ROMA, giovedì, 29 settembre 2005 (ZENIT.org).- Hanno destato un certo scalpore i titoli e gli articoli di alcuni organi di stampa che nella giornata odierna (29 settembre 2005) hanno accusato la Chiesa cattolica di non voler pagare la tassa sugli immobili (ICI), mettendo in difficoltà i bilanci degli enti locali.
Per evitare il travisamento dei fatti e respingere una falsa informazione, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha diffuso questo giovedì un comunicato stampa in cui precisa che “In riferimento ad alcuni articoli, riguardanti la non applicazione dell’ICI ad immobili utilizzati per attività connesse a finalità religiose, apparsi nei giorni scorsi e ancora oggi sulla stampa, in cui la tematica è affrontata con gravi e fuorvianti inesattezze, si precisa che nulla viene ‘regalato alla Chiesa’, in quanto l’esenzione da tale imposta è già definita per legge fin dal 1992 e il recente decreto legge non fa che confermarla, esplicitando gli ambiti di applicazione”.
“Nulla pertanto viene ‘sottratto’ o ‘scippato’ agli enti locali, i quali mai hanno percepito tale imposta e non vedranno pertanto diminuire per questa causa le loro entrate”, continua il comunicato stampa.
L’Ufficio Nazionale della CEI per i problemi giuridici precisa poi in una nota diffusa il 29 settembre che “l’esenzione è prevista già nella legge che istituisce l’ICI. Essa prevede, infatti, l’esenzione dall’imposta nel caso di immobili utilizzati in maniera esclusiva da enti non commerciali (fra cui rientrano per definizione gli enti ecclesiastici) per le attività espressamente elencate”.
“In questi casi l’esenzione si applica anche quando l’attività è considerata commerciale ai fini fiscali”, aggiunge ancora.
“Di nuovo – continua la nota della CEI – c’è solo il fatto che negli ultimi mesi la Corte di Cassazione ha dato un’interpretazione restrittiva della norma, secondo la quale gli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, pur essendo enti non commerciali, godrebbero dell’esenzione per i soli immobili utilizzati per le attività di cui all’art. 16, lettera a) , della legge 20 maggio 1985, n. 222, cioè per le attività di religione o di culto (‘quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana’)”.
L’Ufficio predisposto ai problemi giuridici dell’episcopato italiano conclude affermando che “la norma all’esame del Parlamento si limita a ribadire che anche le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura svolte dagli enti ecclesiastici, cioè quelle elencate all’art. 16, lettera b) , della legge n. 222/1985, sono esenti dall’ICI. Si tratta, dunque, di un’interpretazione autentica, che non innova la legge del 1992 e che perciò non comporta gravami sulla finanza locale”.