Bologna: indirizzo di saluto di monsignor Caffarra e omelia del Patriarca Bartolomeo I per i Vespri

Nella Basilica di San Petronio

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BOLOGNA, domenica, 20 novembre 2005 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Bologna, monsignor Carlo Caffarra, a Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, e l’Omelia di quest’ultimo nel presiedere una solenne liturgia dei Vespri in Rito Bizantino nella Basilica di San Petronio.

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Saluto di S.E. Mons. Carlo Caffarra

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che benedice la Chiesa del suo Figlio unigenito con ogni benedizione spirituale, e consola coi suoi doni il cammino del popolo di Dio.

Gode oggi la Chiesa di Dio che è in Bologna poiché le è stato dato dalla benevolenza divina il privilegio di accogliere Vs. Santità, Arcivescovo di Costantinopoli Nuova Roma e Patriarca Ecumenico. Ci unisce infatti la fede nella Trinità santa, consustanziale ed indivisibile, e la fede nel Verbo di Dio incarnato dalla vergine Maria.

Il nostro cuore è pieno di ammirazione per l’incomparabile tesoro della vostra tradizione liturgica, spirituale e teologica. È caro a questo popolo bolognese, legato da particolare devozione alla B.V. Maria di S. Luca la cui icona è giunta da Costantinopoli, considerare come sia da voi magnificata con splendidi inni ed invocazione la Ss. Theotokos.

Non possiamo però nasconderci in questo momento che la Chiesa di Bologna non esita a ritenere storico, come la non perfetta comunione costituisca una dolorosa realtà! Tuttavia, il vostro venerato Predecessore Atenagora I da una parte ed il Papa Giovanni XXIII dall’altra inizialmente, e poi Paolo VI, hanno compiuto i primi generosi e grandi passi dell’amore. Un cammino continuato da Vs. Santità e dal S. Padre Giovanni Paolo II di v.m. ed ora da Benedetto XVI. Fu per me dono singolare di Cristo buon pastore l’avere ricevuto il Pallio metropolitano durante l’ultimo incontro solenne fra Vs. Santità e Giovanni Paolo II.

Il cammino che abbiamo ancora davanti è lungo. Ma sono sicuro che in conseguenza di questa visita crescerà nel popolo di Dio che è in Bologna il desiderio della perfetta comunione; ed il desiderio più intenso genera una preghiera più insistente, poiché l’unità è dono dello Spirito Santo.

Santità, molti sono i Santi di cui abbiamo comune venerazione, in primo luogo i S. Padri della Chiesa: il nostro santo patrono Petronio fu legato presso l’imperatore a Costantinopoli. La potente intercessione dei santi sostenga la nostra umile preghiera.

Mi piace concludere con le parole dette da Vs. Santità e che risuonano anche nel mio cuore come parole dette nello Spirito: «Aspettiamo, desideriamo, sogniamo e preghiamo “per l’unione di tutti”, come ci hanno insegnato i santi Padri e i Santi Concili del primo millennio cristiano. Preghiamo tutti di coadiuvarci nelle preghiere verso questa direzione».

Ed ora, Santità, vogliate benedire questo popolo.

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OMELIA DI
SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI, NUOVA ROMA
E PATRIARCA ECUMENICO
IN OCCASIONE DELLA SOLENNE CELEBRAZIONE DEL VESPRO

Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Roger Etchegaray,

Eccellentissimo Arcivescovo Metropolita di questa Chiesa bolognese, monsignor Carlo Caffarra, insieme con il suo Vescovo ausiliare, mons. Ernesto Vecchi,

Eminentissimo e dilettissimo Fratello in Cristo, Metropolita d’Italia e Malta, Signor Gennadios,

Reverendissimi Padri, fratelli e figli nel Signore, amati e benedetti,

avendo visto la luce vespertina e inneggiando il nostro vero Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, in questa bellissima Chiesa di San Petronio, di tutto cuore, portiamo in primo luogo, dalla Città di Costantinopoli, la benedizione della crocifissa Santa Madre e Grande Chiesa di Cristo, insieme alla pace che supera ogni intelligenza e che sorge dal trono della Divina Trinità, che ci ha concesso non solo di credere, ma anche di patire quotidianamente per Cristo, che è benedetto nei secoli.

Di tutto cuore esprimiamo il nostro doveroso e riconoscente ringraziamento per la fraterna accoglienza e ospitalità al nostro Fratello l’Arcivescovo di Bologna, al suo Vescovo ausiliare, al venerabile presbiterio di questa illustre Chiesa bolognese, e a tutti voi che siete convenuti a questa santa convocazione dei figli di Dio, per la preghiera della sera.

Con intima gioia salutiamo l’eminentissimo signor Cardinale Roger Etchegaray, Lo ringraziamo per la sua presenza che è segno dell’amore fraterno di Sua Santità Benedetto XVI.

La preghiamo, signor Cardinale, di ricambiare i saluti al Santo Padre, assicurandogli il nostro costante ricordo nella preghiera per l’altissima missione spirituale alla quale è stato chiamato, nel succedere all’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II.
Si fa sempre più vivo il desiderio di poter incontrare presto di persona Sua Santità, a Dio piacendo.

Rivolgiamo un saluto fraterno ai figli della Chiesa ortodossa che abitano in questa terra e particolarmente al nostro Fratello il Metropolita d’Italia e Malta, signor Gennadios, insieme al suo venerabile presbiterio. Conosciamo tutto il bene che la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia svolge per il servizio di tutti i suoi figli e siamo particolarmente soddisfatti dei buoni rapporti che si sono instaurati nel corso degli anni con i fratelli della Chiesa cattolica romana. E’ vero che la permanente divisione è un motivo di grande dolore per il nostro cuore di cristiani, ma è fonte di grande speranza il constatare che tanti passi si stanno compiendo, anche e soprattutto attraverso la conoscenza, l’amicizia e la reciproca collaborazione.

Salutiamo con deferenza e rispetto le illustrissime Autorità civili e militari qui convenute e che sono poste a servizio del bene di questa comunità: la nobile e antica testimonianza cristiana in questa città ha portato un contributo straordinario al progresso civile, culturale e spirituale del popolo bolognese e la vostra partecipazione così qualificata è un segno evidente del significato di questa presenza per il presente e il futuro di Bologna.

Con viva gratitudine, rivolgiamo un riconoscente pensiero al Magnifico Rettore e alle autorità accademiche dell’Alma Mater Studiorum – Università degli Studi, che ci hanno invitato a Bologna e ci hanno conferito il massimo riconoscimento accademico: questa gentile attenzione dell’Ateneo nei confronti della nostra Persona, è motivo di particolare soddisfazione, anche perché la radicata presenza ellenica a Bologna è legata strettamente all’attività di questa prestigiosa Università.

Rendiamo omaggio a Bologna, alla sua ricca e proverbiale umanità, alla sua storia, che in gran parte è anche storia del Vangelo. Fu in questo luogo che, durante la persecuzione di Diocleziano, i Santi Vitale e Agricola, il servo e il padrone, come riferisce sant’Ambrogio, furono resi fratelli nella fede in Cristo e compagni nel martirio.

E fu proprio Bologna, nel 1257, la prima città del mondo cristiano che con il “Liber Paradisus”, riscattò per sempre gli schiavi, “in onore del nostro Redentore e Signore Gesù Cristo”.

Non possiamo dimenticare il primo atto che abbiamo avuto la gioia di compiere in questa permanenza, con la visita al Santuario della Tutta Santa Madre di Dio, la Madonna di San Luca. Conosciamo la vostra devozione per la nostra Madre comune, una devozione che vi fa onore! Davvero il Santuario sul Colle della Guardia e la preziosa icona costantinopolitana della Madre del Signore, è il presidio e l’onore di questa città e di tutti i suoi figli.

* * *

Il mistero della Chiesa trova la sua massima espressione, soprattutto in ogni sinassi di preghiera e specialmente nella celebrazione della Divina Eucaristia, che è il centro della sua vita.

Generando i suoi figli dal ventre spirituale, che è il Sacro Fonte del Battesimo, la Chiesa ci ha c
ostituito tutti fratelli, prima di Cristo e poi dei Santi, come mostra anche la parola “fratello”, in greco “adelphòs”, la cui etimologia contiene la particella cumulativa “a” e la parola “delphys”, che significa “ventre”.

Ogni famiglia umana, mostra la sua esistenza nella condivisione continua della mensa paterna: così, anche noi – che siamo i figli della grande famiglia spirituale della Chiesa – ci raduniamo ogni volta attorno alla Santa Mensa, per partecipare al nutrimento spirituale e per mostrare in tale modo la comunità della fede e la realtà della nostra fratellanza in Cristo.

Secondo l’insegnamento dei Santi Padri, questa nostra comunione alla Mensa spirituale di Dio ha una duplice caratteristica: è cioè mistica e sacramentale.

La nostra partecipazione mistica si ottiene tramite l’adempimento personale di tutte le opere evangeliche, soprattutto della preghiera, mentre la partecipazione sacramentale si raggiunge con la comunione della grazia dello Spirito Santo, che scaturisce dai Sacramenti (Misteri) della Chiesa e soprattutto dalla Divina Eucaristia, in modo proporzionato alla nostra purezza e generosità spirituale.

Per questo in tutte le assemblee di preghiera della Chiesa, necessariamente si fa uso della preghiera che il Signore ci ha insegnato, cioè il “Padre nostro”.

Come è noto, è antichissima la costituzione dell’ordinamento quotidiano di preghiera della Chiesa cristiana, sia in Oriente che in Occidente, osservato fino ad oggi, presso di noi senza omissioni e specialmente nei Sacri Monasteri, luoghi per eccellenza di adorazione e di preghiera a Dio e nei quali si realizza l’esortazione paolina “pregate senza interruzione”.

Anche i fedeli che vivono nel mondo e hanno molteplici occupazioni, cure e pensieri della vita, possono applicare la preghiera detta “monologica”, chiamata comunemente la “Preghiera di Gesù”: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”.

Questa preghiera nella sua semplicità, non richiede un luogo speciale di culto, ma viene celebrata misticamente nel tempio spirituale che è la nostra mente e il nostro cuore, secondo gli insegnamenti del nostro grande predecessore, San Gregorio il Teologo.

E’ davvero ammirabile l’amore del Signore per l’umanità: tramite molteplici mezzi, e così tanto semplici, egli diviene volontariamente per noi, umili e indegni, cibo di santificazione e di immortalità.

Con piena fiducia nell’estrema filantropia del Signore misericordioso, navighiamo l’alto mare della vita presente, lottando secondo il vangelo per spogliarci dell’uomo vecchio e rivestirci del nuovo, generato secondo Cristo.

Questa lotta, sicuramente, non è sempre facile, come anche l’apostolo Paolo riconosce nella sua lettera ai Romani.

Le passioni naturali e acquisite che oscurano l’immagine divina che è in ciascuno di noi e ci ostacolano nella continua visione mistica di Dio, hanno bisogno della forza che viene dall’alto e che viene elargita dalla Chiesa, per potere essere sottomesse e trasformate in passioni divine, come insegna San Gregorio Palamas.

* * *

Diletti fratelli e figli amatissimi,

con infinita gratitudine è giusto e doveroso per ciascuno di noi, rendere grazie al Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo, per tutti i beni celesti che ci ha donato e soprattutto per la possibilità di diventare, per sua grazia, eternamente partecipi della Sua Divinità.

Quanti sono, in tutto il mondo, i nostri prossimi che ignorano questa divina predestinazione! E che cosa noi abbiamo dato di importante a Dio, perché egli di sua volontà ci abbia dato tanto onore, con il farci membri della Santa Chiesa e famigliari dei suoi Santi?

Questo amore di Dio, deve spingerci con generosità ad approfondire sempre di più il mistero della nostra chiamata e a realizzarla continuamente, mettendo in opera i comandamenti del Vangelo, come figli e non come servi o stipendiati, come insegna San Basilio il Grande.

Quello di stasera è il Vespro del Sabato, con il quale, secondo la Liturgia, entriamo nel giorno della Risurrezione. In questo giorno, noi, ogni settimana, rendiamo gloria al nostro Signore, che è risorto vittorioso dal sepolcro, con piena fiducia che anche noi saremo con-resuscitati e con-glorificati con Lui nel regno eterno, se vivremo in questa vita come figli della risurrezione, con lo sguardo rivolto alle cose eterne.

Veniamo così trasformati in Vangeli viventi e testimoni della speranza sicura che è in noi, speranza che è Cristo stesso, lui che si è rivestito della nostra carne mortale e l’ha resa incorruttibile con la Sua passione e la Sua risurrezione.

E’ purtroppo molto evidente, fratelli carissimi, che la società moderna sempre di più si allontana dalla visione teocentrica della vita, negando di fatto la nostra origine divina e lo scopo della nostra esistenza, che trova in Gesù, il risorto Dio-Uomo, la sua giustificazione.

Questa bufera ideologica della idolatria pratica, tante volte trascina pericolosamente anche noi, mettendo in evidenza l’immediatezza dei sensi e nascondendo agli occhi dello spirito i misteri della Divina Economia, non visibili, ma reali.

Deve perciò sempre risuonare nel nostro cuore, quanto il celeste Paolo ha scritto agli antichi Colossesi: “Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo, poiché è in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete in lui parte alla sua pienezza” (cfr. Col 2,8-10).

Perciò, quando i pensieri del dubbio martellano la nostra esistenza, ricordiamoci di tutto questo e chiediamoci insieme all’entusiasta apostolo Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!”.

Potessimo tutti noi diventare vitalmente partecipi di queste “parole che danno la vita eterna”, per la grazia e la benevolenza di Dio, e adorare la sua Santissima Trinità, come nel passato i Santi della nostra Madre Chiesa. Amen.

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ZENIT Staff

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