MILANO, mercoledì, 28 giugno 2006 (ZENIT.org).- Le coppie sperimentano e stanno mostrando sentimenti di paternità di fronte agli “embrioni soprannumerari” frutto dei processi di fecondazione artificiale, ha affermato un neonatologo.
Con il titolo “Un ammasso di cellule con due genitori che devono mettere una X”, il dottor Carlo Bellieni si fa eco – sul quotidiano “Il Foglio” (17 giugno 2006) – di un’analisi apparsa due giorni prima sul settimanale francese “Le Nouvel Observateur”.
Il settimanale dedica per mano della giornalista Sophie des Deserts un’analisi ai 130.000 embrioni congelati [in Francia] e ai loro genitori, sottolinea il neonatologo del Dipartimento di Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Universitario “Le Scotte” di Siena.
“Si inizia narrando la storia dei coniugi Aude e Thibault, che avevano chiesto senza successo di limitare il numero di embrioni da congelare, ma cui è stato risposto che con il tasso di insuccesso che ha la FIV [fecondazione in vitro, ndr.] non si può, e hanno accettato di metterne da parte alcuni”, ha scritto il medico.
“La psichiatra Muriel Flis-Trèves spiega che questi embrioni di troppo sono per tutti ‘sorgenti di fantasmi coscienti o incoscienti’”.
“Ma il dramma si raggiunge quando i genitori stessi sono chiamati a decidere se lasciar distruggere i loro embrioni, ormai inutili perché con altri si è ottenuta la gravidanza”, ha avvertito il dottor Bellieni.
E’ il caso di Agnès, che ha nove embrioni congelati; riceve un questionario per decidere cosa fare: “Volete continuare la crioconservazione? Avete ancora un progetto parentale?”.
La giornalista spiega che “finché si può riempire la casella col sì, tutto va bene, altrimenti è un buco nero. Alcuni sanno che per loro l’avventura è finita, ma continuano a segnare la casella col sì meccanicamente. Altri non rispondono proprio (…) forse perché non sanno cosa rispondere”.
“Per alcuni sembrerebbe semplice: è solo un ammasso di cellule…”, ha ironizzato il dottor Bellieni, trascrivendo di seguito: “ma ecco, il piccolo che gioca col trenino nel salotto era anche lui un embrione. Uno fortunato. Laggiù restano i fratelli e sorelle in potenza. Mettere nella spazzatura questi embrioni desiderati e ottenuti dopo tanta fatica?”.
“Una donna di 41 anni in lacrime – prosegue Bellieni – arriva all’ospedale Beclère: ha embrioni congelati; non ha figli, il marito l’ha lasciata e senza il suo consenso non si può far nulla. Deve rinunciare ai suoi ‘bambini’. ‘Vorrebbe dir loro arrivederci, un piccolo funerale, qualcosa…’. Insomma: l’annosa domanda ‘qualcuno o qualcosa?’ è passato dalle analisi di una testata al vissuto profondo dei genitori”.
“E dei medici – avverte il neonatologo –: la responsabile del reparto spiega che non hanno ancora iniziato a distruggere gli embrioni più vecchi perché tra i genitori c’è chi può cambiare idea e commenta: ‘E’ difficile… teoricamente siamo qui per dare la vita’”.
“Un’alternativa alla distruzione sarebbe il dono: ad altre famiglie sterili o alla scienza. Alcuni approvano. Altri temono: ‘Immaginate i miei bambini come cavie!’, s’indigna una brunetta, madre di due gemelli”.
“Il responsabile del servizio dice che il 10-15% dei genitori sarebbero pronti a donare gli embrioni alla scienza… ma quando si tratta di passare ai fatti…”.
Questo, inoltre, non elimina il dubbio e l’apprensione sull’idoneità della famiglia che eventualmente li adotterebbe.
“All’estero l’allarme è scattato – ha constatato Bellieni –: gli embrioni sono ‘figli’; magari non saranno bambini ma hanno dei genitori. Sarà allora possibile disporne senza il loro permesso? E sarà davvero indolore per gli adulti aver permesso esperimenti sul minuscolo frutto dei loro gameti?”.