La lettera, datata 12 gennaio, non ha per ora ricevuto una risposta pubblica da parte del Papa.
L’avvocato italiano di Tarek Aziz, Giovanni Di Stefano, afferma che al settantenne sono state negate le cure mediche per i suoi problemi cardiaci e di enfisema.
Di Stefano, che ha scritto la lettera poi firmata dal suo cliente, sostiene anche che ad Aziz non stati rivelati finora i dettagli delle accuse.
L’avvocato ha detto di aver consegnato la lettera al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, e a monsignor Gabriele Giordano Caccia, funzionario della Curia Romana.
Aziz si è appellato al Vaticano in altre due occasioni dal suo arresto da parte delle forze della coalizione statunitense nell’aprile 2003.
Il suo appello all’assistenza per ottenere una rappresentanza legale gratuita nel 2004 ha avuto successo grazie agli sforzi di fr. Jean-Marie Benjamin, un sacerdote che si definisce amico dell’ex Ministro iracheno.
Fr. Benjamin, ex Direttore della Fondazione Beato Angelico – che promuove il dialogo cristiano-musulmano –, è riuscito anche a ottenere per Tarek Aziz un’udienza con Giovanni Paolo II pochi mesi prima dell’invasione dell’Iraq.
L’ex Ministro degli Esteri iracheno appartiene al rito cattolico caldeo e in passato ha ricevuto sostegno dal Patriarca caldeo di Baghdad, Sua Beatitudine Emmanuel III Delly.
Interpellato da ZENIT sulla posizione della Santa Sede in merito al caso di Aziz, monsignor Vittorio Formenti, funzionario del Segretariato di Stato vaticano, ha detto: “Non sono l’addetto alle relazioni con il Medio Oriente, ma quello che posso dire, in linea di principio, è che Tarek Aziz era un cristiano, e, per quello che se ne sa”, “non ha mai fatto del male a nessuno”.
“E’ vero che ha collaborato con Saddam Hussein, però bisogna vedere in che condizioni ha dovuto e potuto collaborare”, ha aggiunto monsignor Formenti, spiegando che a suo avviso la Santa Sede, “impegnata a dare aiuto a tutte le persone”, “non avrebbe difficoltà a prestare aiuto a un cristiano”, anche per evitare magari che incorra nella stessa sorte del dittatore iracheno, morto impiccato.
Circa la possibilità che il Vaticano accolga la richiesta di aiuto di Tarek Aziz, monsignor Formenti ha ricordato che “tra la Santa Sede e l’Iraq ci sono delle normali relazioni diplomatiche, per cui nell’ambito dei rapporti diplomatici la Santa Sede può e ha la possibilità di interloquire con gli attuali responsabili per poter aiutare Tarek Aziz”.
Aziz potrebbe essere condannato a morte, perché è accusato di aver ordinato la morte di 10.000 ribelli sciiti nel 1991.
Di fronte alla dichiarazione di estrema fedeltà a Saddam Hussein da parte dell’ex Ministro, che al “The Sunday Telegraph” ha detto che con la sua morte era morto l’Iraq, Formenti ha confessato: “Sono argomenti e giudizi nei quali è difficile per la Santa Sede interferire”.
“Comunque, al di là di come verrà giudicato, e al di là di come andrà a finire la vicenda umana, il Vaticano potrà sempre chiedere clemenza – ha osservato –; del resto la Santa Sede ha anche criticato apertamente l’esecuzione di Saddam Hussein. Ogni persona ha il diritto di potersi difendere davanti a un tribunale diciamo giuridicamente valido”.
Monsignor Formenti ha quindi ricordato la completa contrarietà della Santa Sede alla pena di morte e che “più di una volta il Vaticano ha ‘interferito’, anche negli Stati Uniti, e ha fatto appelli anche pubblici perché le esecuzioni non venissero eseguite”, anche se i condannati non avevano chiesto l’intervento del Vaticano.
Se Aziz verrà giudicato colpevole e condannato a morte, secondo monsignor Formenti la Santa Sede interverrà, anche perché, “poco prima della caduta del regime, Tarek Aziz è stato l’interlocutore privilegiato tra la Santa Sede e Saddam Hussein”.
In merito anche a una eventuale richiesta di aiuto da parte di altre persone in attesa di giudizio che non sono cristiane, Formenti ha ricordato che il Vaticano cercherà sempre “spazi possibili per il dialogo con gli altri Stati, secondo i rapporti diplomatici”, ma che se da una parte “interferisce umanamente” dall’altra non può “interferire nella legislazione di un Paese”.