WASHINGTON, D.C., sabato, 19 novembre 2005 (ZENIT.org).- L’8 novembre è stato pubblicato il rapporto annuale sulla libertà religiosa internazionale per il 2005. Si tratta della settima edizione elaborata dall’Office of International Religious Freedom del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.
L’edizione di quest’anno, che copre il periodo di 12 mesi fino al 30 giugno, prende in esame 197 Paesi. La introduzione che accompagna il rapporto rileva “progressi significativi” nel rispetto della libertà religiosa. In molti Paesi, ad esempio, sono stati rimossi gli ostacoli giuridici alla libertà di culto. I progressi sono dovuti anche all’azione dei governi di Paesi come Russia, Francia e India, che sono intervenuti per contrastare le discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose.
Ciò nonostante, il Segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto, ha osservato che troppi governi ancora mancano di un’adeguata tutela della libertà religiosa. “In tutto il mondo – ha affermato – molte persone vengono ancora perseguitate o uccise per le loro espressioni di culto o anche per il solo fatto di essere credenti”.
Il rapporto USA ha riconfermato otto “Paesi di particolare preoccupazione” – Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, Iran, Arabia Saudita, Sudan e Vietnam. Il Segretario di Stato ha spiegato che i governi di questi Paesi hanno commesso o tollerato violazioni particolarmente gravi della libertà religiosa nell’ultimo anno.
John Hanford III, ambasciatore “at-large” per la libertà religiosa internazionale, del Dipartimento di Stato, ha aggiunto che alcuni Paesi di particolare preoccupazione “non hanno voluto impegnarsi in alcun modo significativo in favore delle questioni religiose”. La Birmania, l’Iran, l’Eritrea e la Corea del Nord figurano in questo gruppo. Hanford ha osservato che nel settembre scorso, il Segretario di Stato USA aveva adottato sanzioni contro l’Eritrea a causa del suo rifiuto di porre rimedio alle violazioni della libertà religiosa.
Altri Paesi hanno dimostrato maggiore disponibilità. Hanford ha riferito che il Vietnam si è impegnato in modo significativo per un miglioramento in questo settore. E ha detto che la Cina e l’Arabia Saudita hanno “dimostrato la volontà di impegnarsi con noi, per migliorare la loro situazione relativa alla libertà religiosa.
Ostacoli alla libertà
Nella prima parte del rapporto per il 2005 si prendono in considerazione gli Stati in cui la libertà viene ristretta, cominciando dai casi più gravi.
— Birmania. Il Governo continua “a commettere violazioni particolarmente gravi della libertà religiosa”, afferma il rapporto. Tra le violazioni figurano le misure di spionaggio o di monitoraggio degli incontri e delle attività delle organizzazioni religiose, e le restrizioni alla libertà di espressione e di associazione.
— Cina. Il Dipartimento di Stato ha definito “scarso” il grado di rispetto della libertà di religione e di coscienza da parte del Governo. Le autorità consentono la libertà di praticare la religione, alle sole organizzazioni registrate e nei soli luoghi di culto ufficiali. I gruppi clandestini invece subiscono in diversa misura interferenze e oppressioni da parte delle autorità pubbliche. Anche in Tibet esistono forti restrizioni alla pratica religiosa, ed agli osservatori internazionali viene negato l’accesso a gran parte del territorio della religione.
In alcune zone, osserva il rapporto, le forze dell’ordine hanno fatto ricorso a minacce, demolizione di immobili non registrati, estorsioni, interrogatori, detenzioni, e talvolta torture per esercitare pressione nei confronti dei leader dei gruppi clandestini e dei loro seguaci.
— Cuba. Il rapporto ha accusato le autorità di continuare a controllare le attività religiose attraverso sorvegliamenti, infiltrazioni e oppressioni nei confronti dei gruppi religiosi, degli ecclesiastici e dei laici. Il Governo ha soltanto di rado concesso permessi per la costruzione di nuove chiese. E molti gruppi evangelici hanno riferito di espropri di proprietà immobiliari usate per il culto.
Le autorità impongono restrizioni sull’importazione e la distribuzione di letteratura e materiali religiosi e sorvegliano le pubblicazioni gestite dalle chiese. Inoltre il Governo non consente alla Chiesa cattolica di formare nuovi sacerdoti in loco ma neanche di farli arrivare dall’estero, né gli consente di istituire enti come scuole, ospedali o cliniche.
— Corea del Nord. “Non si sono registrate variazioni nello scarso grado di rispetto della libertà religiosa”, afferma schiettamente il rapporto. Non solo la libertà religiosa non esiste, ma vi sono state anche indicazioni secondo cui il regime ha utilizzato entità religiose autorizzate per motivi politici e per svolgere propaganda esterna. Le persone che fanno proselitismo o che hanno legami con gruppi evangelici all’estero ed operanti in Cina sono soggetti all’arresto e a pene severe.
Minoranze a rischio
Un’altra serie di governi – spiega il rapporto – sono ostili nei confronti di determinati gruppi, identificandoli come minacce alla sicurezza. Si tratta dei seguenti Stati.
— Eritrea. Il Governo continua la sua politica di vietare attività di qualsiasi gruppo che non faccia parte delle quattro religioni riconosciute sulla base di un decreto del 2002. Tale decreto richiede a tutti i gruppi religiosi di registrarsi oppure di cessare qualunque attività. Di conseguenza alcuni aderenti a gruppi pentecostali, ad altri gruppi evangelici indipendenti o ai testimoni di Geova sono stati arrestati.
— Iran. Il Governo ha commesso “violazioni particolarmente gravi della libertà religiosa”. Alcuni aderenti a gruppi religiosi quali i sunniti, i bahai, gli ebrei e i cristiani hanno subito arresti, persecuzioni, intimidazioni e discriminazioni. E le minoranze religiose continuano a subire discriminazioni ufficiali, in particolare nei settori dell’impiego, dell’istruzione e dell’abitazione.
— Laos. Il rapporto USA accusa il Governo del Laos di interpretare la costituzione in modo tale da operare una restrizione della libertà religiosa. Inoltre, le persone arrestate a motivo delle loro attività religiose sono state spesso accusate, tra gli altri crimini, di aver messo a rischio l’ordine pubblico. Le autorità continuano a negare la possibilità di stampare materiale religioso non buddista.
— Arabia saudita. “La libertà religiosa non esiste” per coloro che non aderiscono alla versione nazionale dell’Islam sunnita, afferma il rapporto. Anche gli altri rami dell’Islam si trovano ad essere discriminati. Le autorità arrivano talvolta finanche a vietare la pratica domestica e privata di religioni non musulmane. Chi professa una fede non islamica rischia l’arresto, la detenzione, punizioni corporee, la deportazione e la tortura per attività religiose che sollevano l’attenzione pubblica.
— Sudan. L’islamizzazione del Paese è un obbiettivo del partito di governo, osserva il rapporto. Di conseguenza le autorità impongono restrizioni e discriminazioni nei confronti di gruppi non islamici, non arabi, e persino delle tribù o dei gruppi non affiliati al partito di governo. Molti non islamici affermano di essere stati trattati come cittadini di serie B e discriminati nell’ambito dell’impiego pubblico e dei contratti.
— Uzbekistan. Un leggero peggioramento è stato registrato in una situazione già critica relativa alla libertà religiosa, osserva il rapporto. Il Governo ha proseguito nella sua campagna contro i gruppi islamici non autorizzati, sospettati di nutrire sentimenti estremisti o di aver partecipato ad attività estremiste. Questo ha comportato numerosi arresti e detenzioni prolungate.
— Vietnam. Il rispetto della libertà religiosa è migliorato. Ma, secondo il rapporto,
il Governo continua ad imporre restrizioni alle attività dei gruppi religiosi che ritiene non in linea con le leggi e le politiche nazionali. E nonostante l’emanazione di normative meno restrittive in merito alla religione, la legge continua ad imporre alle organizzazioni e alle attività di tutte le denominazioni religiose la necessità di ricevere l’autorizzazione del Governo.
Qualche miglioramento
Dopo aver trattato anche di altri Paesi, rilevando i diversi gradi di discriminazione, il rapporto, nella seconda parte, riferisce dei Paesi in cui le condizioni della libertà religiosa sono migliorate. Si tratta dei seguenti Paesi, che in ogni caso continuano a presentare situazioni ancora gravemente problematiche.
— Georgia. Sin dai cambiamenti politici del 2003, la libertà religiosa è migliorata. Gli attacchi contro le minoranze religiose, le aggressioni verbali e le azioni di disturbo nei servizi liturgici e negli incontri sono diminuite. Lo scorso aprile il Governo ha approvato una legge che consente ai gruppi religiosi di registrarsi. Un’altra legge ha migliorato in parte la normativa sulla libertà religiosa nelle scuole.
— India. Il Governo – afferma il rapporto – ha “dimostrato il suo impegno in favore di una politica di inclusione religiosa ai più alti livelli di Governo e nell’ambito dell’intera società”. La legge sulla prevenzione del terrorismo, criticata dai gruppi musulmani è stata sostituita da una legge ritenuta maggiormente equa nei confronti delle minoranze. E le autorità hanno ritirato i libri di testo delle scuole che erano stati accusati di far parte di una strategia nazionalista indù.
Anche il Turkmenistan e gli Emirati Arabi Uniti sono stati citati come Paesi che hanno compiuto miglioramenti. Ma il rapporto ribadisce chiaramente che la libertà religiosa continua ad essere gravemente carente in molti Paesi.