Essere santi significa vivere il Mistero pasquale che è la sorgente della gioia cristiana

Il Cardinal Saraiva Martins presenta il libro “Come si fa un santo”

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ROMA, venerdì, 30 settembre 2005 (ZENIT.org).- Un santo non può essere triste perché attinge al Mistero della Pasqua, che ha in sé la sorgente della gioia cristiana, ovvero la speranza della Resurrezione, ha affermato il Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.

Queste le parole pronunciate dal Cardinale portoghese nel presentare il 28 settembre, presso l’Istituto “Augustinianum” di Roma, il volume che lo vede nei panni dell’intervistato ed ha come titolo “Come si fa un santo” (Piemme, 143 pp., euro 9,90).

Oltre al porporato sono intervenuti il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, e il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, moderati dal curatore del volume il giornalista Saverio Gaeta, Caporedattore di “Famiglia Cristiana”.

“All’interno del libro c’è una domanda su quali santi sono i miei preferiti – ha detto il porporato nel corso del suo intervento –. Mi verrebbe da dire che non c’è che l’imbarazzo della scelta. In realtà tutti i santi sono da amare perché, come ha detto Benedetto XVI a Colonia, i santi ci indicano la strada per essere felici e ci mostrano come si riesce ad essere persone veramente umane”.

“Sono parole sacro-sante che non dovremmo dimenticare mai. Perché? Perché come ho detto la santità è la pienezza dell’umanità. Soltanto il santo è veramente uomo. Certamente i santi sono i grandi rivoluzionari della storia, pensiamo a San Francesco”.

“Sono loro che fanno la storia. Sono le persone più concrete, sono coloro che hanno affrontato i problemi che hanno afflitto e attanagliato l’uomo…ed oggi in particolare – ha continuato –. Non sono santi tra le nuvole ma concreti perché essere santi significa credere, credere in qualche cosa di reale, di storico, credere al mistero di Cristo, alla Sua resurrezione”.

“Qui si inserisce il discorso della gioia. Non ci sono santi dal muso lungo! (…) Essere santi vuol dire vivere in tutto il suo radicalismo il Mistero pasquale. Il Mistero che è la sorgente della gioia cristiana”, ha detto.

“Non si può credere nella Pasqua ed essere tristi…sarebbe contraddittorio, non avrebbe alcun senso! Ecco la dimensione umana della santità! Sarei davvero molto contento se questa mia piccola fatica potesse contribuire almeno in qualche modo a far conoscere meglio questa dimensione profondamente umana della santità cristiana”, ha continuato il porporato.

Successivamente, il Cardinale ha affermato che come la “Chiesa nella sua storia millenaria non ha deposto mai e poi mai la croce del martirio”, portando sempre il Vangelo alle genti, così “i martiri ci portano un messaggio molto bello e necessario a noi cristiani di oggi”.

“Nel mondo di oggi constatiamo un affievolimento della fede, una specie di indecisione. Non crediamo con sufficiente fermezza nella Pasqua di Cristo. I martiri ci danno invece questo esempio. Con il loro sangue sigillano questa verità in cui oggi, in mezzo a tanti problemi, dobbiamo credere con fermezza”, ha aggiunto

Interrogato da ZENIT su come risponderebbe a coloro che tendono a far coincidere il concetto di santità quasi esclusivamente con quello di sofferenza, il Cardinale Saraiva Martins ha ribadito: “La santità consiste nel vivere in pienezza il Mistero pasquale. E il Mistero pasquale comprende la morte ma anche la resurrezione: il Venerdì santo ma anche la Domenica di Pasqua. Quindi non si esaurisce solo nella sofferenza”.

“La sofferenza non avrebbe alcun senso dunque senza la resurrezione – ha proseguito –. Cristo è morto per risorgere e noi dobbiamo vivere nei due aspetti il calvario e la gioia pasquale: non sono due realtà diverse è un unico Mistero pasquale”.

Nato il 6 gennaio 1932 a Gagos de Jarmelo, in Portogallo, José Saraiva Martins, sesto di otto figli, di cui la sorella ultimogenita, Suor Cassiana, è Missionaria in Angola, ebbe da subito chiara la propria vocazione al sacerdozio tanto da entrare a soli dodici anni d’età nel noviziato dei Padri Claretiani.

Alludendo a lui, in una occasione il Cardinale Bernardin Gantin, Decano emerito del Collegio Cardinalizio e per 14 anni alla guida della Congregazione per i Vescovi, aveva affermato ironicamente che “in Vaticano abbiamo un Santo Padre e un ‘padre dei santi’”.

Nel volume è riportato che sotto la “gestione Saraiva”, divenuto capo della Congregazione per le Cause dei Santi il 30 maggio 1998, si contano infatti – fino alla Pasqua del 2005 – ben 545 beati e 203 santi, corrispondenti in totale a più di un quarto dei 2.932 Serve e Servi di Dio (2.153 beati e 779 santi) elevati all’onore degli altari a partire dal 1588: l’anno cioè in cui Papa Sisto V costituì un Dicastero ad hoc nella Curia Romana per il trattamento delle cause di beatificazione e canonizzazione.

Nel corso della conferenza, il porporato portoghese, replicando a chi ha visto, come scritto nel libro, in tale azione una “strategia espansionistica della Chiesa cattolica”, o lo ha tacciato di essere “colpevole dell’inflazione di santi sotto il pontificato di Giovanni Paolo II”, ha spiegato che nella Chiesa c’è la santità e che la santità è connessa alla vita della Chiesa in modo profondo.

In una breve intervista rilasciata a ZENIT, Saverio Gaeta ha spiegato che, avendo avuto la possibilità di studiare alcune cause concernenti miracoli e le cosiddette Positio che permettono di comprendere perché un santo diventa tale, si era “reso conto che valeva la pena approfondire e conoscere il motivo e la procedura molto curiosa e sconosciuta ai più per cui alcuni vengono avviati sulla strada canonica della santità”.

Nel dare vita a questa opera Gaeta ha detto di essere sempre rimasto colpito “dalla grande quantità di persone comuni ritenute degne di essere pregate per intercedere presso Dio” e che vengono additate come dei “fari, dei modelli”. “Ecco scoprire tutto questo mi è sembrato il segno che il mondo può ancora sperare anche attraverso queste figure”.

Nel delineare i punti che scandiscono l’articolazione del libro, Saverio Gaeta ha detto a ZENIT che esso non riguarda solamente la procedura per l’elevazione alla gloria degli altari ma anche le caratteristiche che fanno di una persona un santo: “che cosa significa oggi aspirare alla santità e qual è la categoria della santità nel tempo moderno. Che cosa significa vivere secondo il progetto divino”.

Un processo di beatificazione e canonizzazione non serve “a presentare alla gente un modello astratto quanto delle persone concrete che possono essere di reale riferimento nella loro vita quotidiana”, ha aggiunto

Gaeta ha quindi affermato che il suo volume è condito di numerosi aneddoti e spunti curiosi, raccontando come “moltissimi di questi santi e beati abbiano a volto condotto nel corso della vita mestieri assolutamente insospettabili”. Nel libro il Cardinale Saraiva Martins cita infatti il caso di Peter Friedhofen, nato nel 1819 in Germania e morto a soli 41 anni, e beatificato il 23 giugno 1985, il quale aveva lavorato in vita come spazzacamino, “un mestiere che sino a quel momento non era mai stato onorato di un arazzo sulla facciata della Basilica di San Pietro”.

Ciò serve a mostrare, ha spiegato Gaeta a ZENIT, che la Chiesa “non intende mostrare alla gente un modello astratto quanto delle persone concrete che possono essere il reale riferimento per la loro vita quotidiana”, per “aver svolto nella propria vita, per alta o per umile che fosse, il compito affidatogli loro da Dio”.

Un altro aspetto messo in luce dall’autore è che “il soprannaturale ha una presenza nella vita degli uomini”: “Cioè il fatto di vedere che un santo non è una persona disincarnata, che sta nel mondo dell’aldilà ma è qualcuno ch
e ha a cuore gli interessi e i destini di ciascuno di noi”.

“Questo libro serve sia a mostrare che ognuno può diventare santo ma anche che ognuno può rivolgersi ad un beato o a un santo per chiedergli aiuto, un’intercessione, senza pudori: questo potrebbe essere un primo passo per essere uomini che credono nell’aldilà ma anche nell’aldiqua”.

Con certo realismo il libro giunge anche a parlare anche delle spese affrontate nei diversi processi. In un passaggio il Cardinale Saraiva Martins racconta, per esempio, che “i costi di un processo di canonizzazione non sono per nulla astronomici e ammontato a circa 14.000 euro: le spese vive per i diritti della Santa Sede consistono in meno di 6.000 euro e il totale degli onorari a medici, teologi e vescovi che studiano e giudicano le cause si aggira sugli 8.000 euro”.

Sfogliando il volume si apprezza però anche il lato più umano del porporato che rivela dettagli del proprio ufficio alla Curia Romana, ma anche del proprio impegno pastorale al di fuori degli ambienti vaticani, della profonda devozione verso la Vergine inculcatagli dalla madre, o delle frequenti preghiere rivolte a Sant’Antonio da Padova “che non delude quanti ricorrono alla sua potente intercessione”.

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ZENIT Staff

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