L’incontro è stato promosso e organizzato dalla Presidenza del Consiglio Provinciale di Roma e dalla Laogai Research Foundation Italia, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tragedia dei “Laogai”, i campi di concentramento creati da Mao Zedong nel 1950 e ancora operanti.
Attualmente si calcola che ci siano almeno quattro milioni di detenuti in oltre mille campi. Nella stragrande maggioranza si tratta di persone che esprimono opinioni di dissenso nei confronti del governo centrale o perché professano una fede religiosa.
Ospite d’eccezione al Convegno è stato Harry Wu, un cattolico sopravvissuto a 19 anni di detenzione nei campi di lavoro cinesi, attuale Presidente della Laogai Foundation (www.laogai.org) di Washington.
Harry Wu ha raccontato di essere stato condannato all’ergastolo perché quando era ventiduenne e studiava all’Università, criticò l’appoggio cinese all’invasione sovietica di Budapest nel 1956.
“Questo è il motivo per il quale sono stato condannato all’ergastolo – ha affermato Wu – questo l’inizio dei miei 19 anni di prigionia. Sono infatti uno tra gli oltre un milione di persone bollate come rivoluzionarie dal regime”.
Il Presidente della Laogai Foundation di Washington, premiato in Italia nel 2005 con il Premio Internazionale Giuseppe Sciacca 2005 per essersi sempre impegnato in difesa della vita, della libertà religiosa e dei valori cattolici, ha raccontato di aver lottato per sopravvivere in un inferno dove “uomini, donne e bambini, vengono considerati oggetti, sono fonti inesauribili di mano d’opera gratuita: milioni di persone rinchiuse che costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta al mondo”.
Nel 1979 Harry Wu venne liberato e nel 1985 emigrò negli Stati Uniti. Solo nel 1990, decise di denunciare l’orrore dei Laogai e mostrare e raccontare la verità della Cina.
“Ai sopravvissuti viene negato la dignità umana. Ai morti – ha detto Wu -, vengono espiantati gli organi per un orribile commercio. Ma gli aguzzini non operano da soli, parte del mondo occidentale specula su questa immane tragedia”.
Il Presidente della Laogai Foundation Italia, Antonio Brandi, ha spiegato il commercio sui morti portato avanti dal regime cinese. “In Cina – ha detto Brandi – esiste infatti un ampio e agghiacciante traffico di organi umani. Così, anche la morte porta profitto. Non a caso, sono oggi 63 i reati che in Cina prevedono la condanna a morte”.
Padre Bernardo Cervellera, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) e Direttore di “AsiaNews”, ha precisato che “i Laogai sono pieni di persone arrestate per il loro credo religioso, persone imprigionate solo per aver insegnato il catechismo ai bambini o per essersi riuniti in una casa per celebrare la Messa”.
Il sacerdote ha spiegato che la persecuzione colpisce anche le altre religioni, ed ha illustrato come il regime cinese stia mettendo in atto “una libertà di religione preparata; una religione che porta guadagno al regime in termini di immagine e ritorno economico. Insomma, trasformare in business le cattedrali, svilendo le religioni”.
Padre Cervellera ha raccontato di come in Cina si stia verificando una grande rinascita spirituale con un terzo dei membri del partito comunista che ha aderito ad una comunità religiosa.
Per questo, ha spiegato, “il partito comunista al potere sta spendendo miliardi per aprire istituzioni che diffondano il confucianesimo, che parla di rispetto verso le autorità, creando invece una nuova prigionia”.
[Per leggere l’intervista a ZENIT di Harry Wu sulla sua esperienza nei campi di concentramento cinesi, raccolta nel libro “Laogai. I gulag di Mao Zedong”: http://www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=9242]