ROMA, mercoledì, 20 dicembre 2006 (ZENIT.org).- Si sta iniettando “molto veleno” nel corpo della Spagna: è la constatazione che ha espresso a ZENIT il sacerdote e storico spagnolo Vicente Cárcel Ortí, che martedì scorso ha parlato a Roma dei nuovi documenti dell’Archivio Segreto Vaticano che gettano luce sul periodo storico della II Repubblica Spagnola e della Guerra Civile (1931-1939).
Cárcel Ortí ha offerto una conferenza nel Centro di Studi Ecclesiastici – legato alla chiesa di Santiago e Monserrato – su questo periodo di divisione in Spagna e di persecuzione religiosa alla luce di nuovi ritrovamenti negli Archivi Vaticani, aperti recentemente per decisione di Benedetto XVI.
Dal 18 settembre la documentazione relativa al pontificato di Pio XI (6 febbraio 1922 – 10 febbraio 1939) è a disposizione degli storici. Cárcel Ortí è stato il primo spagnolo che quello stesso giorno ha iniziato a esaminare i testi per pubblicarli integralmente nei prossimi anni in un’opera divisa in vari volumi che sarà intitolata “Documentos del Archivo Secreto Vaticano sobre la Segunda República y la Guerra Civil” (“Documenti dell’Archivio Segreto Vaticano sula Seconda Repubblica e la Guerra Civile”) (1931-1939).
Vicente Cárcel Ortí, originario di Manises (Valencia), è stato a capo della Cancelleria del Tribunale Supremo della Segnatura Apostolica fino all’anno scorso, quando si è ritirato per dedicarsi alla ricerca storica e al ministero pastorale in una parrocchia romana.
Attualmente è anche Vicario Episcopale per i sacerdoti valenciani residenti a Roma. Dal 1967 vive nel Collegio Spagnolo della città capitolina.
Hanno suscitato sorprese questi documenti vaticani riguardanti la storia della Spagna e concretamente della Chiesa?
Cárcel Ortí: Più che sorprese apportano dati finora sconosciuti per precisare alcuni punti polemici e discussi, che hanno bisogno di essere chiariti, e rafforzano la tesi per cui la Repubblica attaccò apertamente la Chiesa e i cattolici e che il Vaticano consigliò sempre moderazione e prudenza per non provocare mali maggiori, soprattutto quando ebbe inizio la persecuzione religiosa.
In breve, qual era la situazione della Chiesa durante la II Repubblica, e quale quella durante la Guerra Civile spagnola?
Cárcel Ortí: La Santa Sede riconobbe immediatamente la Repubblica e chiese ai Vescovi e ai cattolici in generale di accettarla lealmente e di collaborare con lei per il bene comune di tutti gli Spagnoli.
La Chiesa dimostrò molta pazienza sopportando la politica apertamente ostile, discriminatoria e umiliante dei repubblicani, che violarono il primo e fondamentale diritto umano che è la libertà religiosa.
Quando iniziò la Guerra Civile, la Santa Sede continuò a riconoscere la Repubblica come governo legittimo della Spagna, e solo nel maggio 1938 decise di riconoscere il Governo nazionale, anche se con molte riserve, a causa delle infiltrazioni di paganesimo nazista nell’ideologia della Falange; ma allora la Repubblica aveva perso molto credito a livello internazionale.
Altre Nazioni, infatti, iniziarono a riconoscere il nuovo regime e a inviare ambasciatori a Franco.
I Vescovi ci misero esattamente un anno a pronunciarsi, con la lettera collettiva del 1° luglio 1937, a favore dei nazionalisti, ma a quella data erano già stati assassinati più di 4.000 sacerdoti e religiosi.
Lei parla di “olocausto di sacerdoti, religiosi e cattolici” tra il 1936 e il 1939. Olocausto?
Cárcel Ortí: Certamente, perché era programmata la distruzione totale della Chiesa nel suo insieme, e ci sono dati che lo dimostrano.
Non solo vennero assassinate migliaia di sacerdoti, religiosi e cattolici per motivi di fede, ma furono anche distrutti e incendiati migliaia di templi, e con essi scomparve per sempre un ingente patrimonio storico, artistico e culturale che non rivedremo più.
Il Ministro repubblicano della Giustizia, Manuel de Irujo, denunciò in un Consiglio dei Ministri all’inizio del 1937 che la Repubblica era diventata un “regime veramente fascista perché ogni giorno veniva oltraggiata la coscienza individuale dei credenti da parte delle forze del potere pubblico”.
Il professor Domínguez Ortiz ha scritto: “La persecuzione della Chiesa è stata, oltre che un’atrocità, un tremendo errore, e di quelli che hanno maggiormente pregiudicato la causa repubblicana. Per questo, non hanno ragione quanti oggi esigono che la Chiesa chieda perdono per quanto avvenuto; non hanno ragione perché non è logico che le vittime chiedano perdono ai carnefici”. Si riferisce al sostegno della Chiesa ai nazionalisti, perché i repubblicani la perseguitarono a morte.
E’ possibile e auspicabile essere imparziale quando si parla di guerra, ad esempio della Guerra Civile spagnola?
Cárcel Ortí: E’ auspicabile, certamente, ma è molto difficile; costa molto ammettere le ragioni dell’altro.
Dobbiamo compiere tutti un grande sforzo, settant’anni dopo, nonostante la parzialità inerente ad ogni persona, per riconoscere che, tra i tanti vizi e difetti, repubblicani e nazionalisti avevano anche qualche virtù: la sagacia, il coraggio, il vigore e la lealtà ai propri ideali politici.
C’è chi paragona gli anni della Repubblica spagnola alla politica ostile e discriminatoria contro i cattolici nella Spagna di oggi. Si tratta di esagerazioni?
Cárcel Ortí: Si stanno ripetendo puntualmente molti degli errori che hanno portato fatalmente alla tragica divisione degli Spagnoli, ma non si cerca la concordia quanto il confronto aperto, non la tolleranza ma il totalitarismo ideologico, non la democrazia ma la partitocrazia, non il rispetto delle idee e dei simboli cristiani ma la loro offesa permanente. E questo crea separazione, divisione.
Si disseppelliscono morti con fini politici e non possiamo continuare a vivere di cadaveri, che alimentano polemiche infinite e spesso indecenti.
Il passato è passato. Non lo liquidiamo, non lo archiviamo, ma non lo usiamo mai gli uni contro gli altri per sostenere le tesi che ci piacciono o ci fanno comodo e per condannare quelle che non coincidono con le nostre o le contraddicono.
La ragione non era da una parte e l’errore dall’altra. Questa è una visione manichea, falsa e inaccettabile. Buoni e cattivi, coraggiosi e codardi hanno militato in entrambe le parti. Ma tutto questo è passato e non deve ripetersi mai più.
Ora, però, si sta iniettando di nuovo molto veleno nel corpo di una Spagna che durante il quinquennio repubblicano ha diviso profondamente i cittadini e, dopo una guerra terribile, dopo quarant’anni, non si è riusciti a riconciliarli.
Ci ha provato la Transizione, ma ora torniamo ad avere una Spagna divisa in fazioni rancorose e litigiose. E così non possiamo andare avanti.