedì, 28 gennaio 2008 (ZENIT.org).- Esiste un progetto in Perù volto a valorizzare l’artigianato locale e formare la gioventù contadina, e che offre una opportunità di sviluppo sostenibile e rafforzamento dell’identità della popolazione.

E’ il “Progetto di Sviluppo artigianale di Pomabamba, Ancash” avviato nel 1999 dalla ONG “Amor y Esperanza e el Perù”, da AAYT CONSULTORES SAC e dagli Oblati di San Giuseppe, che quest’anno celebrano il sessantesimo anniversario del loro servizio alla Chiesa, nella fedeltà al carisma, nelle regioni dell’Ancash, di Cajamarca e a Lima.

Questa Congregazione, che negli ultimi tempi sta sperimentando una notevole crescita vocazionale, si dedica ai giovani, nella catechesi come nelle diverse iniziative nel settore educativo, alla promozione della salute e, in genere, all’assistenza e allo sviluppo sociale, sia nelle zone extraurbane come nelle zone povere delle città.

A parlarne a ZENIT è padre Manuel Manrique Figueroa, OSJ, Provinciale degli Oblati di San Giuseppe in Perù.

Quante persone beneficiano del progetto?

Padre Manrique Figueroa: Il lavoro educativo che gli Oblati di San Giuseppe svolgono a Pomabamba (Ancash), nel Perù, ha come obiettivo la promozione della gioventù, soprattutto quella che si trova ad aver perso i genitori, oppure proveniente dalle famiglie più numerose e povere della zona. Attraverso il progetto, negli ultimi otto anni si è assicurata una formazione a un centinaio di ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani, nelle case stabilite allo scopo, che sono “El Hogar Pequeña Simona“, per le scuole elementari (non dimentichiamoci che siamo sulle Ande, a quota 3.600 metri sul livello del mare e all’interno della comunità campesina) e i laboratori “Simona” e “San José” per le scuole medie e superiori, dentro il paese di Pomabamba, attraverso cui adolescenti e giovani imparano a tessere, lavorare di carpenteria, oppure la scultura e l’intaglio del legno. Questi centri sono organizzati come collegi-convitti dove i giovani ricevono tutto quello che serve per la loro formazione integrale, proprio come se stessero in famiglia, e per la gran parte di essi è questa, in realtà, la loro famiglia. Attualmente in queste case sono in centoventi ad abitare, tra ragazzi e ragazze, adolescenti e giovani.

Si tratta solo di un aiuto materiale o c’è un progetto complessivo missionario e di evangelizzazione?

Padre Manrique Figueroa: Queste iniziative nel settore dell’educazione sorgono a partire dall’apostolato missionario che si svolge tra le comunità campesinas del territorio di Pomabamba e vogliono essere la risposta, nell’ambito della solidarietà, ai bisogni della popolazione che vive in situazione di grave povertà, dove le entrate per persona al giorno veramente non superano i 50 centesimi di Euro. Per le difficoltà delle vie di accesso alla zona, che si trova tra le Ande, tutti i beni e i servizi hanno un costo che in media è maggiorato del 25% rispetto ai prezzi che si pagano invece nelle città sulla costa del Perù. Progetti di questo tipo vanno in realtà a favore di centinaia di famiglie e sono pensati per la promozione integrale della popolazione contadina distribuita in decine di comunità montane, attraverso l’avvio, in breve tempo, di piccole imprese produttive capaci di migliorare la qualità di vita di queste persone, che sono in gran maggioranza cattoliche e con un profondo senso religioso.

In che modo queste piccole speranze possono portare alla grande speranza indicata da Benedetto XVI nella Spe salvi?

Padre Manrique Figueroa: Queste piccole realizzazioni sono il segno, che è possibile che la speranza trasformi la realtà della vita di tutti i giorni, una vita sperimentata sempre come un dono, ed un ambito nel quale si impara e si pratica la Speranza cristiana, nelle semplici gioie e nelle difficoltà, come sapientemente spiega il Papa Benedetto XVI nella sua recente enciclica Spe salvi. Ed è proprio questa la dimensione nella quale la speranza è stata vissuta da San Giuseppe, quale testimone privilegiato della fedeltà di Dio alla Sua Promessa.

[Con il contributo di Mirko Testa]

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ZENIT Staff

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