Condanna a morte per la pena di morte

Le esecuzioni in USA sono ai minimi degli ultimi 13 anni

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Di Padre John Flynn, LC

ROMA, mercoledì, 16 gennaio 2008 (ZENIT.org).- La campagna internazionale diretta ad ottenere una moratoria della pena di morte ha avuto successo. Lo scorso 18 dicembre, infatti, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con un voto non vincolante, si è espressa in favore di una sospensione delle esecuzioni.

Il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha affermato, in un comunicato stampa reso noto il giorno della votazione, che si tratta di una “ulteriore evidenza che è in atto una tendenza destinata a portare, in definitiva, all’abolizione della pena di morte”. Precedenti tentativi nel 1994 e nel 1999 di adottare una risoluzione per una moratoria erano falliti.

La deliberazione è arrivata alla fine di un anno in cui le condanne alla pena capitale risultano in diminuzione negli Stati Uniti. Il giorno precedente all’approvazione della risoluzione, il Governatore del New Jersey Jon Corzine aveva promulgato una legge che abolisce la pena di morte in quello Stato.

La misura ha piuttosto una natura simbolica, dato che il New Jersey non ha eseguito alcuna pena di morte dal 1963. Ciò nonostante l’abolizione ha avuto un’ampia diffusione nella stampa. Secondo un articolo dell’Associated Press del 17 dicembre, vi sono ancora otto uomini nel braccio della morte del New Jersey. Le loro sentenze sono state ora commutate in ergastolo.

Il Death Penalty Information Center ha pubblicato il 19 dicembre il suo Year End Report, in cui osserva che le esecuzioni sono diminuite negli Stati Uniti al livello più basso degli ultimi 13 anni. Inoltre, anche il numero delle sentenze di morte emesse dai tribunali è diminuita notevolmente negli ultimi anni.

Nell’insieme, secondo il rapporto, vi sono state 42 esecuzioni nel 2007. Sebbene i dati ufficiali non sono ancora disponibili, il rapporto individua 110 nuove sentenze di morte nel 2007. Tale cifra rappresenta il livello più basso dalla reintroduzione della pena di morte nel 1976 e un calo del 60% rispetto al 1999. Secondo il rapporto, alla data del 1° gennaio 2007, i prigionieri nel braccio della morte in USA erano 3.350.

La Corte Suprema

Peraltro, le esecuzioni capitali effettuate sono state eseguite in un numero molto limitato di Stati. Lo scorso anno, in 40 Stati su 50, non vi è stata alcuna esecuzione. La maggior parte – l’86% – delle esecuzioni sono state eseguite negli Stati del Sud, e almeno il 62% in un solo Stato: il Texas.

Il rapporto del Death Penalty Information Center osserva anche che la pena di morte è stata messa in discussione, sebbene senza esito, in una serie di Stati. Il parlamento del Nebraska non ne ha approvato l’abolizione per un solo voto di scarto. Nel New Mexico, un disegno di legge diretto ad abolire la pena di morte è stato approvato dalla Camera con 41 voti a favore e 28 contrari, ma è poi decaduto in Senato. Nel Montana, un analogo disegno di legge è passato in Senato con 27 a favore e 22 contrari, ma non è arrivato a diventare legge.

Uno dei principali fattori che hanno portato al declino delle esecuzioni lo scorso anno è la decisione del 25 settembre della Corte Suprema degli Stati Uniti di esaminare una eccezione di costituzionalità sulla miscela di farmaci utilizzata nelle iniezioni letali nel Kentucky. Questa procedura ha portato ad una sospensione di fatto delle esecuzioni.

Il caso Baze contro Rees riguarda la questione se l’iniezione letale costituisce un trattamento crudele e inusuale e se pertanto viola l’ottavo emendamento alla Costituzione americana, spiega un rapporto pubblicato, sull’argomento, il 19 dicembre dal “Pew Forum on Religion and Public Life”.

Il rapporto dal titolo “An Impassioned Debate: An Overview of the Death Penalty in America” osserva che l’eventuale decisione sarebbe molto significativa, in quanto l’iniezione letale è il metodo di esecuzione usato dal Governo federale e da tutti i 37 Stati, salvo uno, che prevedono la pena di morte.

Il rapporto osserva, inoltre, che gli oppositori alla pena di morte sostengono che questa non sia efficace come deterrente agli atti criminali. Essi rilevano poi la concreta possibilità di errori nell’amministrazione della giustizia, il che implica l’inesistenza della certezza assoluta che tutti coloro che vengono giustiziati siano effettivamente colpevoli. Infatti, con l’introduzione delle analisi sul DNA, sono stati scagionati numerosi detenuti nel braccio della morte, negli ultimi 15 anni.

Secondo il rapporto del Pew Forum il sostegno dell’opinione pubblica alla pena di morte è in calo, anche se la maggioranza è ancora a favore. Il consenso per la pena capitale aveva raggiunto l’apice tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, attestandosi finanche all’80% degli intervistati. Un sondaggio svolto dal Pew Forum mostra invece che nel 2007 solo il 62% degli intervistati era in favore della pena capitale per le persone condannate per omicidio.

Il rapporto del Pew Forum afferma inoltre che, dalla reintroduzione della pena di morte nel 1976, sono più di 1.000 i detenuti che sono stati giustiziati. Negli ultimi anni, tuttavia, i tribunali hanno imposto alcune limitazioni. Nel 2002 la Corte Suprema ha deciso che gli Stati non possono eseguire la pena capitale su persone affette da ritardi mentali. Nel 2005 un’altra decisione ha abolito la pena di morte per i minorenni.

Cina e Iran

Mentre la maggior parte dei media si concentra sulla pena di morte negli Stati Uniti, il numero delle persone giustiziate risulta ben più alto in altri Paesi. In Cina lo scorso anno, almeno 1.010 persone sono state giustiziate davanti a plotoni di esecuzione, secondo il South China Morning Post del 3 gennaio.

Come riporta l’articolo, Jiang Xingchang, vicepresidente della Corte popolare suprema, ha di recente riferito al quotidiano China Daily che in futuro si sarebbero utilizzate le iniezioni letali anziché i plotoni di esecuzione.

Le opinioni sul numero totale delle esecuzioni in Cina variano molto. Il South China Morning Post riporta una stima di circa 10.000 persone l’anno, secondo l’organizzazione Human Rights Watch di New York. Per contro, Amnesty International ha stimato che nel 2005 sono state eseguite 1.770 condanne a morte.

Anche l’Iran continua a perpetrare numerose esecuzioni capitali. Il 2 gennaio, secondo un articolo apparso sul Corriere della Sera del giorno seguente, 13 persone sono state giustiziate. L’articolo cita fonti secondo cui in Iran, nel 2007, sarebbero state eseguite 297 condanne a morte.

Anche il Giappone continua a mettere a morte i detenuti. Il 7 dicembre, secondo una notizia di Associated Press di quel giorno, tre persone sono state impiccate. Il Governo normalmente non svolge le esecuzioni in pubblico, ma in quell’occasione, per la prima volta, le autorità hanno pubblicato i nomi dei prigionieri giustiziati. Secondo gli ultimi dati ufficiali, 104 detenuti si trovano attualmente nel braccio della morte.

Esecuzioni segrete

Ma in Giappone vi sono state anche altre esecuzioni capitali lo scorso anno, secondo quanto riportato dal quotidianoTimes di Londra il 24 agosto. In quel giorno sono stati impiccati tre prigionieri, portando a 10 il totale dei giustiziati nei dieci mesi precedenti. Secondo l’articolo, questi sono stati impiccati in segreto, senza testimoni indipendenti, come è d’uso in Giappone. I condannati sono stati informati della loro imminente esecuzione soltanto la mattina dello stesso giorno, mentre i parenti e gli avvocati sono stati informati a cose fatte.

Poco prima della votazione dell’Assemblea generale dell’ONU, i funzionari pubblici in Nigeria hanno confermato che negli ultimi anni sette persone sono state giustiziate, secondo la BBC del 17 dicembre. Le autorità hanno ammesso tali esecuzioni dopo che il rappresentante della Niger
ia aveva affermato a novembre, presso le Nazioni Unite, che il Paese non aveva eseguito alcuna pena capitale negli ultimi anni.

Un risvolto interessante del dibattito sulla pena di morte è quello emerso in Italia, uno dei Paesi più attivi nel promuovere la moratoria approvata dalle Nazioni Unite lo scorso dicembre. Dopo il voto favorevole da parte dell’ONU, Giuliano Ferrara, Direttore del quotidiano Il Foglio, ha avviato una campagna diretta ad estendere la moratoria anche all’aborto.

Nelle ultime settimane il giornale ha promosso questa idea, affermando che i militanti per i diritti umani, per essere coerenti con la loro posizione pro-life, manifestata nell’ambito della campagna contro la pena di morte, dovrebbero impegnarsi con la stessa energia per contrastare l’aborto.

Staremo a vedere se le organizzazioni per i diritti umani vorranno farsi carico di milioni di vite umane che ogni anno trovano la morte a causa dell’aborto.

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ZENIT Staff

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