Antonio Rosmini, un maestro per i tempi moderni

ROMA, venerdì, 30 settembre 2005 (ZENIT.org).- Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), sacerdote virtuoso e di grande spessore culturale, nonché Fondatore dell’Istituto della Carità e delle Suore della Provvidenza, dedicò la sua intera vita a riconciliare l’insegnamento della Chiesa romano-cattolica con il pensiero filosofico e politico moderno.

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Grande e fedele amico del Pontefice Pio IX, Rosmini poneva fermamente alla base della legge e della politica la dignità della persona umana, da cui, a suo avviso, traevano origine come necessarie conseguenze la libertà e la proprietà privata.

Nel corso del tempo il suo pensiero è stato al centro di diverse interpretazioni. Nel 1849 due sue opere vennero messe all’indice mentre nel 1887 vennero condannate con il Decreto dottrinale “Post obitum” quaranta sue proposizioni, tratte da opere prevalentemente postume e da altre opere edite in vita.

Bisognerà arrivare al primo luglio del 2001, quando una nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dall’allora Cardinale Jospeh Ratzinger, giunse a chiarire l’equivoco. Successivamente, il 3 luglio del 2001 la Congregazione della Cause dei Santi ha rilasciato al postulatore il NIHIL OBSTARE per l’ulteriore proseguo della sua Causa di Beatificazione.

A 150 anni dalla morte, lo scorso 19 settembre l’Istituto Bruno Leoni ( www.brunoleoni.it) ha organizzato insieme con l’Istituto Adam Smith di Verona un incontro tenutosi in questa stessa città sulla figura ed i contributi filosofici e civili del Servo di Dio di Rovereto.

Nel corso del convegno Alberto Mingardi, Direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, che per la Lexington Books ha appena finito di tradurre in inglese un libro di Rosmini dal titolo “La costituzione secondo la giustizia sociale”, ha affermato che “a dispetto dell’indifferenza e dell’intolleranza di laici e laicisti, questo sacerdote cattolico è stato il più grande liberale italiano dell’Ottocento, e forse di sempre”.

Per saperne di più ZENIT lo ha intervistato.

Perché lei e l’Istituto Leoni nutrite un così grande interesse per il sacerdote di Rovereto?

Mingardi: La grandezza di Rosmini come filosofo è un fatto percepibile da chiunque si confronti, ma persino si limiti a “misurare” le sue opere. Per le opere complete, in cantiere grazie ai rosminiani di Stresa, si parla di un centinaio di volumi. Sui temi più diversi: metafisica, teologia, filosofia politica e del diritto, opuscoli “da battaglia”.

Quando si parla di Rosmini si ha a che fare con un peso massimo della storia della filosofia. Il pensiero politico è parte di un tutto più vasto: ma a me pare sia esemplarmente liberale, soprattutto per la comprensione profonda della centralità della proprietà privata per la protezione della libertà individuali, fatto costantemente sottolineato in tutti i suoi lavori. Secondo me, Rosmini è davvero “filosofo della proprietà”: la mette al centro della propria teorizzazione politica, e legge e misura attraverso essa ogni altro diritto.

Il suo liberalismo non nasce solo dalla consuetudine con Smith, Thierry, Say, o Tocqueville: ma dall’individuazione per la proprietà di una fortissima funzione morale. Per questo, per la chiarezza e la forza della sua proposta liberale, egli non può che rientrare nel pantheon di figure di riferimento dell’Istituto Bruno Leoni – che si richiama, sin dal nome, ad un altro grande protagonista dimenticato (ma in via di opportuna riscoperta) della più autentica tradizione liberale.

Quali sono secondo lei le virtù di Antonio Rosmini? E che cosa potrebbe dire al mondo di oggi?

Mingardi: Come dicevo, la vastità della produzione di Rosmini è tale che questa domanda si rivela un interrogativo difficilissimo. Credo che Rosmini possa dire moltissimo, per la sua lucidità di comprensione in ogni campo. Ma, limitandoci al suo pensiero politico, Rosmini può dare tantissimo sia ai cattolici che ai laici che abbiano la pazienza di leggerlo, superando la barriera del suo italiano di difficile penetrazione per il lettore moderno.

Ai cattolici, Rosmini può insegnare a superare quei pregiudizi che purtroppo condizionano molti interpreti della Dottrina Sociale della Chiesa. In particolare, il suo pensiero è illuminante sui temi incrociati della diseguaglianza e della proprietà: la sua “Teodicea” è il testo più rilevante e bello in questo frangente, ed è stato mirabilmente illuminato dall’intelligenza di Pietro Piovani nel suo “La teodicea sociale di Rosmini”.

Ai laici, Rosmini può insegnare una cosa che difficilmente essi digeriscono: come sia debole un’idea di libertà che pretende di essere svincolata da una comprensione profonda di che cos’è la persona umana. La persona per Rosmini è “diritto sussistente”, non è oggetto ma protagonista assoluto dell’ampia intelaiatura dei rapporti giuridici che contrassegna le società umane. La sua difesa della proprietà è difesa della persona, e la difesa della persona è il riflesso di una prospettiva religiosa.

In che senso Rosmini è stato indicato come un sacerdote liberale? E in che cosa il suo liberalismo si differenzia dal pensiero laicista?

Mingardi: Una cosa è Rosmini sacerdote, fondatore di ordini, uomo di assoluta e dolce santità, l’altra è il pensatore politico, sia chiaro. L’una cosa e l’altra s’incontrano nella stessa persona, sono il riflesso della stessa grande generosità delle opere e del pensiero, ma coesistono senza sovrapporsi. Rosmini è stato un grande sacerdote: le sue opere lo testimoniano. Ed è stato un grande liberale: le sue opere testimoniano anche questo.

Se come liberale non è stato capito, ed è stato talvolta usato solo strumentalmente dai cosiddetti “liberali” italiani come “cattolico buono” da giocare contro gli oscurantisti, è per due motivi. Da una parte, la sua non contrarietà alla prospettiva di un’unificazione italiana: questo però ovviamente non significa per nulla che avrebbe apprezzato il modo in cui, ben dopo la sua morte, l’unità venne costruita con l’annessione del resto della penisola al Piemonte. Dall’altra, il fatto che il liberalismo in Italia paga un peccato originale: da noi, lo Stato nasce “liberale”, costruito cioè da uomini come Cavour. Il fatto che lo Stato nasca “liberale” unisce ciò che dovrebbe naturalmente esser diviso: il liberalismo è una teoria della limitazione del potere pubblico, non una sua geografia. E Rosmini è esemplarmente liberale proprio da questo punto di vista: si attiene rigorosamente a ciò che verrà chiamato principio di sussidiarietà, difende la persona in primo luogo e le associazioni spontanee di persone subito dopo.

E’ antistatalista: non crede che lo Stato possa distribuire o creare diritto. E’ nemico dello Stato sociale, della redistribuzione, della tassazione progressiva e predatoria: egli dichiara “sacra” la proprietà. Demolisce il “perfettismo” utopico dell’ideologia. E’ dalla parte degli individui singoli e reali contro le astrazioni del governo e di chi ricama sulla “ragion di Stato”. Per questi motivi, è infinitamente più liberale di quell’ideologia “meticcia” che in Italia ama farsi chiamare liberale, ma in realtà è solo giacobina.

Quali sono i fondamenti del liberalismo cattolico?

Mingardi: Non credo esista un “liberalismo cattolico”, e non mi piace neppure l’espressione “cattolicesimo liberale”, che si attaglia bene solo a determinati frangenti storici. Credo però che si possa essere liberali, ovvero credere nella sovranità dell’individuo e rifiutare le logiche liberticide e assassine dello statalismo, e assieme cattolici. Non è un’associazione automatica: ci sono cattolici sinceri che sono tutto fuorché liberali, e liberali adamantini che non digeriscono il cattolicesimo.

La cosa importante da ricordare è che non esistono incompatibilità, anzi. I due casi esemplari di Frédéric Bastiat e Antonio Rosmini, che sono giganti del pensiero liberale, dimostrano che una fede sincera e vissuta compiutamente si può accompagnare ad una grande coerenza e forza nel sostenere le idee di libertà.

Anche Alcide De Gasperi si definiva un cattolico liberale, era forse un seguace di Rosmini?

Min
gardi: Mi preme sottolineare una cosa soltanto. Se il profilo di statista di De Gasperi non è in discussione (ma sulla bontà di certe decisioni di politica economica, sue e dei suoi allievi, il dibattito è apertissimo), con Rosmini siamo su tutt’altro piano. Lo si può paragonare a Hegel, a Kant, a Locke. Il metro è quello.

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ZENIT Staff

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